Nessuna elezione pontificia è mai stata decisa al primo colpo, ma i Conclavi della storia recente raramente hanno superato i tre giorni. Nonostante le complessità del momento storico e le differenze tra le cordate cardinalizie, la scelta del Papa tende ad arrivare con una certa rapidità, segno che il lungo lavoro diplomatico inizia ben prima dell’Extra Omnes.

Basta guardare ai numeri: Leone XIII, salito al soglio pontificio nel 1878 dopo la lunghissima parabola di Pio IX, fu eletto dopo soli tre scrutini. Un Conclave lampo che chiuse in fretta il passaggio dall’ultimo “Papa Re” a un pontefice dal profilo più moderno, autore dell’enciclica Rerum Novarum e primo nella storia di cui esistano immagini filmate.

Diverso il caso di Pio X, canonizzato dopo la morte, che nel 1903 ottenne la maggioranza al settimo scrutinio. Un’elezione più meditata, anche perché fu influenzata da pressioni esterne: l’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria esercitò il controverso diritto di veto su un altro candidato, cosa che spinse la Chiesa a cancellare per sempre questa pratica.

Nel 1914, con l’Europa già scossa dalla Prima Guerra Mondiale, il Conclave che portò all’elezione di Benedetto XV richiese dieci votazioni. Il suo appello contro «l’inutile strage» della guerra non fu ascoltato, ma il suo pontificato è oggi rivalutato per lo spirito pacificatore e la riforma della diplomazia vaticana.

Ben più complessa fu l’elezione di Pio XI nel 1922: il cardinale Ambrogio Damiano Achille Ratti, ex bibliotecario e futuro protagonista della riconciliazione con lo Stato italiano tramite i Patti Lateranensi, fu eletto solo al quattordicesimo scrutinio. Un vero Conclave-fiume, il più lungo del Novecento, che rifletteva la difficile transizione tra la Chiesa del silenzio e quella che cercava nuovi equilibri con la modernità.

Al contrario, l’elezione del suo successore Pio XII, Eugenio Pacelli, nel 1939 fu tra le più rapide della storia: solo tre votazioni bastarono per scegliere l’uomo destinato a guidare la Chiesa nel buio della Seconda Guerra Mondiale.

Nel Dopoguerra, il Conclave che portò all’elezione di Giovanni XXIII fu meno immediato. Il papa del Concilio Vaticano II, il “Papa buono” scelto quasi come figura di transizione, fu eletto dopo undici votazioni. Ma la sua visione aperta e profetica lo avrebbe trasformato in uno dei pontefici più amati e incisivi del secolo.

Paolo VI, che quel Concilio lo portò a compimento, salì al soglio nel 1963 al termine di sei scrutini. Montini era già considerato il naturale successore e raccolse i voti dei cardinali in tempi ragionevolmente brevi, consolidando la stagione della riforma ecclesiale.

Poi venne il 1978, l’anno dei tre papi. Giovanni Paolo I fu eletto dopo quattro votazioni, ma il suo Pontificato durò solo 33 giorni. Pochi mesi dopo, il conclave più importante del secolo portò al soglio Karol Wojtyla, primo papa straniero dopo 455 anni. A Giovanni Paolo II servirono otto votazioni, che non furono molte, considerata la portata storica della sua elezione.

Dopo la sua morte nel 2005, i cardinali scelsero in quattro votazioni Joseph Ratzinger, già figura di riferimento dottrinale della Curia e decano del collegio cardinalizio. Anche in quel caso, si arrivò rapidamente a un nome condiviso.

Infine, nel 2013, il Conclave che seguì le storiche dimissioni di Benedetto XVI richiese cinque scrutini per portare sul trono di Pietro Jorge Mario Bergoglio. Un’elezione tutt’altro che scontata, frutto di un equilibrio tra innovazione e affidabilità, Sud globale e Curia romana, riforma e pastoralità.

A ogni elezione, la storia si è ripetuta con variazioni: correnti, discussioni, attese e sorprese. Ma i numeri ci dicono che, in fondo, quando la necessità della guida è forte e il contesto chiama a decisioni rapide, la Chiesa sa trovare in fretta la sua voce. Anche quando parte da lontano.