Se Karl Marx e Friedrich Engels fossero vissuti al giorno d’oggi, molto probabilmente nel loro “Manifesto” avrebbero parlato più di agricoltori e contadini, e meno di classe operaia. Con la sempre più incessante evoluzione scientifico-tecnologica le industrie si stanno svuotando progressivamente di manodopera e si riempiono di robot, mentre per continuare a produrre alimenti di qualità servono ancora tanti esseri umani. Anche il mondo dell’agricoltura, ovviamente, si è evoluto e si è in buona parte meccanizzato. Oggi il contadino e l’allevatore sono persone competenti e istruite, spesso sono anche imprenditori piccoli e medi, e comunque partecipano con il proprio lavoro alla quotidiana costruzione di sistemi complessi che partono dalle materie prime e giungono sugli scaffali dei supermercati.

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Il mondo globalizzato, però, governato dagli interessi colossali di ipertrofiche multinazionali, è diventato il nemico politico dell’agricoltura tradizionale, per quanto condotta all’insegna delle conoscenze più moderne. La spinta per l’industrializzazione del cibo è potente: altro che pascoli verdi e prodotti genuini e artigianali! C’è chi immagina di imporre i formaggi costruiti a base di farine lattee, e non di latte vero munto dalle vacche una manciata di ore prima, com’è il caso delle più nobili specialità casearie del Made in Italy, quali ad esempio il Parmigiano Reggiano o il Caciocavallo Silano. Si rendono a norma formaggi fusi, interi o a fettine, carichi di sostanze chimiche (conservanti, coloranti, stabilizzanti, addensanti, aromatizzanti, ecc.), mentre dall’altro si impongono mille vincoli o divieti ai monumenti caseari nati nelle malghe, negli alpeggi, o comunque figli di antichissime tecniche pastorali. Guai a usare una fiscella fatta di fibre naturali! Si vieta di appassire al sole, su graticci di canne, fichi o uve, e si privilegiano i materiali sintetici! Si vendono a tonnellate insaccati e würstel impastati con additivi e a base di carni non proprio pregiate se non di scarto, piuttosto che incentivare al meglio le filiere di prosciutti ed altri succulenti salumi trattati solo con sale, spezie e derivati da carni di maiali allevati con straordinaria attenzione. C’è chi non ha alcun interesse a difendere le verdure fresche e la frutta di stagione, ma piuttosto, venendo incontro ai giganti del cibo conservato e iper-trattato, mira a favorire il diffondersi di liofilizzati, di scatolame a lunga scadenza, di apatiche porzioni monodose, di surrogati. E il miele? Perché recuperarlo dalle api quando si può puntare su quello sintetico? Eppure si sa che il nettare ricavato dagli alveari è fondamentale per una dieta ricca di apporti positivi. La passata di pomodoro? Per carità, facciamo abbandonare alle sterpaglie i generosi campi italiani dedicati al rosso ortaggio e accontentiamoci delle farine e dei semilavorati che giungono, via container, da terre lontane. Lo stesso si faccia con i succhi di agrumi non a base di vere spremute ma di concentrati che viaggiano in nave per migliaia di chilometri. Basta con questa deriva! Si deve urlare No! Bisogna resistere a oltranza, perché qui si sta parlando di diritti universali e inalienabili.

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Le rivolte pacifiche degli agricoltori che stanno risuonando in tutta Europa difendono modelli di vita a misura d’uomo. In Magna Grecia si ragionava di cibo buono sin dai tempi degli Enotri e della Scuola di Pitagora. L’ho scritto in un mio recente saggio sulla Dieta mediterranea, simbolo di una civiltà che grazie al Mare Nostrum tocca ben tre continenti ed è garanzia di vivere bene e in salute. La distruzione progressiva dell’economia agricola non è un caso, ma è la conseguenza di politiche che, o per miopia o per interesse, mirano a stravolgere le tradizioni maturate in millenni. Ecco perché le lotte degli agricoltori devono essere condivise da tutti, e sostenute con forza. Un litro di latte autentico deve essere pagato in maniera remunerativa per l’allevatore, andando a tagliare i profitti, spesso ingenti, di altri segmenti commerciali della filiera. Oppure i governi impongano processi virtuosi per implementare gli stipendi dei ceti popolari e medi, in modo tale che tutti possano dedicare maggiori risorse all’acquisto di alimenti più costosi ma più integri, piuttosto che nutrirsi di cibo-spazzatura. La carne artificiale, costruita in laboratorio con l’uso di ormoni, non fa progredire l’umanità. L’introduzione di ogm ad ogni costo non è inevitabile. L’invasione di farine di insetti andrebbe meglio ponderata: noi siamo figli di Demetra, dea delle messi, del grano, e non di grilli e formiche! E, soprattutto, non si può da un lato gravare gli agricoltori europei di mille insostenibili norme e adempimenti che toccano i temi della sicurezza alimentare o della salvaguardia dell’ambiente, e dall’altro tollerare che mentre in casa propria le aziende agricole si arrendono e chiudono, al contempo si importano dall’estero materie prime e cibi prodotti con l’uso di fitofarmaci vietati nella Ue o con procedure di lavorazione, di stoccaggio e di trasporto che non devono rispettare le rigidissime normative comunitarie. Agricoltori di tutta Europa unitevi!