Un piatto che risalta la melanzana, nei suoi più variegati modi di preparazione, utilizzando le strofe in vernacolo
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Come abbiamo già riferito su queste colonne, in questi giorni di quarantena decretati dal Governo per contenere l’emergenza Coronavirus, cogliendo i comportamenti delle persone attraverso i social network, ci accorgiamo come i fornelli la facciano da padroni sulle attività svolte al chiuso delle nostre abitazioni.
Leggere, guardare film, ingegnarsi in lavoretti di découpage ed altro, va bene. Ma dove la gente si sta davvero scatenando è la cucina. Torte salate, torte dolci, pizze e pane fatto in casa (i più meticolosi addirittura con lievito pasta madre). Pare che impastare ci renda felici. Tant’è vero che uno dei prodotti che per primo termina sugli scaffali dei supermercati, oramai è certo, è il lievito fresco.
Trascorrere il tempo con le mani in pasta ci fa stare bene e ancor di più confezionare piatti e dolci della tradizione della nostra cucina regionale. Questa volta, dopo i filèjia (o strangùgghj), non poteva mancare la melanzana nei suoi più variegati modi di preparazione, compreso u vraciòlu, che, se la melanzana è la Regina, questa autentica delizia è il Re. Ricorrendo sempre ai nostri versi in vernacolo, andiamo a presentare questo ortaggio, tra i più amati dai calabresi.
U VRACIÒLU ‘I MALANGIÀNA!
Supra ‘a tavula, d’estàti
O di vernu , nzoquand’è
Piaci a tutti li palati
Comu a chista no’ nge n’è!
A involtini o a parmigiana
Chjna o gratinata ò furnu
‘A regina è a malangiàna
‘A pôi fari nzoccomè!
Cu’ nu pocu di furmaggiu
Pani addimuràtu e tunnu
Spezzi, petrusìnu e agghju,
U vraciòlu esti u rre!
Sì, u fannu a ogni paìsi,
M’hai m’u provi, m’assapùri
Chistu fattu a’ calabrìsi,
Poi mi dici comu è!