Chi sono i siriani oggi? Quattordici anni fa, quando è iniziata la guerra, la Siria contava 22milioni di abitanti, oggi, secondo l'Onu, sono 7 milioni i profughi che vivono fuori dal Paese mentre altri 7 milioni vivono la condizione di sfollati interni, uomini e donne che sono rimasti in Siria ma che hanno perso tutto. «I siriani oggi sono un popolo giovane che ha una gran voglia di vivere e una grande dignità», a sostenerlo è stata Asmae Dachan, giornalista, scrittrice e docente universitaria italo-siriana, nata ad Ancona, che all'indomani della caduta del regime di Bashar al-Assad, si è recata nel Paese per documentare i fatti. Dachan è stata la protagonista di un ciclo di incontri con gli studenti, gli operatori dei SAI e con i cittadini, che sono stati organizzati dai SAI (sistema accoglienza e integrazione) Ordinari Lamezia Terme “Due Soli” e “Terre Sorelle di Miglierina”, SAI Minori stranieri non accompagnati Lamezia Terme “Luna Rossa” dell’Associazione Comunità Progetto Sud, in collaborazione con il Movimento “Umanità in Ricerca”.

Secondo la giornalista, che ieri sera ha incontrato i cittadini al Chiostro di San Domenico, per la presentazione del libro "Il silenzio del mare", in un confronto moderato dal professore Giuseppe Villela, c'è un dato anagrafico che potrebbe aiutare la Siria: "Il 70% della popolazione ha meno di 30anni, è una nazione di giovani e giovanissimi". «I trentenni - ha sottolineato Dachan - vivono una condizione particolare: se sottraiamo ai loro 30 anni, 14 anni di guerra, ci accorgiamo che quando è iniziato il conflitto queste persone avevano 14, 15 anni, l'età in cui a tutti dovrebbe essere concesso di sognare e di progettare il proprio futuro. "Ci hanno rubato la spensieratezza, i sogni, l'infanzia" è la frase che ricorre più spesso nei miei reportage. È una generazione traumatizzata da anni di conflitto ma che in qualche modo vuole provarci. E non si arrende».

Il dibattito tra Dachan e Villela è stato intervallato dal reading di alcuni brani del romanzo ambientato nel 2011. Un viaggio che racconta ciò che rimane dopo i bombardamenti di una guerra nata da una ribellione al regime repressivo di Assad, che si è poi evoluta in un conflitto più complesso, una guerra civile che ha coinvolto paesi diversi, che ha visto la nascita dell’Isis, e che, se pure oggi le bombe non cadono più, c'è grande incertezza in merito al nuovo governo, «sebbene non manchino i segnali positivi». I protagonisti, due fratelli, Fadi e Ryma, si uniscono al movimento pacifista che nasce segretamente nei campus universitari e che coinvolge giovani e lavoratori. Scoperti e minacciati dal regime, sono costretti a fuggire dalla repressione che presto si trasforma in una feroce guerra, a cui si aggiunge l’orrore del terrorismo. Si imbarcano in Libia, alla volta dell’Italia, ma durante la traversata accade una tragedia e Fadi arriva a terra da solo. Il destino di Ryma resta avvolto dal silenzio del mare. In Italia il giovane siriano viene accolto da un pescatore e da una giovane dottoressa. I loro destini si intrecciano in modo inaspettato. «Fadi, il protagonista del romanzo - ha spiegato Dachan -, vive il senso di colpa dei sopravvissuti. Un senso di colpa che in realtà vivo anch’io ogni volta che torno in Italia dalla Siria. E se fossi nata in Siria anch’io? Se fossero nati lì anche i miei figli? Se fossero stati reclutati con la forza come è accaduto a tanti?». Una condizione difficile da superare ma che la professione di giornalista le consente di lenire, per «dare voce a chi non ha voce» e per non lasciare che le storie degli uomini e delle donne siriane cadano nell'oblio.