Ecomostri Calabria

L’ex Liquichimica di Saline Joniche, uno sfregio alla costa reggina: da sogno industriale a scempio ambientale

VIDEO E FOTO | Costruita con centinaia di milioni di vecchie lire nei primi anni Settanta, l'industria di fatto non entrò mai a regime.  L'area abbandonata da mezzo secolo è stata anche al centro di un progetto, poi non realizzato, di costruzione di centrale a carbone nel 2008 (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Anna Foti
9 giugno 2022
09:19

Cisterne arrugginite, macchinari e impianti chimici dismessi e segnati dal tempo e dalle intemperie, edifici ormai ridotti a scheletri tra la vegetazione selvaggia e una ciminiera che si ostina a stagliarsi nel cielo con un'imponenza che in mezzo secolo di abbandono e inerzia pare non risentire del declino inesorabile che rappresenta.

Invece quel fumaiolo alto oltre 170 metri, che dominando la costa si vede dal mare come dalla Statale Ionica 106, che indifferente si erge, porta il peso del carico di disillusione che grava su quell'area di Saline Joniche, nel comune di Montebello, sfregiando un tratto di costa ionica di Reggio Calabria e incarnando quanto di più spettrale sia rimasto di quelle promesse fatte al territorio sulla scia di quel tumultuoso anno, in parte ancora non esplorato a fondo, che fu il 1970: dal denegato sviluppo industriale dell'area, al fallimento assoluto del progetto di rilancio al tradimento per antonomasia degli impegni del Governo in questa area del Paese.


L'industria mai decollata e il polo mai costruito

La cattedrale del deserto, com'è stata nel tempo denominata avrebbe dovuto essere l'industria Liquichimica Biosintesi, praticamente mai entrata in funzione, visto che solo qualche mese dopo la sua attivazione nella prima metà degli anni Settanta, i mangimi consistenti nelle bioproteine ottenute da colture di microrganismi su derivati del petrolio, furono dichiarati cancerogeni. Essa fu costruita senza mai di fatto decollare, mentre l'altra opera contemplata nel cosiddetto pacchetto Colombo, ossia il Quinto polo Siderurgico d'Italia, da incardinare all'altro capo dell'allora provincia e oggi Città Metropolitana di Reggio Calabria, a Gioia Tauro, vista la crisi di settore, poi non fu mai costruito. Ecco come fallirono quei progetti pensati per creare sviluppo e occupazione nella città scippata, proprio nel 1970 all'indomani dell'attivazione delle Regioni, del Capoluogo istituito a Catanzaro.  

Quel pacchetto Colombo aveva già all'epoca avuto il sapore amaro di un ripiego rispetto alla negazione di altri diritti. Le misure straordinarie varate dal Governo guidato da Emilio Colombo prevedevano investimenti di un miliardo e settecento milioni di vecchie lire da spalmare su più interventi, per creare migliaia di posti di lavoro anche in Calabria.

Il tradimento delle promesse e il degrado ambientale

Uno spettro in un contesto paesaggistico in cui insiste un porto, dal destino non meno tormentato, e l'oasi naturale del pantano di Saline Joniche che, in questo mezzo secolo in cui l'impianto non è stato neppure smantellato ha subito l'onta di tale scempio ambientale. Luogo appetibile per il malaffare mafioso, in questi decenni al centro di tante visioni alternative mai concretizzatesi, ad oggi non è riuscito neppure a ottenere per sé la liberazione da questo agglomerato industriale e la conseguente bonifica. Infinite risorse e un grande potenziale rimasti ostaggio di una mancata rimozione che troppo sarebbe costata visto che tanto era già stato speso e sprecato per costruirla.

Lo spettro del carbone

Un'inerzia e un'incapacità che hanno rischiato di consegnare l'area ad un progetto di riqualificazione nel quale la contropartita sarebbe stata quella di ospitare la costruzione una centrale a carbone di ultima generazione. A volte ritornano ma invano. Con le resistenze opposte dal Territorio al progetto e con le legittime pressioni del protocollo di Kyoto per contenere il surriscaldamento del pianeta che sollecitava i Paesi la riduzioni di emissioni di gas serra, naufragava anche questa volta il progetto energetico di nuova generazione ma con fonti di energia fossili. Un altro tentativo era già naufragato a Gioia Tauro proprio sul sito dove non fu mai costruito il polo siderurgico e dove nel 1994 sorse il Porto commerciale ancora oggi attivo, estensione dell'iniziale progetto di infrastruttura a supporto dello stesso polo rimasto solo sulla carta. 

Giornalista
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