Il giovane è sparito nel nulla il 5 giugno 2013: aveva 19 anni. La madre continua a chiedere giustizia: «Fatemi trovare quel che resta». Il caso è in mano alla Dda di Catanzaro dopo stranezze e buchi nelle prime indagini. Sullo sfondo l’ombra della cosca Giglio
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Oggi Anna Dattoli chiede di ritrovare i poveri resti suo figlio Gabriele, scomparso a 19 anni il cinque giugno del 2013. Non si arrende, Anna, ma è stanca. «Chiedo a chi sa – dice a LaC News24 – di mettersi una mano sulla coscienza e permettermi di dare una degna sepoltura a un ragazzo di 19 anni. Fatemi trovare quello che è rimasto. Perché qui a Strongoli c’è chi sa e non parla».
Quel pomeriggio del cinque giugno 2013
Dodici anni sono trascorsi dalla scomparsa di Gabriele De Tursi dalla sua casa di Strongoli. Era uscito con la sua Honda blu dopo pranzo per andare a prendere un caffè. Si era fatto dare i soldi per la benzina dalla madre e le aveva promesso che sarebbe tornato per portare il suo cane a fare una passeggiata. Aveva anche lasciato il cellulare a casa a caricare. Ma la sua famiglia – padre, madre un fratello e una sorella più grandi – non lo ha più rivisto.
Quella stessa sera, allertati dalla fidanzata di Gabriele, lo avevano cercato. Lei diceva – ricorda ancora Anna Dattoli – che Gabriele aveva fatto sicuramente un incidente con la moto. Anna resta meravigliata e scossa dalla certezza con cui la giovane dà per certa una catastrofe: era ancora presto e infondo suo figlio era solo in ritardo. Cercarono in ogni dirupo ma niente. La pista non era quella. Anna ricorda che la ragazza era entrata in casa e aveva voluto vedere il cellulare di Gabriele.
Il ritrovamento della moto
Anche la moto venne fatta ritrovare alla famiglia in maniera alquanto anomala: un anno dopo la scomparsa di Gabriele qualcuno infilò un bigliettino sotto la porta della sagrestia della chiesa della Sanità, o Madonna della Salute, che si trova nel centro del paese. Eppure nessuna telecamera riprese nulla nemmeno le telecamere installate all’ingresso della stessa chiesa. Il biglietto dava indicazioni per il ritrovamento della moto che apparve, come per magia, senza un graffio, senza una ammaccatura, senza ruggine. Non era, quella, la moto di chi aveva subito un incidente, né una moto abbandonata tra la sterpaglia da un anno. Quella era una moto perfettamente conservata. E, purtroppo, rivelarono le analisi del Ris, senza impronte.
Buchi nelle indagini
Le indagini all’epoca non furono risolutive. I buchi sono tanti. A casa di Anna Dattoli si presentò anche uno dei due parroci del paese dicendole che quello di Gabriele era stato un incidente non voluto. Le parole del prelato allarmarono Anna che si rivolse subito ai carabinieri. L’uomo venne sentito dai pm di Crotone ma tutte queste stranezze, questo bisbiglio di paese che sembrava quasi urlare, non portarono a nulla e il tempo continua ancora oggi a ingoiare il caso di Gabriele De Tursi.
L’ombra della cosca Giglio
Il fascicolo passò presto alla Dda di Catanzaro perché aveva tutti i connotati di una lupara bianca. A Strogoli domina la cosca Giglio e all’epoca della scomparsa di Gabriele imperversavano le nuove leve del clan, ragazzi all’incirca della stessa età di Gabriele. Oggi l’avvocato della famiglia De Tursi, Michele Gigliotti, auspica che «la Dda di Catanzaro faccia un focus importante su una vicenda che è diventata, purtroppo, un caso datato e rischia di cadere nell’oblio». E c’è una premessa che l’avvocato non manca di fare: «In un’area ad alta densità criminale come Strongoli è difficile immaginare che questa scomparsa sia opera di persone che non appartengano alla criminalità organizzata».
Subito dopo la scomparsa del figlio, Anna Dattoli nota che anche gli amici di Gabriele si sono dileguati. Li manda a chiamare, qualcuno si presenta con la testa bassa. Il paese bisbiglia ma il corpo di Gabriele non è più tornato indietro. Sempre che di un corpo vi sia traccia. Anna Dattoli chiede risposte e ripete: «Finché sono in vita Gabriele non muore».