Non c'è pace per la metro di Cosenza finita nella bufera giudiziaria

Passepartout | Lunga e travagliata la storia della realizzazione dell'infrastruttura su cui la Procura di Catanzaro sospetta irregolarità nelle procedure di aggiudicazione

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di Salvatore Bruno
8 maggio 2019
12:21

Quella della metrotramvia di Cosenza è una storia lunga e travagliata, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. L’idea di collegare il centro del capoluogo all’Università della Calabria attraverso una strada ferrata che passasse per il centro di Rende, risale alla fine degli anni novanta, tanto da ipotizzare in quella fase, l'opportunità di procedere alla posa dei binari già sul tratto centrale del costruendo Viale Parco.

Lo stanziamento mancato da Loiero e i soldi recuperati da Scopelliti 

Il presidente della Regione Agazio Loiero, in carica tra il 2005 ed il 2010, inserì la metro nella programmazione infrastrutturale, nell’ambito del più ampio progetto di collegamenti metropolitani in cui erano ricomprese anche le opere pensate per Catanzaro e Reggio Calabria, individuando per la copertura finanziaria dell’opera, i Fondi nazionali per le Aree Sottosviluppate, con cui, tra l’altro, si pensava di costruire anche il nuovo svincolo di Cosenza Sud, nella zona di Molino Irto. Quei fondi però, furono drenati ad altri obiettivi dal Governo Berlusconi e soltanto quando l’amministrazione di Giuseppe Scopelliti recuperò le risorse negli assi del Por, la metro tornò d’attualità, riprendendo vigore.


Il primo bando nel 2013 e la corsa all'aggiudicazione nel 2016

Il primo avviso pubblico fu bandito nel 2013 ma, a causa di problemi tecnici sulla individuazione del materiale rotabile, andò deserto. Le opportune correzioni degli uffici consentirono la pubblicazione di un nuovo bando, nel 2014, proprio nell’ultima fase del governo regionale di centrodestra. L'opera però, fu poi aggiudicata dall’amministrazione Oliverio nel giugno del 2016. L’attenzione della Procura di Catanzaro si concentra proprio sulle procedure di aggiudicazione. Secondo gli inquirenti, l’associazione per delinquere messa in piedi da Nicola Adamo e Mario Oliverio, insieme al dirigente del settore infrastrutture Luigi Zinno, al direttore generale di Ferrovie della Calabria Giuseppe Lo Feudo, all’imprenditore Pietro Ventura, operante nel ramo dei trasporti ferroviari, ed a Rocco Borgia, indicato come facilitatore e mediatore per i suoi molteplici rapporti si amicizia e conoscenze in ambito nazionale, avrebbe fatto in modo di avvantaggiare la Cmc di Ravenna, affinché risultasse vincitrice del bando. Per riuscirci bisognava però neutralizzare il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, il quale aveva più volte manifestato il proprio dissenso rispetto alla realizzazione della infrastruttura, ritenendo necessario l’apporto di diversi correttivi al progetto originale. I rilievi, Occhiuto li aveva mossi anche nei confronti dell’amministrazione amica guidata da Peppe Scopelliti. La defenestrazione di Occhiuto, quindi, sarebbe da mettere in relazione proprio alla necessità di concludere a tutti i costi la gara d’appalto, anche in assenza delle formali autorizzazioni di competenza del Comune di Cosenza. Questa scelta si è poi rivelata un’arma a doppio taglio, poiché, sempre secondo la Procura, Occhiuto, incappando nel reato di corruzione, ha poi tenuto in ostaggio la Regione rifiutandosi di sottoscrivere l’accordo di programma quadro finché non ha ottenuto l’inserimento nell’accordo stesso di altri benefit per la città, tra cui il finanziamento per la costruzione del famigerato Museo di Alarico.

 

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