Buoni frutti

Il primo vasetto di miele prodotto nei terreni del casolare “strappato” alla ’ndrangheta

La nuova vita di un’azienda agricola acquistata in Umbria dal clan De Stefano. In quell’area utilizzata per nascondere fuggitivi delle guerre di mafia e latitanti oggi si coltiva la speranza

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di P. P. P.
12 gennaio 2024
12:55

Per anni la ’ndrangheta ha gestito (si fa per dire) quel casolare lasciando che l’incuria prendesse il sopravvento. Forse lo ha usato come “safe house” per latitanti: di certo i proprietari lo hanno abbandonato per anni. Un’azienda agricola confiscata alla potente famiglia De Stefano di Reggio Calabria è diventata una cooperativa che adesso funziona e ha prodotto nei giorni scorsi il primo vasetto di miele. Una storia di riscatto e di speranza che fa da contraltare ai tanti casi in cui i beni confiscati si “disperdono” in procedure farraginose.
Succede in Umbria, dove le cosche reggine erano arrivate senza sparare ma per «controllare le attività economiche infiltrandosi anche in appalti e concessioni». Parole dell’allora procuratore capo di Perugia Luigi De Ficchy per descrivere un’aggressione economica che aveva portato nell’orbita delle famiglie calabresi bar, ristoranti, alberghi, negozi e intere aziende.

Nel 2006 un’inchiesta giudiziaria ha portato al sequestro del patrimonio di una società agricola con sede a Roma, azienda che faceva capo alla famiglia De Stefano. Tra i beni sequestrati c’era Col de la Pila, una tenuta acquistata circa 30 anni fa dalla ‘ndrangheta ma apparentemente mai utilizzata. L’investimento in Umbria era probabilmente stato realizzato dalla famiglia De Stefano per essere utilizzato come “covo freddo”. Negli anni 80 e nei primi anni 90, durante le guerre di mafia, se un affiliato rischiava la vita o l’arresto veniva mandato in “esilio” per qualche mese, fino a che non si calmavano le acque. Forse qualcuno di loro è passato da Col de la Pila.


La tenuta ha iniziato il lungo cammino verso una nuova vita con la confisca definitiva avvenuta il 27 ottobre 2011: una sfida accettata anche dalle istituzioni a Pietralunga, piccolo centro umbro. Dopo 10 anni, il bene è stato assegnato alla cooperativa sociale “Pane e Olio” che, accanto ai campi estivi per la legalità, ha masso in campo attività di formazione. Uno degli esiti è proprio la produzione di quel primo vasetto di miele. Si tratta soltanto del primo passaggio.

Eugenio Rondini, presidente della commissione regionale Antimafia, parla di una «giornata storica. Dopo un lungo ed importante lavoro collegiale ecco i primi frutti della cooperativa sociale che ora gestisce a Pietralunga il primo bene confiscato alla ‘ndrangheta in Umbria. Cento ettari convertiti per la produzione di miele, tartufo, frutta, verdura, allevamento di animali, ospitalità, campi estivi ed altre attività con finalità sociale».

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