VIDEO | Il dossier 2022 realizzato dall'associazione ambientalista mette in evidenza il notevole incremento di eventi estremi che hanno pesanti conseguenze sull’incolumità delle persone e sul depauperamento socio-economico del territorio. Ecco i numeri
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La crisi climatica accelera sempre di più la sua corsa insieme agli eventi estremi, che stanno avendo impatti sempre maggiori sui Paesi di tutto il mondo, a partire dall’Italia. Nei primi dieci mesi del 2022, seppur con dati parziali, sono stati registrati nella Penisola 254 fenomeni meteorologici estremi, +27% di quelli dello scorso anno (intero anno). Preoccupa anche il bilancio degli ultimi 13 anni: dal 2010 al 31 ottobre 2022 si sono verificati in Italia 1.503 eventi estremi con 780 comuni colpiti e 279 vittime.
È quanto emerge in sintesi dalla fotografia scattata dal nuovo report “Il clima è già cambiato” dell’Osservatorio Città Clima 2022 realizzato da Legambiente, con il contributo del Gruppo Unipol, e sintetizzato nella mappa del rischio climatico, presentato oggi, nel giorno finale della COP27 in corso in Egitto.
Focus sulla Calabria
Nel Rapporto Città Clima 2022 la Calabria è tra le regioni più colpite da eventi climatici estremi. Solo nell’ultimo biennio, dal 2020 ad oggi, siamo passati da 65 ad 82 fenomeni di cui, nel complesso, 33 per allagamenti da piogge intense; 17 casi di danni da trombe d'aria; 14 casi di danni alle infrastrutture; 8 frane da piogge intense; 3 esondazioni fluviali; 3 mareggiate; 2 casi di danni al patrimonio storico da piogge intense; 2 casi di danni da siccità prolungata.
La Calabria è anche una delle regioni maggiormente in sofferenza relativamente all’erosione costiera che incide pesantemente sugli ecosistemi regionali. Dal 1970 ad oggi, in Italia, i tratti di litorale soggetti ad erosione sono triplicati e riguardano il 46% delle coste sabbiose, con picchi del 60% nella nostra regione, ed una perdita media di 23 metri di profondità di spiaggia. Tra le 40 aree urbane costiere che rischiano di subire rilevanti danni e di scomparire con l’innalzamento del livello dei mari, nel Report troviamo Gioia Tauro e Santa Eufemia.
La Calabria è stata interessata anche da lunghi periodi di siccità, provocando gravi danni a settori chiave come quello agricolo. Anomalie delle temperature e del numero delle notti tropicali si sono verificate soprattutto nelle città di Catanzaro e Reggio Calabria. Dal 1999 al 2022 sono stati 1109 gli interventi richiesti in Calabria, 863 i milioni di euro di finanziamento per diverse opere, eppure continuiamo ad assistere ad alluvioni e distruzione di interi territori consapevoli che si possa fare molto di più per mitigare il rischio e le conseguenze su popolazioni, attività produttive e infrastrutture.
«I dati dell'ultimo rapporto Città-clima 2022 sono chiari quanto molto preoccupanti - rileva Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria -. L’aumento esponenziale, nella nostra Regione, di fenomeni meteorologici estremi rende evidente l’urgenza di mettere in campo interventi diretti a mitigare gli effetti della crisi climatica. L’impatto dell’aumento delle temperature avrà effetti enormi: basti pensare alla risorsa idrica ed al conseguente impatto sull’agricoltura e sulle nostre vite. In Calabria servono le giuste infrastrutture per mettere in sicurezza cittadini, territori ed economia locale. Senza una reale consapevolezza da parte delle Istituzioni, tradotta in azioni concrete nell’interesse della collettività, siamo destinati a subire le inevitabili catastrofi ambientali che si verificheranno».
Gli appelli di Legambiente al Governo Meloni
L’associazione ambientalista lancia un doppio appello: «Se da una parte al livello internazionale è fondamentale che si arrivi ad un accordo ambizioso e giusto in grado di mantenere vivo l’obiettivo di 1.5°C ed aiutare i Paesi più poveri e vulnerabili a fronteggiare l’emergenza climatica, dall’altra parte è fondamentale che l’Italia faccia la sua parte. Al Governo Meloni e al ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin l’associazione chiede, in primis, che venga aggiornato e approvato entro la fine dell’anno il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), rimasto in bozza dal 2018, quando era presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e ministro Gian Luca Galletti».
«Nella lotta alla crisi climatica – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente– da troppi anni l’Italia sta dimostrando di essere in ritardo. Continua a rincorrere le emergenze senza una strategia chiara di prevenzione, che permetterebbe di risparmiare il 75% delle risorse economiche spese per i danni provocati da eventi estremi, alluvioni, piogge e frane, e non approva il Piano nazionale di adattamento al clima, dal 2018 fermo in un cassetto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. È fondamentale approvare entro fine anno il Piano, ma anche definire un programma strutturale di finanziamento per le aree urbane più a rischio, rafforzare il ruolo delle autorità di distretto e dei comuni contro il rischio idrogeologico e la siccità, approvare la legge sul consumo di suolo, e cambiare le regole edilizie per salvare le persone dagli impatti climatici e promuovere campagne di informazione di convivenza con il rischio per evitare comportamenti che mettono a repentaglio la vita delle persone».