Il diritto ad esistere e vivere con dignità è assolutamente negato. Tristemente la politica e coloro che hanno responsabilità nella gestione dei servizi mancano di visione
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Adriana De Luca, presidente dell'associazione Gli Altri siamo noi odv
Come nella parodia delle tre scimmiette, quello che sta avvenendo in questo ambito è a dir poco surreale e di una gravità inaudita. In breve cercherò di portare all’attenzione alcuni temi cogenti nella speranza che qualcuno tra i responsabili di questo stato di cose possa tenerne conto e assumere comportamenti conseguenti.
Nella nostra realtà i servizi di diagnosi per le patologie complesse dell’età evolutiva non sono presenti; le famiglie sono costrette a recarsi in centri di secondo e terzo livello in altre regioni dove equipe multiprofessionali, strumenti diagnostici e capacità di osservazione prolungata possono essere messe in campo. Una volta fatta la diagnosi dovrebbe cominciare la parte più importante: la presa in carico da parte dei servizi territoriali che dovrebbero sostenere le famiglie con servizi di consulenza, parent training, supporto psicologico; promuovere i processi di abilitazione, in collaborazione con la famiglia e con la scuola, e avviare interventi specialistici in base a progetti riabilitativi personalizzati. Ma i nostri servizi non sono in grado di dare risposte che abbiamo una reale efficacia per la qualità della vita delle persone con disabilità del neurosviluppo. Gli interventi arrivano in ritardo a causa delle liste di attesa e i progetti riabilitativi si trasformano in prescrizioni omologate per intensità e tipologia e mai calibrati sulle reali necessità. Molte prestazioni sono elargite da enti privati convenzionati ma manca il coordinamento degli interventi educativi, abilitativi, riabilitativi, didattici. Manca sempre una regia che consenta di realizzare un approccio di sistema attorno alla persona con disabilità del neurosviluppo, l’unico in grado di dare reali risultati e promuoverequalità della vita guardando al loro futuro, e con lungimiranza, ainotevoli costi economici e sociali di un intervento inefficace.
Le famiglie, sole e disorientate, nel tentativo di favorire lo sviluppo dei loro figli, cercano soluzioni attraverso il passa parola e indicazioni di filiere di professionisti che si sostengono l’un l’altro, caricandosi di interventi costosi, elargiti da singoli professionisti, che per forza di cose, agiscono in modo parziale.
Quando finalmente si riesce ad ottenere l’intervento sanitario, spesso viene sospeso per poi essere interrotto definitivamente molto prima dei 12 anni, per cui le indicazioni delle linee guida scientifiche che prevedono interventi rivolti a tutto l’arco di vita, anche se diversificati e adeguati alle esigenze e all’età della persona, vanno “a farsi friggere”.
Le famiglie e la scuola rimangono gli unici sistemi che purtroppo, in modo inefficace, provano ad affrontare i problemi, sia per scarsa conoscenza sia per mancanza di supporto da parte di altri servizi. Quando le persone con disabilità del neurosviluppo finiscono il percorso scolastico diventano pressoché inesistenti per il sistema dei servizi. Il diritto ad esistere e vivere con dignità è assolutamente negato.
La visione rimane quella assistenziale, i pochi fondi a disposizione vengono dirottati verso l’assistenza domiciliare con la giustificazione di supportare la permanenza nel proprio luogo di vita, realizzando di fatto l’esclusione e delegando una responsabilità collettiva al nucleo familiare con conseguenze su tutti i componenti di quest’ultimo.
Tristemente la politica e coloro che hanno responsabilità nella gestione dei servizi, mancano di visione e agiscono rispondendo a logiche molto lontane dal ruolo che rivestono. Ai pochi centri diurni esistenti sono stati tagliati i fondi con conseguenze gravi sulla vita di queste persone e delle loro famiglie. Le organizzazioni di volontariato, come la nostra, che da anni cercano, con notevoli sforzi, di dare risposte qualificate e speranza in un futuro migliore al maggior numero possibile di persone con disabilità del neurosviluppo, sono state ridotte in serie difficoltà nell’indifferenza generale.
I fondi della legge 112/2016 che dovevano servire per preparare le persone con disabilità e non solo, a realizzare una vita adulta in soluzioni abitative di tipo familiare, non sono stati spesi se non in parte, boicottando di fatto una legge avanzata. Il risultato è che anche i servizi residenziali sono pressoché inesistenti e quando le famiglie non sono più in condizioni di provvedere alla persona con disabilità del neurosviluppo ormai adulta il destino è il ricovero in strutture fuori regione con i relativi costi. Ma anche questo a chi interessa?
Lo Stato invia alle Regioni e quindi ai Comuni diversi fondi (Piano nazionale di ripresa e resilienza, Fondo perla Non Autosufficienza, Fondo per il Dopo di noi ex legge 112/16, per il diritto allo studio, ecc.) ma siccome non siamo in grado di co-progettare sulla base di dati concreti che non vengono raccolti né usati, i trasferimenti si riducono. E quelli che riceviamo e non spendiamo tornano allo Stato che li distribuisce alle regioni del Nord che sanno spendere. E così la nostra condizione peggiora vorticosamente (gestiamo, in alcuni casi, ancora fondi del 2015/16/17/18 pur essendo nel 2025).
