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A San Benedetto Ullano i funerali di Alfio Moccia, il cantastorie figura centrale del mondo albanofono

VIDEO | Divulgatore delle canzoni arbëreshe, delle storie, del modo di essere accogliente e allegro, ha trasformato la sua vita in una missione di cultura. Una folla di gente in lacrime e una profonda commozione durante le celebrazioni

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di Angelica Artemisia Pedatella
16 marzo 2024
16:57

Non suona più la voce di Alfio Moccia, il cantastorie arbëresh che ci ha lasciato improvvisamente. Figura centrale del mondo albanofono, per decenni, mentre la cultura calabro-albanese veniva indebolita da istituzioni e mode passeggere, con un coraggio da leone portava avanti, insieme alla docenza di italiano nelle scuole superiori, l’amore per la sua cultura d’origine.

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Divulgatore delle canzoni arbëreshe, delle storie, del modo di essere accogliente e allegro, ha trasformato la sua vita in una missione di cultura. Una folla di gente in lacrime e una profonda commozione hanno attraversato l’intera Arbëria. Perché Alfio Moccia non era solo un personaggio di cultura, ma ha rappresentato una figura carismatica di un altro tempo in una regione fin troppo abbandonata a se stessa. Lui c’era. Fondatore del primo telegiornale arbëresh negli anni Ottanta, la sua instancabile attività, l’amore per la lingua, la capacità di attraversare le comunità e la profonda dedizione all’insegnamento avevano fatto di lui un uomo amato da tutte le generazioni, cercato, ascoltato, in grado di trascinare la gente e tenere vivo nei momenti più difficili per il mondo arbëresh l’amore per questa realtà. Adesso resta il figlio Rocco Marco Moccia a dar seguito al suo racconto d’Arbëria. San Benedetto Ullano, suo paese d’origine, lo ha pianto profondamente e ha accolto le sue spoglie.


Conserverà la memoria di questo uomo straordinario. Il sindaco e tutta l’amminsitrazione gli hanno tributato il saluto ufficiale, insieme alle tante le personalità del mondo arbëresh presenti e ai tanti amici che lo hanno conosciuto e restano scioccati dall’improvvisa scomparsa. Alle porte della primavera ci saluta dunque uno degli uomini più straordinari di questa terra, un arbëresh… ma come ricorda la leggenda della “Besa”, non finirà qui il suo impegno.

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