Il 19enne si rivolge al Presidente della Repubblica chiedendo l’annullamento del semestre filtro: «Non vogliamo scappare all’estero né comprare il nostro futuro in un’università privata. Vogliamo solo studiare e lavorare in Italia»
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Agostino Veronese, studente calabrese, chiede in una lettera l’intervento del Presidente Mattarella in merito al disastro dei test di Medicina a Roma. Ne riportiamo il contenuto.
«Al Presidente della Repubblica,
Mi chiamo Agostino Veronese, ho diciannove anni, sono uscito dal Liceo Classico con il voto massimo e ho scelto di affrontare il semestre filtro per tentare l’accesso a Medicina, con entusiasmo, determinazione e con quella speranza che solo i giovani sanno nutrire verso il futuro.
Oggi mi rivolgo a Lei con profonda amarezza, con il peso di un’esperienza che ha ferito me e decine di migliaia di studenti italiani. Non avrei mai pensato di dover scrivere una lettera così, ma sento che è un mio dovere verso me stesso, verso i miei coetanei e verso il Paese che amiamo.
Lei spesso ricorda il Presidente Sandro Pertini, e io voglio richiamare una sua frase che oggi sento più attuale che mai: “I giovani non hanno bisogno di sermoni, ma di esempi di onestà, coerenza e altruismo. I giovani non vanno rimproverati, ma sostenuti.”
Presidente, mi permetta di dirlo con sincerità: noi non siamo stati sostenuti.
Il semestre filtro è nato come un’opportunità, come un percorso formativo, come un modo nuovo per scegliere i medici del futuro. Ma ciò che è stato realizzato, ciò che ci è stato chiesto, ciò che abbiamo vissuto, è stato l’esatto contrario.
Non un semestre, ma un bimestre impossibile. Un carico di studio irraggiungibile in così poco tempo. Tre prove costruite senza alcuna trasparenza. Un sistema di vigilanza disomogeneo. Irregolarità gravi. E soprattutto l’immagine tremenda di un Paese che sembra voler dimostrare al mondo che i suoi giovani non valgono nulla.
Provengo dal Liceo Classico. Mai, nel mio percorso scolastico, ho affrontato materie come quelle presentate nelle prove: fisica universitaria, chimica avanzata, biologia molecolare. Avrei dovuto studiare in due mesi ciò che normalmente si affronta in sei.
La legge prevedeva un semestre, ma i decreti attuativi lo hanno trasformato in un bimestre, senza alcuna ragione pedagogica, scientifica o logica. È stato uno shock fisico, mentale ed emotivo. Come me lo hanno vissuto migliaia di ragazzi, costretti a studiare senza pause, senza respiro, senza una guida.
Ma ciò che più ci ha feriti è stata l’assenza totale di trasparenza. Dopo la prima prova del 20 novembre, il Ministero non ha pubblicato le risposte corrette, non ha fornito la griglia di valutazione, non ci ha permesso di capire cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato. Abbiamo affrontato la seconda prova alla cieca, nell’impossibilità di correggere i nostri errori e prepararci adeguatamente.
Una situazione che non sarebbe ammissibile neppure in un concorso per poche unità, figuriamoci in una selezione che decide il destino di 65.000 studenti.
Poco prima dell’inizio della prima prova, sui motori di ricerca apparivano domande identiche a quelle del test del 20 novembre e, in più parti d’Italia, sono state segnalate possibili fughe di contenuti. Ci siamo trovati davanti al sospetto gravissimo che non tutti abbiano sostenuto la prova nelle stesse condizioni. Questo, Presidente, è l’esatto contrario dell’uguaglianza.
La seconda prova del 10 dicembre è stata ancora più difficile, ancora più tecnica, ancora più lontana dai percorsi scolastici reali. Dai giornali abbiamo appreso che circolavano foto delle domande nelle chat, che in alcune aule i telefoni non venivano ritirati e che i controlli, nella maggior parte dei casi, non venivano effettuati correttamente. In poche parole, non si è garantita l’unitarietà nazionale della procedura. E noi paghiamo le conseguenze di errori che non sono nostri.
Ma ciò che mi ha fatto più male, sul piano umano, è stato il comportamento della Ministra dell’Università. In una manifestazione pubblica, durante la quale alcuni studenti cercavano un confronto pacato per spiegare le criticità del semestre filtro, la Ministra non ha risposto nel merito, non ha mostrato apertura, non ha chiesto scusa per gli errori commessi. Ha invece scelto di insultare gli studenti, definendoli “poveri comunisti”.
Presidente, io non sono comunista. La maggior parte di noi non ha alcuna appartenenza politica. Siamo studenti. Siamo ragazzi. Rappresentiamo 65.000 famiglie italiane. Sentirci derisi e liquidati con un insulto gratuito da chi dovrebbe tutelarci è stata un’umiliazione che non dimenticheremo mai.
A tutto questo si aggiunge un elemento inquietante. Mentre noi venivamo bocciati in massa, alcune università private e alcune università straniere hanno riaperto le iscrizioni a dicembre, nonostante la normativa stabilisca che l’anno accademico inizi il 1° novembre. Sembra quasi che il fallimento del semestre filtro abbia aperto un varco per spingere ragazzi disperati verso percorsi privati costosissimi o verso l’estero, in Romania o altrove.
Non voglio crederlo, ma l’impressione è questa. E fa male.
Tutto questo ha prodotto un danno incalcolabile, non solo per noi studenti ma per l’intero Paese. La stampa nazionale e internazionale parla oggi degli studenti italiani come di ragazzi impreparati, incapaci, ignoranti. Non è vero. Siamo giovani seri e motivati. Abbiamo studiato. Siamo stati valutati in un sistema fallimentare, non nel merito delle nostre capacità.
Per tutto questo Le chiedo di intervenire. Di difendere la dignità dei giovani italiani. Di evitare migliaia di ricorsi, un danno erariale enorme e un danno politico che non è colpa nostra.
Le chiedo di considerare la soluzione più giusta, più equa e più rispettosa della Costituzione: l’annullamento del semestre filtro e la possibilità per tutti gli studenti coinvolti di iscriversi al primo anno di Medicina, come già accade in molti Paesi europei.
Presidente, noi non vogliamo scappare all’estero. Non vogliamo comprare il nostro futuro in un’università privata. Non vogliamo essere umiliati dalle istituzioni. Vogliamo solo studiare in Italia, crescere in Italia, lavorare per l’Italia. Non ci parli, nel discorso di fine anno, della fiducia nei giovani, se prima non viene difesa la nostra dignità. La prego, Presidente: non abbandoni 65.000 ragazzi nel momento più difficile della loro vita.
Con profonda stima, dolore e speranza».


