VIDEO | Il presidente della Commissione antindrangheta Molinaro si rivolge alle amministrazioni comunali. Per il presidente del Consiglio regionale Mancuso «c'è tanto da fare». Il dipartimento Salute della Regione: «Formazione e prevenzione a scuola e in famiglia»
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«I numeri offerti dal monopolio dello Stato dicono anche che la Calabria gioca tantissimo e, io aggiungo, purtroppo – esordisce Pietro Molinaro, Presidente Commissione Consiliare contro il fenomeno della 'ndrangheta -. Spesso ci sono fenomeni di gioco patologico e i dati che abbiamo a disposizione dal servizio sanitario regionale ci confortano sul fatto che c'è un investimento nella prevenzione e nella riabilitazione di chi ovviamente poi è vittima del gioco d'azzardo patologico».
Il gioco d'azzardo patologico insomma c'è, è una triste realtà, ed è un problema anche nell'ambito del territorio regionale, in linea con i numeri e le dimensioni del fenomeno a livello nazionale. Di come provare ad arginarlo fornendo risposte concrete si è discusso questa mattina nella Sala Monteleone di Palazzo Campanella durante la celebrazione della “Giornata contro i rischi del gioco d’azzardo” organizzata dalla Commissione stessa e moderata dal direttore del network LaC, Franco Laratta.
Molinaro striglia i Comuni: «Serve più collaborazione»
c’è un altro elemento su cui accende i riflettori il presidente Molinaro: «Noi stiamo attenzionato il collegamento non solo sotto l'aspetto economico psicologico e sociale dalle famiglie che sono coinvolte da parte dei giocatori ma anche sotto l'aspetto dell'usura e del sovraindebitamento che è un altro elemento molto critico nella nostra regione, ma in tutto il Paese a dir la verità, e su questo auspichiamo che le attività di prevenzione da parte dei Servizi sanitari regionali possano incidere sempre di più in tema di formazione, di consapevolezza sull'utilizzo del denaro, insomma sugli effetti dannosi per la salute».
Insomma un mix micidiale che fa auspicare «regole più stringenti e una collaborazione maggiore da parte dei Comuni che per la nostra legge regionale hanno in qualche modo la vigilanza sul territorio rispetto a due elementi importanti a mio avviso che la legge regionale, modificata nel 2022, ha introdotto: la distanza dal posizionamento delle slot machine da luoghi sensibili, che possono essere scuole ospedali ferroviarie e diciamo dove c’è aggregazione, e dall'altra parte l’orario di apertura che abbiamo nettamente ridotto, massimo 13 ore al giorno con delle pause nell'ora di pranzo e dalle 24 alle 9 di mattina. Questi sono elementi che vanno monitorati, e per dire la verità la Commissione ha sollecitato i Comuni ma ha avuto pochi riscontri fino adesso».
Anche per questo per Molinaro la Giornata di oggi deve andare nella direzione di sensibilizzare le amministrazioni comunali sulla vigilanza e il rispetto delle regole.
Mancuso: «Parlarne fa bene, ma c’è tanto da fare»
A fare gli onori di casa il presidente dell’assemblea legislativa, Filippo Mancuso, secondo il quale quella del gioco d’azzardo patologico è una problematica che purtroppo è al pari quasi della droga. Un problema che va affrontato e che il Consiglio regionale ha inserito nella sua agenda affrontandolo con una legge, la 107, per cercare di regolamentare ciò che per anni non era stato regolamentato, ma soltanto aggiornato e rinviato ad anni successivi.
«C'è tanto da fare» ammette Mancuso salutando con favore l’attività messa in campo dai Serd (Servizi per le Dipendenze patologiche) che però sembra ancora insufficiente a trattare queste problematiche che, aggiunge, «vengono sempre demandate ad associazioni private che devono confrontarsi ovviamente sul territorio con l’Asp, con le autorizzazioni e tutto il resto. È un problema che attanaglia soprattutto i giovani perché non è tanto regolamentare l'accesso alle sale gioco o quant'altro, ma purtroppo ognuno può anche rendersi dipendente dal gioco on-line quindi in piena autonomia, senza controllo e senza poter essere monitorato, che quindi rappresenta il cosiddetto sommerso».
Insomma, serve una rivoluzione culturale e il presidente naturalmente guarda alle istituzioni: «Bisogna intervenire con le scuole, diciamo sempre le stesse cose, deve nascere dalle famiglie e dalle scuole, che purtroppo però tante volte non vengono a conoscenza del problema», anche perché, ripete il presidente Mancuso, «sono problemi che poi non riguardano solo il soggetto ma si ripercuotono su tutta la famiglia, quindi sono ancora insufficienti tutte le iniziative che facciamo, però noi le mettiamo in campo, ne parliamo perché parlando e affrontando il problema si può rendere cosciente la società della gravità e quindi guardare al futuro con un po' di prospettiva».
Lucia: «Formazione e prevenzione, a scuola e in famiglia»
La regione – ha sottolineato Francesco Lucia Dirigente Regionale Settore n. 7 “Assistenza Territoriale Salute nelle Carceri - Sistema delle Emergenze-Urgenze”, Dipartimento "Salute e Welfare" - lo sta affrontando attraverso il Dipartimento utilizzando il fondo specifico per il gioco d'azzardo che si attesta nelle prime annualità, dal 2017, sul milione e mezzo di euro e con fondi suoi per circa 1,3 milioni. «Queste risorse vengono erogate alle Aziende Sanitarie attraverso dei progetti che hanno diverse funzioni, dalla formazione all'attività di prevenzione primaria, quindi azioni sulle scuole, sulle famiglie e sulle forze dell'ordine, al fine di maturare quella conoscenza e quella appropriatezza del gioco d'azzardo che è una patologia, e quindi quelle forme anche di prevenzione e di conoscenza del problema perché quando uno conosce il problema può non cadere nella trappola del gioco d'azzardo». Anche Franco Lucia assegna alle scuole un ruolo importante con la previsione di una importante attività di formazione sui docenti e anche sulle famiglie ma ancor di più sugli studenti di primo e di secondo grado a cui trasferire quelle che sono le nozioni fondamentali per garantire di (ri)conoscere e di avere una sorta di “alert” del gioco d'azzardo. «Non pensiamo di risolvere il problema – ammette Lucia - ma vogliamo fornire quella cultura di base necessaria a riconoscere che potrebbe diventare un problema e una patologia. Quello è fondamentale per ridurre il rischio del gap.
Un fenomeno trasversale che fornisce anche una sorta di identikit del target di persone colpite dal fenomeno, target che comprende persone ben inserite, che hanno un’attività stabile nell'ambito lavorativo, ma anche persone disoccupate; ci sono famiglie, persone con famiglie separate, non separate, «diciamo però – ha aggiunto Lucia - che un elemento che dà una maggiore incidenza è il livello culturale, ad un minore livello corrisponde una presenza maggiore del fenomeno».