Il report

Inquinamento, il buco nero della Calabria: inesistenti i dati ufficiali. Legambiente: «Il monitoraggio non funziona»

Presentato il rapporto "Mal'Aria di città 2024" dove sono totalmente assenti le informazioni sullo smog nella nostra regione. Di qui l'allarme: «Bisogna ripristinare il funzionamento di tutti gli strumenti di analisi sulla salubrità del territorio per evitare infrazioni comunitarie e mettere in campo politiche concrete»

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di Redazione
8 febbraio 2024
10:50

La lotta allo smog nelle città italiane è ancora in salita secondo il nuovo report di Legambiente "Mal'Aria di città 2024", redatto nell’ambito della Clean Cities Campaign. Infatti, nonostante una riduzione dei livelli di inquinanti atmosferici nel 2023, le città faticano ad accelerare il passo verso un miglioramento sostanziale della qualità dell’aria. I loro livelli attuali sono stabili ormai da diversi anni, in linea con la normativa attuale, ma restano distanti dai limiti normativi che verranno approvati a breve dall'Ue, previsti per il 2030 e soprattutto dai valori suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, evidenziando la necessità di un impegno deciso, non più rimandabile, per tutelare la salute delle persone.

Il report di Legambiente ha analizzato i dati del 2023 nei capoluoghi di provincia, sia per quanto riguarda i livelli delle polveri sottili (Pm10, Pm2.5) che del biossido di azoto (No2). In sintesi, 18 città sulle 98 monitorate, hanno superato gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di Pm10 (35 giorni all'anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo). Erano state 29 le città fuorilegge nel 2022 e 31 nel 2021.In testa alla classifica delle città c’è Frosinone (con la centralina di Frosinone Scalo) con 70 giorni di sforamento, il doppio rispetto ai valori ammessi, seguita da Torino (Grassi) con 66, Treviso (strada S. Agnese) 63 e Mantova (via Ariosto), Padova (Arcella) e Venezia (via Beccaria) con 62.


Il buco nero della Calabria

Per quanto riguarda la Calabria, se il precedente rapporto Mal’aria, pur basato su dati parziali per indisponibilità degli ulteriori dati ufficiali non presenti sul sito di Arpacal, confermava che la qualità dell’aria nei capoluoghi di provincia calabresi, per l’anno 2022 non presentava criticità importanti il report Mal’aria 2024 rileva una totale assenza dei dati per l’intera regione. Esiste, quindi, allo stato attuale un “ buco” di un anno e mezzo dal giugno 2022 al dicembre 2023 nel monitoraggio sulla qualità dell’aria sul territorio regionale che costituisce un vulnus grave per la tutela della salute dei cittadini calabresi.

«La mancanza di dati ufficiali costituisce una circostanza molto preoccupante - afferma Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria-. Lo scorso anno la nostra associazione aveva già lanciato l’allarme chiedendo che fosse garantita la fruibilità dei dati e rese trasparenti le notizie sull’effettivo funzionamento delle centraline di monitoraggio per come previsto dalla normativa vigente. Il d.lgs. n. 155/2010, in attuazione della Direttiva 2008/50/Ce relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, individua nelle regioni le autorità competenti per effettuare la valutazione della qualità dell’aria e per la redazione dei piani di risanamento che devono specificare le misure per raggiungere gli standard normativi. È evidente che la prevista rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria, per qualche motivo, non funziona. La nostra richiesta è quella di ripristinare celermente il funzionamento di tutti gli strumenti di analisi sulla salubrità dell’ambiente per evitare eventuali infrazioni comunitarie ma soprattutto per poter mettere in campo politiche concrete per rendere le città calabresi più vivibili e sicure, riducendo l’inquinamento atmosferico e migliorando la qualità della vita delle persone».

I dati nazionali

I dati evidenziano un miglioramento rispetto all’anno precedente, principalmente attribuibile alle condizioni meteorologiche “favorevoli” che hanno caratterizzato il 2023, anziché a un effettivo successo delle azioni politiche intraprese per affrontare l’emergenza smog. Tuttavia, le città italiane, da Nord a Sud, presentano ancora considerevoli ritardi rispetto ai valori più stringenti proposti dalla revisione della Direttiva europea sulla qualità dell'aria che entrerà in vigore dal 2030 (20 µg/mc per il Pm10, 10 µg/mc per il Pm2.5 e 20 µg/mc per l’No2). 

Se il 2030 fosse già qui, il 69% delle città risulterebbe fuorilegge per il Pm10, con le situazioni più critiche a Padova, Verona e Vicenza con 32 µg/mc, seguite da Cremona e Venezia (31 µg/mc), e infine da Brescia, Cagliari, Mantova, Rovigo, Torino e Treviso (30 µg/mc). Situazione analoga anche per il PM2.5: saranno oltre i futuri limiti l’84% delle città,con i valori più alti registrati a Padova (24 µg/mc), Vicenza (23 µg/mc), Treviso e Cremona (21 µg/mc), Bergamo e Verona (20 µg/mc). L'No2 è l'unico inquinante in calo negli ultimi 5 anni, ma il 50% delle città resterebbe comunque fuori legge. Napoli (38 µg/mc), Milano (35 µg/mc), Torino (34 µg/mc), Catania e Palermo (33 µg/mc), Bergamo e Roma (32 µg/mc), sono le città con i livelli più alti.

