Condivisione e preghiera

A Soverato la prima giornata diocesana delle famiglie nel nome della venerabile Maria Cristina Cella Mocellin

VIDEO | Morta nel 1995 a 26 anni a causa di un tumore che l’aveva indotta a posticipare le cure per non danneggiare la vita del bimbo che portava in grembo. Il marito è stato ospite dell'iniziativa organizzata dall'Arcidiocesi di Catanzaro Squillace

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di Rossella  Galati
16 ottobre 2023
14:43

Riflessioni, condivisone, giochi e preghiera. L'Arcidiocesi di Catanzaro Squillace, ha celebrato così la prima giornata diocesana delle famiglie. All'Istituto delle figlie di Maria Ausiliatrice di Soverato una vera e propria giornata di festa scandita da laboratori per i più piccoli, momenti di confronto per gli adulti sull'importanza di custodire, rivelare e comunicare l’amore. «È la prima festa che facciamo con l'ufficio diocesano per la pastorale della famiglia, – spiega mons. Claudio Maniago -, spesso si cerca di far festa per dimenticare qualcosa, per astrarsi dalla realtà pesante, difficile, faticosa. Questa invece è una festa che si colloca proprio all'interno di un contesto come quello che stiamo vivendo, un contesto complesso, difficile e faticoso, fatto di guerre, di violenza inaudita, è una cosa che ci toglie ogni speranza. Sembra proprio che ormai l'umanità debba essa condannata a una disperazione. Ecco allora che nel nostro piccolo, e noi crediamo che sono le piccole cose che costruiscono poi la storia, questa nostra festa della famiglia, sia invece un grande segno di speranza. Piccola festa, grande segno di speranza. Perché? Perché la famiglia non è semplicemente convivenza di persone che si vogliono bene. Questa è una banalità che spesso viene spacciata per famiglia. Famiglia è un progetto di vita, è il luogo dove si plasma l'umanità».

La famiglia come fabbrica di speranza e umanità

Monsignor Maniago

«Allora se noi speriamo in un'umanità nuova, quindi dove alzare la mano contro il fratello, chiunque esso sia, per qualunque motivo, è una cosa grave che non può portare mai del bene, dobbiamo partire proprio da dove l'umanità si plasma, da dove impara a vivere relazioni profonde, vere. E questo avviene in famiglia. Non ci sono alternative. Dunque – conclude il presule - fare festa per noi significa da una parte riscoprire, valorizzare e anche gioire del dono prezioso che sono le famiglie, ma al tempo stesso rilanciarne anche la vocazione perché nelle famiglie, come ci stanno testimoniando in questa giornata delle persone molto belle da questo punto di vista, si può costruire un'umanità nuova così come vuole il Signore».


La testimonianza di Carlo Mocellin

Un messaggio questo che l'arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace ha ribadito durante la celebrazione eucaristica e del quale si è fatto testimone Carlo Mocellin, marito della serva di Dio Maria Cristina Cella Mocellin, morta nel 1995 a soli 26 anni a causa di un tumore che l'aveva indotta a posticipare le cure per non danneggiare la vita del bimbo che portava in grembo. Dichiarata venerabile nel 2021, la donna lombarda, madre di 3 figli, della sua breve vita ricca di fede e devozione, ha lasciato un grande insegnamento: «La nostra è una famiglia come tante, abbiamo fatto l'esperienza della sofferenza, ma una sofferenza vissuta in modo cristiano – racconta -. Perché nel dolore si può cambiare prospettiva. Ed è quello che è successo a noi, quello che ho sentito anch'io nel vivere questa esperienza. È dura vivere senza Cristina perché manca manca a me, ma anche ai miei figli. Però, con questa prospettiva dell'amore eterno e il poter anche pensare di ritrovarci un giorno in un modo diverso, magari non sarà con le famiglie della terra, con la tua casa e i tuoi figli, ma sarà una cosa sicuramente gioiosa, riusciamo ad affrontare tutto. Dio ha operato nella nostra vita proprio in questo modo, nel farci cogliere che eravamo nati per qualcosa di importante».

Il messaggio di amore 

«Questa prospettiva del “per sempre” è quella che ti permette di superare tutto, di affrontare e di sentirti famiglia non speciale ma famiglia amata da Dio. Ed è quello che ho voluto dire anche a tutte le famiglie presenti oggi che si può vivere di cose grandi, non perché siamo capaci o siamo bravi, ma perché siamo amati da Dio in un modo straordinario. Lui ama in questo modo, a senso unico, senza aspettarsi da noi grandi cose, non va in cerca certamente dei migliori, va in cerca delle persone disponibili. Questo è quello che ho imparato da mia moglie. Gesù ti cambia la vita e lei l'ha comunicato con la sua stessa vita, senza dover strafare o gridare. Non lo faccio neanch'io. Sono stato invitato qui, non so neanche come, perché Dio Padre quando vuole conosce la strada per arrivare a te. Ciò che sento è che non possiamo più tacere, questo amore che porto nel cuore, che non è mio, ma che è dono di Dio, adesso non posso più tenerlo per me. Questa la cosa è entrata nella ma vita come novità»..

La forza della fede

«Ogni famiglia ha qualcosa di buono da portare e credo che anche l'esperienza nostra, nell'essere arrivati fino in Calabria, voglia dire questo anche alle famiglie presenti. Non serve strafare, ma dobbiamo comunque condividere le bellezze che portiamo nel cuore e sapere che siamo in mani sicure. Dobbiamo vivere la nostra vita con la massima serenità, la massima gioia». Dunque in una situazione come quella della famiglia Mocellin, fatta di sofferenza e di malattia, forse sarebbe stato più semplice vacillare, invece la fede di papà Carlo, nonostante la perdita della moglie, si è rafforzata: «questo era il dubbio che ho avuto all'inizio, ma poi ho capito che il vero protagonista era quel Dio che mi era stato comunicato da Cristina quando ci siamo fidanzati. Lì ho cominciato a rendermi conto che cosa volesse dire accogliere Dio nella vita, che non vuol dire abbandonare tutto ma mettere Dio al centro e la tua vita cambia. E allora la forza l'ho trovata in lui, così è stato anche per i miei figli che all'epoca, quando è mancata Cristina, avevano tre anni e mezzo il più grande, la seconda due anni e mezzo e il più piccolo un anno e mezzo. Hanno avuto dei periodi dove non capivano, ma si fidavano di me, dei nonni, hanno visto che c'era qualcosa di particolare, di bello da scoprire. Hanno creduto anche nel nel nostro esempio. Adesso sono persone speciali e anche loro hanno capito che non siamo soli. Se avessi gestito la situazione alla mia maniera sarei entrato in disperazione, di questo sono sicuro invece, accettando questo amore di Dio, questo Dio che entra nella tua vita, tutto diventa più semplice. Certo, ci devi mettere il tuo impegno, la tua volontà, il tuo desiderio, la preghiera, ma questa è la grandezza dell'amore di Dio che cambia i cuori».

Giornalista
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