Un’ultima ma non meno importante osservazione. Negli ultimi anni tra le patologie del neurosviluppo è emerso l’aumento delle diagnosi di Disturbo dello Spettro Autistico con l’avanzare di interventi di tipo comportamentale che sembrano avere efficacia. Vale la pena ricordare che le persone autistiche, sulla base di una interpretazione erronea della patologia, non venivano sottoposti ad alcun intervento educativo e/o riabilitativo. In sostanza non erano affatto trattati. L’uso delle tecniche comportamentali, che sono state sempre utilizzate in altre patologie e hanno costituito i primordi della scienza riabilitativa, sono state ora applicate con risultati positivi anche in questa condizione di salute.
Purtroppo le Aziende sanitarie si ostinano a non garantire questo tipo di prestazioni, nonostante siano previste dai LEA (per questo segnalo una mia proposta pubblicata dalla rivista della Comunità Progetto Sud Alogon N. 123-124 - Anno 2023 mai presa in considerazione).
Spesso le famiglie, costrette a pagare a caro prezzo gli interventi, ricorrono avverso le Asp che vengono condannate al rimborso a piè di lista, motivo per cui, come è evidente, non c’è alcun risparmio di denaro pubblico, che potrebbe, invece, essere utilmente investito creando equipe formate in grado di offrire i servizi necessari. La mancanza di interventi da parte dell’Ente pubblico ha prodotto il fiorire di una quantità notevole di soggetti che talvolta con le migliori intenzioni, altre a scopo di lucro,erogano queste prestazioni utilizzando educatori socio-pedagogici, figure non sanitarie, che diventano terapeuti con corsi di 40/60 ore, tenuti e riconosciuti solo da organizzazioni private, talvolta serie, talvolta molto meno. Queste persone guidate da analisti del comportamento e supervisori (solitamente psicologi appositamente qualificati) eseguono programmi educativi.
Tuttavia non è semplice valutare, per una persona che non ha una formazione solida nel campo della disabilità, le risposte individuali estremamente diverse da individuo a individuo e da contesto a contesto. Vale la pena ricordare che i percorsi di laurea degli educatori socio pedagogici, per l’Unical, sono prevalentemente orientati al lavoro nelle scuole d’infanzia e negli asili nido (discorso a se andrebbe fatto sul proliferare delle lauree conseguite presso università telematiche), mentre un operatore sanitario di riabilitazione deve avere una formazione nell’ambito della Facoltà di Medicina di 3 anni orientata alle diverse condizioni di salute, alle metodologie e tecniche di intervento, tra le quali anche quelle comportamentali.
Le famiglie allo stremo per i costi da sostenere, per un percorso che non dura qualche mese ma anni, hanno bisogno di trovare fondi per sostenere le spese delle “terapie” e lo fanno ricorrendo alle più disparate fonti di finanziamento: quelle sanitarie, quelle della legge 112/2016, quelle destinate ai centri diurni, chiedendo progetti individuali di vita, che non sono tali in quanto finalizzatiesclusivamente a coprire i costi di questi interventi. È evidente che chi ha un problema da affrontare ricerca soluzioni e percorre tutte le strade che gli sembrano praticabili.
Ciò che sconcerta è l’atteggiamento del Sistema Sanitario e del Sistema dei Servizi Sociali. Queste prestazioni sono sanitarie o sono sociali? Sono interventi terapeutici o sono interventi socio-assistenziali?
Se sono sanitarie devono essere erogate da figure di riabilitazione e i fondi sono quelli del sistema sanitario, se sono sociali e quindi non sono terapie, debbono essere erogate da educatori socio-pedagogici, e i fondi sono di tipo sociale. Se sono prestazioni integrate, vanno gestite secondo la norma, con la compartecipazione in percentuale dei fondi in base all’impegno dei due ambiti. L’integrazione socio-sanitaria doveva essere stata avviata da un bel po' di anni visto che la legge 328 è del 2000 e l'Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie è del 6 giugno 2001. Ma nella nostra regione non ce n’è l’ombra a distanza di 25 anni.
Ricordo a tutti che le persone nello spettro autistico sono 1/3 di tutte le persone che hanno patologie del neurosviluppo che comprendono una quantità di persone con bisogni complessi che hanno necessità di essere accompagnati nel loro percorso anche nella vita adulta. Rispondere alle legittime pressioni di gruppi di utenti crea una situazione di disparità di trattamento tra persone che vivono una condizione simile. È possibile che nella confusione e nella ignoranza dilagante si prosegua con un processo di dissanguamento delle famiglie con il conseguente tentativo di accaparrarsi i pochi fondi pubblici per coprire costi che diventano insostenibili per i singoli ma anche per la collettività?
È necessario che in tempi difficili come quelli che viviamo si trovino soluzioni strategiche per utilizzare al meglio le poche risorse disponibili per dare risposte concrete ed efficaci a tutti coloro che vivono questa condizione, che sono bambini, ragazzi, giovani ed adulti con diritti umani da rispettare e realizzare attualmente calpestati impunemente.
La nostra organizzazione, sempre aperta al dialogo e al confronto,offre la sua competenza ed esperienza per il bene comune. Ci auguriamo che chi di dovere rifletta, cambi rotta e con coscienza faccia ciò che sarebbe giusto e politicamente qualificante.
A meno che essere ultimi, furbi e incapaci di guardare lontano sia la nostra vocazione. Voglio augurarmi qualcosa di diverso.
*presidente di Gli Altri siamo noi odv