Una storia di migrazione e accoglienza, in Calabria arriva Voyage à Calais
L'opera dell'artista Alessio Patalocco approderà al Mabos (in Sila) giovedì 21 marzo: «Necessario riscoprire e coltivare nuovamente i sentimenti di compassione, pietà e tenerezza»
Al Mabos (Museo d’Arte del Bosco della Sila) arriva Voyage à Calais di Alessio Patalocco, una storia di migrazione, rifiuto e accoglienza. L’artista ternano, sostenuto sempre da Amnesty International Italia, ha proceduto con la donazione di Voyage à Calais che non poteva che approdare in luogo simbolico come la Calabria, territorio segnato, tra passato e presente, da storie di migrazione e accoglienza. L’opera sarà presentata giovedì 21 marzo, in esposizione permanente nell’Area Gioacchino da Fiore, del Mabos, tra arte urbana e temi umanitari.
Parlando con l’artista abbiamo provato a capire come mai è stato scelto proprio il Mabos per la sua opera.
«L’opera era destinata alla città di Calais, in Francia, che, alla fine, l’ha rifiutata: il tema proposto si stava rivelando scottante per loro, anche dal punto di vista elettorale. Per circa sette anni l’opera è diventata migrante: è stata esposta in diversi musei (tra cui il Macro di Roma, la Biennale dello spazio pubblico, il museo del Mediterraneo di Marsiglia) coi suoi disegni, con le foto o con parti di essa montati come fossero uno stralcio dell’opera. È grazie ad Antonella Bongarzone che l’opera si trova qui, sulla Sila Piccola: lei, come sempre, ha saputo cogliere lo spirito del luogo e delle persone. L’innamoramento è stato fulmineo: Mario Talarico e Elisa Longo del Mabos hanno apprezzato la storia dell’opera oltre alle sue forme, dunque, finalmente, eccoci qui».
Sembra che quest’operazione dal grande valore artistico e sociale, sia stata possibile dopo un incontro.
«Alla fine, durante una mostra bipersonale con Erminia Fioti, curata da Giovanna Adamo, l’art manager Antonella Bongarzone presenta l’opera ai responsabili del Mabos venuti a vedere la performance inaugurale della mostra all’ex Stac di Catanzaro, il primo novembre. L’incontro è stato molto bello: ho visto delle persone interessate al loro territorio ma anche aperte al diverso, all’imprevisto, al nuovo. In una parola "accoglienti”»
Parliamo dell’opera. Il viaggio è il leitmotiv dell’opera di Alessio Patalocco. Scrive l’art manager Antonella Bongarzone che essa «rappresenta l’oggetto fisico e simbolico di un diario, dove l’uomo è essere-in-transizione».
«Si, si tratta di un oggetto che ha circa tre diverse forme/significato: un muro, una barca decomposta e destrutturata, un nastro che racconta una storia. La storia è raccontata con la semplicità atavica dei dipinti rupestri ma tramite spray. Si vedono delle persone che escono da esplosioni cosmiche e messaggi di morte per camminare. Questo racconto è ad oggi interrotto perché, con l’interruzione dei contatti col comune di Calais, ho interrotto anche l’esecuzione dell’opera. Oggi resta così perché questo pezzo di storia non va dimenticata: il rifiuto, il voltarsi dall’altra parte…».
Proviamo a capire il significato autentico dell’opera, che è composta da tredici lastre di ferro, piegate e saldate, naturalmente arrugginite e verniciate con spray bianco e nero.
«È un po’ un Menhir orizzontale che il viaggiatore migrante rivede per superare il proprio trauma, sul quale il visitatore può applicare la propria visione delle cose e scegliere se vedere un nastro, un muro o una barca. Tutti recanti una storia, comune a tutti».
Mai come oggi è molto importante parlare di accoglienza. Dobbiamo continuare ad accogliere quelli che fuggono dalle guerre, dalla fame, dall’odio. E dobbiamo farlo con forza soprattutto noi calabresi che siamo storicamente un popolo di emigranti.
«Non c’è dubbio, ma soprattutto dobbiamo riscoprire e coltivare nuovamente tutti quei sentimenti che il post capitalismo ha condannato: la compassione, la pietà e la tenerezza, ad esempio, che si coltivano grazie a piccoli gesti come non condannare gli ultimi ad essere la causa dei nostri mali, ad esempio. Questi sentimenti vivono di empatia e sguardo verso l’altro, nascono da un orecchio teso che ascolta la storia di qualcuno. Qualcuno che in genere viene sempre respinto da tutti ma che, stavolta, ha trovato qualcun altro : un po’ come lui e un po’come noi».