«I frequenti episodi di crolli strutturali, dissesti idrogeologici e danni ambientali che attraversano il nostro Paese restituiscono l’immagine di un’Italia fragile, esposta a rischi diffusi e spesso sottovalutati. Frane, alluvioni, cedimenti di edifici o infrastrutture non sono più eventi eccezionali, ma segnali di un sistema che necessita di una nuova cultura della prevenzione». Si legge in una nota a firma di Francesco Foti (presidente Ordine degli ingegneri della provincia di Reggio Calabria), Santina Dattola (presidente Ordine degli architetti, paesaggisti, pianificatori e conservatori della provincia di Reggio Calabria), Antonino Sgrò (presidente Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali della provincia di Reggio Calabria), Giulio Iovine (presidente Ordine dei geologi della Calabria).

«In un contesto simile – prosegue la nota –, continuare a pensare la sicurezza come un mero adempimento normativo non è più accettabile. È tempo di riconoscerla per ciò che realmente è: una priorità strategica, che riguarda la tutela della vita, la protezione del territorio e la possibilità stessa di uno sviluppo duraturo».

«Le criticità – si legge – non riguardano solo alcune aree isolate, ma interessano l’intero territorio nazionale. La Città Metropolitana di Reggio Calabria ne è un esempio emblematico: un territorio geologicamente fragile, ad alta sismicità, con un’edilizia diffusa spesso vetusta, una rete infrastrutturale discontinua, e un sistema urbano-paesaggistico che alterna densità costiere a piccoli centri interni esposti al rischio di isolamento».

«In questo contesto, è fondamentale superare l’idea che le fragilità possano giustificare lo stallo o il rallentamento delle trasformazioni. Al contrario, è proprio nei territori più vulnerabili che si misura la capacità di innovare, pianificare e progettare con intelligenza e lungimiranza. La messa in sicurezza strutturale e idrogeologica del territorio non è un ostacolo allo sviluppo: è la condizione necessaria per renderlo possibile. Investire in infrastrutture sicure, moderne e ben progettate, in edifici adeguati, in reti idriche e viarie funzionali significa costruire fiducia, generare lavoro qualificato, migliorare la qualità della vita e attrarre risorse e opportunità».

«Ma perché tutto questo accada, serve un cambio di passo – si aggiunge –. Non bastano le risorse economiche: è indispensabile valorizzare la competenza tecnica, dare centralità al progetto, semplificare le procedure senza abbassare i controlli, promuovere una cultura della manutenzione come pratica ordinaria. Il rilancio non può riguardare solo i grandi centri urbani. Serve una riqualificazione strutturale, urbanistica e ambientale che coinvolga anche i piccoli comuni, spesso dimenticati dai grandi piani d’intervento ma fondamentali per l’identità, l’equilibrio e la coesione del territorio metropolitano. Borghi montani e collinari, affacciati su un paesaggio di straordinaria bellezza e fragilità, rischiano lo spopolamento e il degrado. Intervenire qui significa non solo mettere in sicurezza, ma anche valorizzare il paesaggio, le risorse ambientali e le pratiche agricole e forestali tradizionali, centrali per uno sviluppo territoriale sostenibile».

«Per affrontare questa sfida servono competenze diverse che dialoghino tra loro. Ingegneri, architetti, geologi, dottori agronomi e dottori forestali sono chiamati a unire le forze in una collaborazione tecnica e culturale fondata sulla condivisione di conoscenze e sulla visione di un territorio da rigenerare, proteggere e rendere vivibile. Il progetto tecnico, che sia strutturale, paesaggistico o agronomico, non può più essere ridotto a una formalità. Deve tornare a essere un atto di responsabilità, fondato su etica, rigore e attenzione agli effetti sul lungo periodo».

«La transizione verso un territorio più sicuro e moderno – è scritto – passa anche da un forte investimento nella formazione e nella ricerca. In questo senso, la collaborazione con l’Università Mediterranea di Reggio Calabria assume un ruolo strategico. Le sinergie tra il mondo accademico e le professioni tecniche sono fondamentali per costruire modelli integrati di pianificazione, progettazione e gestione del rischio, capaci di coniugare innovazione, sostenibilità e conoscenza del territorio. Formare nuove generazioni di tecnici consapevoli, aggiornare le competenze, diffondere una cultura della prevenzione e della manutenzione: sono obiettivi che devono accompagnare ogni intervento strutturale e infrastrutturale».

«La Città Metropolitana di Reggio Calabria ha tutte le carte in regola per diventare un laboratorio di rigenerazione urbana e ambientale. Le sue fragilità non devono rappresentare un freno, ma uno stimolo ad agire con più competenza e visione. Serve un nuovo patto tra istituzioni, professionisti e comunità locali, fondato sulla responsabilità condivisa e su scelte lungimiranti – conclude la nota –. Sicurezza e sviluppo non sono opposti: possono e devono procedere insieme. Questo è il momento della consapevolezza. E del coraggio di costruire».