L’ex attaccante ha ricevuto il 3R Legends Award ed ha presentato il libro autobiografico che racconta luci e ombre della sua vita: «Spero che la mia storia serva a non perdere mai la fiducia»
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Una mattinata densa di emozioni quella vissuta oggi all’Università della Calabria, dove Michele Padovano è stato il grande protagonista. L’ex attaccante di Juventus e Cosenza ha ricevuto il premio 3R Legends Award, riservato a chi si è distinto non solo per i risultati sportivi, ma anche per i valori umani espressi fuori dal campo. Dopo Andrea Barzagli (video), tocca dunque a Padovano ricevere il prestigioso riconoscimento, in una seconda giornata voluta dagli organizzatori per celebrare due icone del calcio in due contesti distinti. L’evento, che ha visto il network LaC come media partner, ha fatto registrare la partecipazione di studenti, tifosi e appassionati, in particolare del Club Juventus Cosenza Rende, che hanno accolto con entusiasmo l’ex bomber bianconero.
La cerimonia si è svolta nella sala stampa “Beniamino Andreatta” del Centro Congressi dell’Unical. A fare da cornice all’evento, la presentazione del suo libro autobiografico “Michele Padovano tra Champions e la libertà”, in cui l’ex attaccante racconta il suo viaggio tra trionfi sportivi e cadute personali. Ha moderato l'incontro Giuseppe Guido (Delegato del Rettore allo Sport) mentre il giornalista e scrittore Claudio Dionesalvi ha dialogato con l'autore, il quale ha raccontando episodi della sua carriera sportiva e della sua vita personale: dalla dolorosa esperienza del carcere, passando per l’amore per la famiglia e l’amicizia con Gianluca Vialli: «È stata sicuramente una vicenda che ne avrei fatto volentieri a meno – ha detto Padovano, parlando della sua detenzione – ma dal momento in cui è successo bisogna sempre cercare il lato positivo. Dopo 17 anni di infermo mi sono avvicinato ai veri valori della vita, cioè le persone che ti vogliono bene davvero, la famiglia. Il resto è tutta fuffa».
Un passaggio è stato dedicato anche al modo in cui spesso l'opinione pubblica e i media trattano certe storie: «Il messaggio che voglio dare è quello di non giudicare con troppa superficialità. Molto spesso le cose non sono come sembrano, anche dietro a un titolo di giornale. E dietro ci sono sempre delle famiglie che soffrono terribilmente».
Spazio anche ai ricordi della sua esperienza con la maglia del Cosenza, dove ha lasciato un segno indelebile: «Cosenza è stata una tappa importante del mio percorso umano e sportivo. Ho tanti bei ricordi, legami forti con i tifosi e con la città. Rivedo ancora quegli spogliatoi, le emozioni vissute sul campo». Inevitabile un riferimento alla difficile situazione attuale del club rossoblù, appena retrocesso in Serie C: «Sono vicino a tutto il popolo rossoblù. È una retrocessione che fa male, molto male. Però bisogna pensare positivo. Io sono convinto che, secondo la legge dei grandi numeri, il Cosenza prima o poi la Serie A la farà».
Padovano ha voluto anche mandare un messaggio alla società: «Bisogna sperare che ci siano delle proprietà solide, che abbiano voglia di programmare a lungo termine. Solo così si costruiscono risultati veri e duraturi. Io sono convinto che prima o poi il Cosenza tornerà dove merita, e magari lo festeggeremo insieme, perché io sarò qui da capopopolo a gioire con i tifosi rossoblù».
Non è mancato il ricordo di Denis Bergamini, simbolo ancora oggi di una ferita aperta nella storia del calcio rossoblù: «Lo porto nel cuore, come molti che hanno vissuto Cosenza in quegli anni. La sua memoria è ancora viva. Denis «non si è potuto togliere la vita – ha affermato Padovano –, era un ragazzo che conoscevo bene. La mattina della sua morte rideva e scherzava con i compagni, aveva tagliato i calzini a un altro giocatore e non ha mai dato segni di squilibrio. Una persona depressa qualcosa lo lascia intuire, lui no, mai. Almeno oggi la scienza ha restituito un po’ della sua dignità, e questo per me è fondamentale».
L’ex calciatore ha raccontato anche l’impatto che Bergamini ha avuto nella sua vita personale e professionale: «Mio figlio si chiama Denis, come lui. Ogni volta che lo guardo, mi sembra di parlare anche con Bergamini. Per me era come un fratello maggiore. Mi ha aiutato in uno dei momenti più difficili della mia carriera, quando saltò il mio trasferimento dal Cosenza alla Fiorentina. Io ero a pezzi, e lui con la sua forza silenziosa mi scosse e mi disse: ‘Hai rotto le palle, tu in Serie A ci vai lo stesso, ora dacci una mano’. E così è stato».