«Ancora una volta l’obiettivo di avere un’aria pulita nei centri urbani italiani rimane un miraggio, come dimostra la fotografia scattata dal nostro rapporto Mal’Aria di città - dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente -. Le fonti sono note così come sono disponibili e conosciute le azioni e le misure di riduzione delle emissioni, ma continuiamo a registrare ancora forti e ingiustificati ritardi nel promuovere soluzioni trasversali. Serve quindi un cambiamento radicale, attuando misure strutturali ed integrate, capaci di impattare efficacemente sulle diverse fonti di smog, dal riscaldamento degli edifici, dall'industria all'agricoltura e la zootecnia fino  alla mobilità, dove le misure di riduzione del traffico e dell’inquinamento possono ben conciliarsi con una maggiore sicurezza per pedoni e ciclisti, come dimostra l’importante intervento della città a 30km/h di Bologna voluto dal sindaco Matteo Lepore e dall’amministrazione comunale. Un intervento già realizzato in diverse città europee che chiediamo sia sempre più diffuso anche in quelle italiane».

«I dati del 2023 ci dicono che il processo di riduzione delle concentrazioni è inesistente o comunque troppo lento - spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente -. Ad oggi, infatti, ben 35 città dovranno intensificare gli sforzi per ridurre le loro concentrazioni di Pm10 entro il 2030, con una percentuale di riduzione compresa tra il 20% e il 37%, mentre per il Pm2.5 il numero di città coinvolte sale a 51, con una riduzione necessaria tra il 20% e il 57%. Non migliore la situazione per quanto riguarda l’No2, dove 24 città dovranno ridurre le emissioni tra il 20% e il 48%. Alla luce degli standard dell'Oms, che suggeriscono valori limite molto più stringenti dei valori di legge attuali e che rappresentano il vero obiettivo per salvaguardare la salute delle persone, la situazione diventa ancora più critica. Bisogna determinare una svolta a livello nazionale e territoriale per ridurre l'impatto sanitario sulla popolazione italiana, il costo ad esso associato, e il danno agli ambienti naturali». 

Le sorti della salute dei cittadini europei saranno determinate nel trilogo, l'ultima fase del processo di revisione della Direttiva europea sulla qualità dell'aria, prevista entro febbraio 2023. Considerando che in Italia ci sono 47.000 decessi prematuri all'annoa causa del Pm2.5,è cruciale - avverte Legambiente - che il Governo italiano non ostacoli ulteriormente questo percorso, evitando deroghe e clausole che possano giustificare ritardi nel raggiungimento degli obiettivi.

Le proposte di Legambiente

Per uscire dalla morsa dell’inquinamento – secondo il Cigno Verde - bisogna tenere conto delle diverse realtà territoriali e agire sulle diverse fonti di emissioni di inquinanti atmosferici in maniera sinergica. Solo così si potrà nel medio periodo tornare a respirare aria pulita nelle nostre città. Ecco, le direzioni da seguire:

  • Muoversi in libertà e sicurezza per le città. Servono investimenti massicci nel Tpl, incentivi all’uso del trasporto pubblico, mobilità elettrica condivisa anche nelle periferie, implementare Ztl, Lez (Low emission zone) e Zez (Zero emission Zone), elettrificazione anche dei veicoli merci digitalizzare i servizi pubblici, promuovere l’home working, ampliare reti ciclo-pedonali e ridisegnare lo spazio urbano, a misura di persona  con limiti di velocità a "città 30", rendendo al contempo la mobilità non solo più pulita, ma più sicura e realmente inclusiva. 
  • Riscaldarsi bene e meglio. Bisogna vietare progressivamente le caldaie e generatori di calore a biomassa nei territori più inquinati; negli altri invece supportare l’installazione di tecnologie a emissioni “quasi zero”, con sistemi di filtrazione integrati o esterni, o soluzioni ibride.  
  • Occuparsi anche delle campagne. Inaree rurali con agricoltura e allevamento intensivo, le emissioni agricole possono superare quelle industriali o urbane. Occorre dunque vigliare sul rispetto dei regolamenti per lo spandimento e rapido interramento dei liquami, e promuovere investimenti agricoli verso pratiche che riducano le emissioni ammoniacali, come la copertura delle vasche di liquami e la creazione di sistemi di trattamento, soprattutto per la produzione di biometano.
  • Monitorare per la tutela della salute. È inoltre necessario cambiare anche la strategia di monitoraggio sinora impiegata, aumentando il numero di centraline di monitoraggio in modo da garantire una copertura di tutte le principali aree urbane del Paese. Con la prossima adozione di nuovi limiti più allineati con quelli dell’Oms, infatti, molte delle aree che ora sono in regola non lo saranno più e la verifica costante e puntuale della situazione sarà ancora una volta quanto mai necessaria. Oggi sono disponibili sensori a basso costo che si possono affiancare alle centraline tradizionali, rendendo il monitoraggio distribuito, capillare e scientificamente fondato secondo il paradigma delle smart cities.

La campagna "Città2030"

Quest’anno, Legambiente lancia la campagna itinerante “Città2030: le città e la sfida del cambiamento” che si svolgerà dall’8 febbraio al 6 marzo. L’iniziativa, realizzata nell’ambito della Clean Cities Campaign, una coalizione europea di ong e organizzazioni della società civile, di cui anche il cigno verde fa parte, farà tappa in 18 città italiane per promuovere una mobilità sostenibile e a zero emissioni e per chiedere città più vivibili e sicure.  L’iniziativa giungerà a Reggio Calabria il 14 febbraio. Durante le tappe, saranno organizzati incontri con rappresentanti delle amministrazioni locali, esperti e cittadini per discutere delle sfide legate alla mobilità sostenibile nei vari contesti urbani, sia iniziative di piazza come flash mob, presidi, attività di bike to school. Zero Emission, sharing mobility, Tpl elettrico e Città30 saranno alcuni dei principali temi affrontati. 

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