Questa mattina la cerimonia a Palazzo Campanella nel corso di una mattinata carica di significati e tanta emozione ripercorrendo la storia di Carolina con papà Paolo. Cresce la necessità di combattere il cyberbullismo scuotendo non solo i giovani studenti, ma anche scuola e famiglie
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È del Vescovo dell’Arcidiocesi di Mileto Nicotera e Tropea, Attilio Nostro, la Presidenza onoraria dell’Osservatorio Media e Minori della Calabria. L’iniziativa promossa dal Co.re.com svoltasi nell’aula Fortugno di Palazzo Campanella è stata vissuta come un momento particolarmente emozionante, che ha messo di fronte il mondo delle istituzioni, dell’informazione e della scuola, nella prospettiva di rafforzare il ruolo dei media come strumenti di educazione.
La cerimonia ha visto la partecipazione dei Presidenti dei Corecom e della Fondazione Carolina Onlus, impegnata da anni sul tema del cyberbullismo, e di una larga rappresentanza di studenti, coinvolti durante la mattinata con un quiz interattivo pensato per stimolare la riflessione sull’uso consapevole dei media e delle nuove tecnologie, in un’ottica di educazione digitale e cittadinanza attiva.
Il presidente Fulvio Scarpino l’ha definito il completamento di tutto il lavoro che è stato fatto fino ad oggi dal Corecom Calabria, al quale è stata attribuita anche la funzione di guida dell’Osservatorio. «Abbiamo inteso interagire in questo ambito con una personalità che si è sempre speso per i minori, quindi sua Eccellenza il Vescovo Attilio Nostro, anche per renderci ancora più consapevoli dell'impegno che abbiamo preso. Il fatto che la Chiesa sia accanto a noi in un percorso di educazione affettiva, ancora più di educazione digitale, è un segnale che noi vogliamo lanciare e lo facciamo primi in Italia».
Il percorso che si intende intraprendere è il “Corecom Academy in tour” e l'Osservatorio Medie e Minori vigilerà per quella che è l'attività di formazione su tutti i ragazzi. «Abbiamo al nostro fianco l'Università Magna Grecia e il Dipartimento di Neuropsichiatria Infantile e – ha aggiunto Scarpino - penso che, in un momento particolare, dove i nostri ragazzi sono anni luce avanti a noi dal punto di vista tecnologico, ma sono purtroppo di una fragilità enorme, prima dell'educazione digitale occorre riscoprire l'educazione affettiva. Ritengo che sia il segnale più grande, più importante e per me più significativo che Corecom Calabria abbia fatto e stia facendo».
Scarpino, insieme ai vicepresidenti Mario Mazza e al segretario Pasquale Petrolo, lo ripetono a più riprese, adesso più che “osservare” si deve anche iniziare a trovare delle risposte ad un fenomeno in pericolosa crescita che fa registrare per i casi di suicidio dei minori un aumento del 75%. Il cyberbullismo d’altra parte colpisce un minore su cinque. Ecco quindi che l’occasione è anche un momento di autocritica: «Abbiamo una responsabilità che a volte non riusciamo neanche ad affrontare, noi abbiamo creato tanti ragazzi fragili perché – ancora Scarpino - abbiamo permesso loro di non confrontarsi con la realtà, noi siamo i genitori del sì, sì, sì, non del dialogo. Adesso la situazione è drammaticamente diventata più complessa, ma la verità è un'altra cosa, è che noi genitori abbiamo delegato al telefonino una funzione, abbiamo creato il badante digitale, allora se noi per primi non cambiamo e non diamo un segnale sarà tutto sempre più complicato».
Il segnale stanno provando a darlo proprio i Corecom, e Cesare Gariboldi, presidente lombardo, portando l’esperienza per certi versi monca della sua regione, si dice convinto che il ruolo dei Corecom sia proprio quello di «mettere insieme le varie aspettative, le varie associazioni anche che operano in questo settore. Molte volte tanti progetti ci sono sul territorio ma non sono collegati fra di loro quindi quello che stiamo cercando di fare è dare una veste omogenea a tutto questo percorso in maniera da renderlo più efficace».
