Una lettera dai toni durissimi, quasi un ultimatum, è stata recapitata da Donald Trump a Bruxelles. Il presidente degli Stati Uniti ha annunciato l’imposizione di dazi del 30% su tutti i prodotti europei a partire dal 1° agosto, minacciando un ulteriore aumento della stessa entità in caso di misure ritorsive da parte dell’Ue. L’offerta alternativa: “Aprite i vostri mercati chiusi agli Usa, eliminate tariffe e barriere commerciali”. Un colpo che arriva a sorpresa, mentre le trattative sembravano in fase avanzata.

Bruxelles, colpita a freddo, ha reagito con fermezza. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha ribadito la volontà di negoziare fino all’ultimo, ma ha chiarito che “l’Unione adotterà tutte le misure necessarie a difendere i propri interessi, incluse contromisure proporzionate”. I dazi, ha avvertito, “interromperebbero le essenziali catene di approvvigionamento transatlantiche, danneggiando imprese, consumatori e pazienti su entrambe le sponde dell’Atlantico”.

Anche da Palazzo Chigi arriva un appello alla cautela: “L’Italia sostiene gli sforzi della Commissione per un accordo equo che rafforzi l’Occidente. Un conflitto commerciale sarebbe dannoso per tutti”, sottolineano fonti governative. Ma intanto a Bruxelles si respira allarme: la percentuale minacciata è ben superiore al 10% che ci si attendeva. Diversi osservatori ritengono che si tratti di una mossa negoziale in stile Trump, ma l’incertezza è massima.

Le minacce non si fermano all’Europa. Trump ha esteso l’offensiva anche ad altri Paesi: Messico (30% di dazi), Canada (fino al 35%) e altre 23 nazioni tra cui Brasile, Giappone e Corea del Sud. Per alcuni settori, come quello del rame, si parla addirittura di tariffe del 50%. A rendere ancora più tesi i rapporti con il Messico, anche le accuse sul traffico di fentanyl e la gestione dei cartelli: “Avete fatto troppo poco”, scrive Trump, pur riconoscendo la collaborazione sul confine.

Dal canto suo, Città del Messico ha già definito la misura “ingiusta”. La neo presidente Claudia Sheinbaum ha risposto ricordando l’incoerenza degli Usa, che “dichiarano i cartelli organizzazioni terroristiche e poi firmano accordi con i loro capi”.

La mossa di Trump arriva dopo mesi di apparente distensione con l’Europa, testimoniata da frequenti colloqui con von der Leyen e segnali pubblici di apprezzamento. Ma la nuova offensiva doganale ha sparigliato le carte. In realtà, il tycoon sta già capitalizzando la sua politica commerciale: a giugno le entrate doganali Usa hanno superato i 100 miliardi, contribuendo a un inedito surplus di bilancio da 27 miliardi.

I dazi sono ormai la quarta voce di entrata per lo Stato federale e, secondo Trump, un successo. Ma restano da valutare gli effetti sul mercato interno: tra i timori più diffusi ci sono l’aumento dell’inflazione, il caro-prezzi sui beni di consumo e l’effetto negativo sulle Borse. Incognite che hanno già spinto la Fed a mantenere alti i tassi di interesse, nonostante la pressione politica a favore di un taglio.