VIDEO | Ospite al Mediterraneo Corto Festival, il portavoce italiano Riccardo Noury si sofferma sull’ultimo rapporto annuale dell’organizzazione, esortando a non zittirsi mai: «La rassegnazione è la migliore arma dell’autoritarismo»
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Il mondo vive una crisi globale dei diritti umani. Ne è convinto Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Internationl Italia dal 2003, che è stato ospite della quindicesima edizione del Mediterraneo Festival Corto di Diamante. Ne ha parlato nel corso di una conferenza stampa, moderata dalla giornalista Maria Francesca Amodeo, che si è tenuta nella sala consiliare Ernesto Caselli della città dei murales, a cui hanno preso parte anche il sindaco Achille Ordine e il direttore artistico della kermesse, Francesco Presta.
Il rapporto di Amnesty International
Nel corso del dibattito, Noury ha parlato a lungo dell’ultimo rapporto annuale fornito dall’organizzazione internazionale di cui è portavoce, evidenziando una situazione preoccupante. «I conflitti, quelli noti e quelli meno noti, stanno distruggendo le basi del diritto internazionale, nato per proteggere le popolazioni civili proprio durante i conflitti.
L’ultimo rapporto ci dice che c'è un mondo che protesta, che chiede il cambiamento, che chiedi diritti, ma è sempre più represso, in maniera violenta, con la militarizzazione delle piazze e l'uso eccessivo della forza da parte della polizia. Ci dice che c'è una crisi climatica che non viene affrontata, con esiti sempre più catastrofici, e ci dice che c'è un cosiddetto “effetto Trump”, cioè un autoritarismo di tendenza facilmente imitabile, che produce danni enormi per i diritti umani con una velocità alla quale dobbiamo rispondere ma alla quale non siamo ancora pronti a rispondere».
L’impegno di ogni cittadino
Dopo le sue dichiarazioni, il pubblico lo travolge di domande. I cittadini, in particolare, chiedono di sapere cosa sia possibile fare per tentare di risolvere la crisi dei diritti umani; chiedono di sapere se i cittadini abbiano ancora voce in capitolo nelle questioni sociali. «Se pensiamo di non poter contare più nulla – è la sua risposta -, se pensiamo di mobilitarci solo per quelle cause che secondo noi abbiano una qualche percentuale di successo, facciamo solo un favore all'autoritarismo e quindi è bene non dirlo mai. Chi si occupa di diritti umani, non deve mai perdere la speranza, deve accettare il fatto di stare su un'altalena con un movimento verso il basso che è il movimento in cui la tutela dei diritti umani cala, però - conclude - nell'altalena c’è anche il momento in cui ti dai una spinta coi piedi per risalire e quella spinta dobbiamo darla noi».