La storia di Carolina è la storia di tutti
Paolo Picchio è il presidente onorario della Fondazione Carolina Onlus, ma è soprattutto il padre di Carolina, la prima vittima acclarata di cyberbullismo attraverso un video che la ritraeva completamente assente perché era stata fatta ubriacare con cinque ragazzi che la molestavano. Il video è stato messo in rete e Carolina, colta dalla depressione e il disagio, a cui si è aggiunto poi tutta una serie di insulti che la rete gli ha riversato addosso, ha deciso di farla finita,
«Però prima di fare quel gesto – ha raccontato Picchio in una testimonianza toccante davanti agli studenti, messa anche nero su bianco in un libro - ha voluto scrivere una lettera che è stata una specie di messaggio a tutti: “ragazzi grazie del vostro bullismo – ha scritto Carolina - avete fatto un ottimo lavoro, un ultimo saluto: ma perché questo? Il bullismo è tutto qui? Ma non capite che le parole fanno più male delle botte?»
Il messaggio di Carolina, racconta ancora Picchio, oltre a essere servito perché con Carolina è partito il primo processo in Italia e in Europa per cyberbullismo - cinque ragazzi sono stati indagati e processati per reati gravissimi che vanno dalla violenza sessuale di gruppo alla diffusione di materiale pedopornografico fino alla morte come conseguenza di altro reato - ha fatto sì che si portasse avanti la prima legge in Italia e in Europa di educazione e prevenzione del cyberbullismo.
Da qui parte quella che è una vera e propria missione per papà Paolo: «Ho voluto trasmettere ai ragazzi, ma soprattutto a tutta la comunità, che siano genitori o insegnanti, il mio percorso perché io mi sono sentito come portatore di un messaggio che Carolina mi aveva lasciato. Spero che adesso sarete tutti più sensibili sulle parole quindi attraverso quel messaggio io ho voluto costituire una fondazione con lo scopo di far sì che i ragazzi siano più responsabili degli strumenti che purtroppo i genitori senza alcuna regola gli continuano a dare in età anche che non va bene, e quindi bisogna attrezzare tutta la comunità ad una maggiore responsabilità sull'uso delle parole, degli insulti, del sapere che quello che viene postato intanto resterà per sempre».
Insieme alla Fondazione è nato anche un Centro completamente gratuito che ha sede a Milano, ma ce ne sarà uno anche a Perugia e un altro a Palermo, attraverso il quale di vuole dare un apporto concreto ai ragazzi vittime di una violenza che «non riescono a superare anche perché soprattutto in quell'età, che va dalla pre-adolescenza all'adolescenza, l'avere uno strumento che li mette in contatto con tutti, li fa apparire dappertutto ma senza una capacità di gestire il disagio che gli stessi strumenti gli portano, li rende molto spesso oggetto di vessazioni ma soprattutto di isolamento, ecco questo non deve avvenire».
Nostro: «Chiedetevi se siete felici»
Appena giunto a Palazzo Campanella è stato chiesto al vescovo Nostro quale fosse il messaggio rivolto ai ragazzi. Lui, facendo spallucce: «Non lo so, perché per me è una realtà completamente nuova. Quindi devo essere onesto fino in fondo e partire anzitutto dall'ascolto, in maniera semplice, in maniera umile, poi sarà partendo da ciò che i ragazzi vorranno dirmi che io modulerò in qualche modo una risposta che spero sia adeguata».
Il prelato al momento di prendere la parola sa esattamente cosa dire. Si è rivolto ai ragazzi con il loro linguaggio, li ha anche provocati, riuscendo ad attirare la loro attenzione. «Chi di voi è felice?» ha domandato all’aula con gli studenti indecisi se alzare la manina o no. «La felicità e anche far felice la persona che abbiamo di fronte» ha aggiunto.
«Credo che questo sia un impegno anzitutto morale, e di questo veramente sento tutto il carico di dover dimostrare di meritare questa fiducia che non è da dare per scontata, e penso che questo sarà alla fine un lavoro che farà crescere entrambi perché in qualche modo la chiesa ha bisogno di ritrovare una funzione di servizio ulteriore nei confronti di questi studenti, di questo territorio ed è importante anche però che la chiesa offra il suo contributo specifico, particolare, unico che si basa sostanzialmente sulla carità del Vangelo. Spero che questo diventi un luogo di accrescimento reciproco».