VIDEO | Maria Francesca Amendola illustra: «La prima causa di morte dei giovani è rappresentata dagli incidenti provocati dall’assunzione di bevande alcoliche. Le leggi ci sono ma non controlli adeguati»
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Ogni dodici secondi nel mondo una persona muore per patologie legate all’alcol. È impietoso l’ultimo rapporto dell’Oms, che non lascia spazio a fraintendimenti: «Non esiste un livello di consumo di alcol senza effetti sulla salute».
Maria Francesca Amendola - presidente regionale dell’Associazione italiana di Alcologia - sviscera le cifre che compongono una fredda statistica: «La prima causa di morte dei giovani fino a venticinque anni di età è rappresentata dagli incidenti stradali provocati dall’uso di alcol».
L’assunzione di bevande alcoliche è associata all’insorgenza di duecento diverse patologie: cancro, malattie infettive, disturbi neurologici e mentali, lesioni di organi e tessuti, soltanto per fare alcuni esempi. Maria Francesca Amendola svela: «Negli ultimi anni è stata certificata la correlazione nelle donne tra uso di alcol e tumore al seno».
Metalli pesanti, acetaldeide, etanolo sono i componenti che rendono l’alcol un nemico della salute. Maria Francesca Amendola spiega: «Si tratta di sostanze che incidono negativamente sul cervello dei ventenni ancora in fase di sviluppo».
Dati relativi al 2023 delineano i contorni dell'alcolismo in Italia: i consumatori abituali di birra sono ventisette milioni, ventuno milioni quelli di aperitivi alcolici. Tra i giovanissimi dilaga il fenomeno del “binge drinking” rappresentato dalla pratica di bere almeno sei shottini, uno dopo l’altro.
Maria Francesca Amendola evidenzia: «Quattro milioni di persone in Italia tra i diciotto e i ventiquattro consumano bevande alcoliche seguendo la moda del “binge drinking”, che consiste nel mandar giù un grosso quantitativo di alcol nel minor tempo possibile».
La legge Balduzzi entrata in vigore il primo gennaio 2013 ha introdotto in Italia il divieto di vendere alcolici ai minori: chiunque somministri alcol ai ragazzi al di sotto dei sedici anni è punito con un anno di carcere. Se i consumatori hanno tra i sedici e i diciotto anni, si incorre soltanto in una sanzione amministrativa.
Maria Francesca Amendola alza le spalle: «Noi italiani facciamo sempre delle leggi eccezionali, peccato però che poi nessuno si preoccupi di farle rispettare. Bar, ristoranti, pizzerie e supermercati dovrebbero chiedere la carta d’identità oppure la tessera sanitaria, ma sinceramente credo che in Calabria questi controlli non ci siano. Cosenza è disseminata di distributori di bevande alcoliche. Credete che un minore abbia difficoltà a farsi prestare un documento da un amico? Io immagino di no».
L’alcol regala una felicità effimera che dura una manciata di minuti: quando ci si pente, è ormai troppo tardi. Maria Francesca Amendola è tranchant: «Le bevande alcoliche scatenano un picco di euforia. Ci si sente performanti, attraenti, disinibiti e anche le persone più timide diventano capaci di lasciarsi andare. Ma, dopo il picco segue una fase di down e l’eccitazione lascia spazio a una fase depressiva».
La legge quadro numero 125 del 30 aprile 2001 ha istituito in Italia i servizi di alcologia all’interno delle aziende sanitarie e ospedaliere. In Calabria, sono attivi quelli di Cosenza, Pizzo e Reggio Calabria. Il servizio pubblico lavora in stretta sinergia con le sedici comunità terapeutiche che operano sul territorio regionale.
Maria Francesca Amendola si congeda con una riflessione amara: «Serve un’assunzione di responsabilità culturale: se nei compleanni dei bambini accanto alla torta con le candeline si mette in bella mostra la piccola bottiglia di spumante analcolico, significa che stai ponendo le basi affinché questo diventi un modo preciso di stare al mondo. E non va bene».Clicca qui per rivedere l’intervista