La lei di una coppia felice sente che qualcosa non va e decide di “pedinare” il proprio compagno di vita in una notte che sembra una delle tante, un’uscita che non dovrebbe contenere insidie. E invece...
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Ecco le vostre storie che narrano di amori e di passioni. Questa è la quarta storia arrivata alla nostra redazione e che vi proponiamo ovviamente in forma anonima.
Se anche tu hai una storia da raccontarci scrivici a redazione@lactv.it.
Ho deciso che lo voglio raccontare. Anche per liberarmi da questo peso.
Non so neanche da dove iniziare. Non ero sicura nemmeno di volerlo scrivere tutto questo. Ma… qualcosa dentro mi spinge. È come se il dolore stesse cercando un’uscita, e forse raccontarlo è l’unico modo. O almeno… ci provo.
Eravamo una coppia felice, entrambi professionisti, con tanti amici e un mondo che sembrava un paradiso. Tutto filava così bene, tutto filava liscio. Non sembrava nemmeno vero. E infatti non lo era.
Quella sera sembrava una normale sera. Normale come tante. Ma qualcosa… qualcosa stonava. Lui aveva detto che usciva con amici, come altre volte. Io avevo annuito, sorriso anche, credo. Ma dentro… c’era come un nodo. Un presentimento, forse. Oppure solo la mia testa che cominciava a rompersi sotto il peso dei dubbi. Dubbi che avevo già avuto in passato. Ma nulla che facesse credere che ci fosse altro, altro di nascosto. Altro in cui non c’ero io. Ma quella sera dentro di me è scattato un meccanismo improvviso.
E allora l’ho seguito. Sì, l’ho fatto. Non era nei miei piani, non sono mai stata così. Ma i suoi occhi erano troppo leggeri ultimamente, come se guardassero altrove, sempre un po’ più lontano da me. L’ho seguito. Camminava deciso, parlava al telefono… rideva. Quella risata, così piena …così felice. Ma non era per me.
Si è fermato davanti a un bar... Dopo pochi secondi è arrivato un uomo, elegante, alto. Io… non riuscivo a respirare. Immaginavo una rivale, qualcosa che potessi capire. Ma quella scena no, non potevo capirla, tanto meno accettarla. Per qualche secondo ho disperatamente sperato che fosse un equivoco. Invece no.
Si sono abbracciati. Un abbraccio che non era quello di un amico. Nemmeno quello di un collega. Si sono baciati! Un bacio lungo, intenso… come se si fossero desiderati troppo a lungo. Come se quel momento fosse il primo respiro dopo essere stati sott’acqua per ore. Io… io sono rimasta lì. Immobilizzata. Non riuscivo nemmeno a piangere. Ho visto solo il mio mondo, la nostra vita, il nostro amore, crollarmi addosso, facendomi a pezzetti, riducendomi in polvere.
Era come se qualcosa dentro si fosse spezzato in modo irreversibile. Come se ogni parte di me… avesse capito. Tutto. In un istante.
E non era il fatto che fosse con un uomo. Non è questo. È che io non c’ero. Non c’ero in quella parte della sua vita. Non c’ero mai stata, e lui non me l’aveva mai raccontata, ma nemmeno accennata. Aveva costruito un mondo segreto, tutto suo, mentre io continuavo a sognare il nostro.
Ho urlato. Non so bene come. Era una voce che non riconoscevo. Lui si è girato. Aveva lo sguardo nudo, spaventato. Come un bambino colto con le mani nel barattolo della marmellata. L’ho sentito chiamarmi… quasi con urlo disperato. Ma io… io sono corsa via. Sono scappata via con tanta velocità che in pochissimi minuti ero dall’altra parte della strada.
E lui no, lui non è venuto dietro. È rimasto lì con lui. In quel momento ha deciso da che parte stare, con chi continuare la sua vita, e chi lasciare fuori.
Ora sono qui. È passato del tempo. Le mani continuano a tremare. La testa è vuota ma piena allo stesso tempo. Non so se lo odio. Non credo. E nemmeno l’altro. Ma sento una ferita che non smette di bruciare. È come un vuoto che fa rumore. E continuo a ripetermelo, senza riuscire a crederci. Tutto, tutto potevo immaginare. Ma non… questo. A volte mi sento un po’ come Zelda Fitzgerald, tradita dal suo uomo, finita poi in manicomio. Forse io non finirò in un manicomio. Perché il manicomio è già dentro di me, e non mi lascia mai da sola.
Perdonatemi se vi ho coinvolto in questo mio dolore senza tregua.