Arresti nel crotonese: le nuove leve, il traffico di droga e gli arsenali nascosti tra gli ulivi

Sodalizi e rotture tra le cosche crotonesi in affari per gestire il mercato degli stupefacenti, documentati dall’inchiesta Golgota. Le armi occultate nella vegetazione del feudo dei Mannolo

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di Francesca Caiazzo
10 febbraio 2021
21:00

Prima il sodalizio, poi la rottura e infine la nascita di due distinte organizzazioni criminali dedite al traffico di droga. È uno degli scenari descritti dall’inchiesta Golgota, che questa mattina è sfociata nell’operazione antimafia condotta dalla Squadra Mobile di Crotone, coordinata dalla Dda di Catanzaro e concretizzatasi nell’esecuzione di 36 misure cautelari contro soggetti ritenuti affiliati alle cosche Arena-Nicoscia di Isola di Capo Rizzuto e ai Mannolo appartenenti al ceppo cosiddetto dei “pecorari” operanti sul territorio di San Leonardo di Cutro.

Rigenerazione criminale

Gli arresti operati negli ultimi anni dalle forze dell’ordine, nei confronti di personaggi di spicco della ‘Ndrangheta crotonese, hanno portato le cosche a riorganizzarsi, dando spazio alle nuove leve delle famiglie storiche. Come avvenuto, ad esempio, nella famiglia Arena di Isola di Capo Rizzuto, il cui ruolo apicale – secondo gli inquirenti – è passato a Salvatore Arena, detto Caporale. Una vera e propria rigenerazione criminale che le attività investigative hanno documentato e tentato di arginare, anche con l’operazione odierna.


Il traffico di droga

Le indagini hanno permesso di documentare l’intensa attività di traffico di droga a cui erano dedite diverse associazioni criminali del crotonese «in grado di muovere decine di chili di droga per tutta la penisola nonché avere un vero e proprio spaccato di “storia criminale” della provincia degli ultimi anni corredata da alleanze, rivalità e cambi di strategie».

In particolare, a Isola di Capo Rizzuto, dal 2018 in poi, la gestione del mercato della droga sarebbe stata in mano a due gruppi principali, prima alleati. Il primo, guidato da Santo Claudio Papaleo (che tesseva i rapporti con i crotonesi), con Antonio Nicoscia (classe 1987) e Macrillò Francesco; l’altro organizzato e diretto da Antonio Astorino (coadiuvato dal fratello Carmine), a cui Papaleo sarebbe stato subordinato fino al periodo marzo-aprile 2018: un ritardo nel recupero dei proventi derivanti dallo spaccio da parte di Papaleo e destinati ad Astorino, tra i motivi della rottura.

Riorganizzazione

La scissione tra Papaleo e Astorino ha spinto le cosche a riorganizzare la gestione del traffico di droga tra Isola di Capo Rizzuto (compresa la frazione di Le Castella) e Crotone, ricercando nuovi canali di approvvigionamento. L’occasione per discuterne – secondo l’accusa - il summit di ‘Ndrangheta del 26 maggio 2018, durante il quale si sarebbe consumato il rito di affiliazione dello stesso Papaleo e di Antonio Nicoscia (classe 87) e Francesco Macrillò. I tre nuovi affiliati, da quel momento, daranno vita, secondo gli inquirenti, a un nuovo gruppo criminale che entrerà a pieno titolo nel mercato dello stupefacente.

Il terzo gruppo

Gli investigatori, però, individuano anche una terza associazione dedita al traffico di droga, quella capeggiata dai fratelli Giuliano, Ivan, Rocco e Fabio Mannolo, di San Leonardo di Cutro, che avrebbero intrecciato «stretti rapporti con soggetti di Crotone e Isolitani nella fornitura di cocaina e marijuana». Nella loro disponibilità anche numerosi armi. Pistole, fucili, munizioni e droga: tutto nascosto tra gli uliveti e la vegetazione nella vallata intorno all’abitato di San Leonardo di Cutro, «il loro feudo» lo definiscono gli inquirenti. Tra alberi e cespugli, per raggiungere i nascondigli, gli indagati si muovevano su un quad, ignari di essere ripresi dalle forze dell’ordine. Tra settembre e novembre del 2019, gli investigatori li seguono e registrano almeno cinque episodi, che permetteranno di rinvenire e sequestrare arsenali e stupefacenti. Evitando eventuali nuovi omicidi e spargimenti di sangue.

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