Nella relazione del ministro dell’Interno emergono le ragioni che hanno portato al commissariamento dell’ente: «Presunto affiliato presente alle riunioni politiche». L’inchiesta della Dda e il potere dell’imprenditore vicino alla cosca che controllava le attività dell’amministrazione
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«Nel Comune di Badolato (Catanzaro), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 3 ottobre 2021, sono state riscontrate forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata che compromettono la libera determinazione e l'imparzialità dell'amministrazione locale, nonché il buon andamento e il funzionamento dei servizi con grave pregiudizio dell'ordine e della sicurezza pubblica». Con la più classica delle formule ha inizio la relazione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. È datata 10 aprile 2025. Il 23 aprile successivo, con decreto del presidente Mattarella, viene nominata la commissione straordinaria per la gestione provvisoria del Comune di Badolato.
Il procuratore Curcio: «Infiltrazione diretta della cosca nell’amministrazione»
Nella relazione del ministro viene riportato quanto emerge dall’incontro del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica avvenuto in seguito all’operazione. «In tale sede - rileva il ministro - il procuratore della Repubblica della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha evidenziato che, nel caso di specie, più che di condizionamento della vita dell'ente locale da parte della criminalità organizzata si è di fronte a una infiltrazione diretta della cosca nella compagine politico-gestionale del Comune di Badolato»
L’inchiesta della Dda di Catanzaro dalla quale è partito tutto
Tutto nasce il 29 gennaio scorso con l’arresto da parte dei carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro e del Ros, coordinati dalla Dda di Catanzaro, di 44 persone (15 in carcere e 29 ai domiciliari). Raggiunti da misura cautelare anche il sindaco di Badolato Giuseppe Nicola Parretta, il suo vice Ernesto Maria Menniti, ed il presidente del Consiglio comunale Maicol Paparo.
Parretta è accusato di concorso esterno perché avrebbe instaurato un rapporto di do ut des con la famiglia di Antonio Paparo, imprenditore considerato elemento di spicco della cosca Gallace di Guardavalle. Non solo, avrebbe chiesto appoggio ad Antonio Paparo ma avrebbe accettato la candidatura nella propria lista elettorale di Maicol Paparo, figlio di Antonio, poi eletto consigliere comunale di maggioranza con deleghe a "Bilancio, Tributi, Attuazione programmatica, Sistemi informatici" e nominato presidente del consiglio comunale. Tra l’altro Maicol Paparo non appare estraneo agli affari criminali della famiglia essendo accusato di aver aiutato Cosimo Damiano Gallace, Antonio Gallace e Cosmo Leotta a sottrarsi all’arresto in seguito a una sentenza della Cassazione.
Anche il vicesindaco Menniti è accusato di concorso esterno per aver creato una lista civetta al fine di evitare il rischio del mancato superamento del "quorum " in caso di presentazione di un'unica lista, ma ponendosi in realtà – accusa la Dda di Catanzaro – a disposizione di Antonio Paparo, componente del sodalizio mafioso Gallace, per garantire vantaggi connessi allo svolgimento delle attività imprenditoriali e amministrative del Comune.
Nella giunta comunale è entrata anche Antonella Giannini, moglie di Giuseppe Fiorenza, anche lui indagato, nominata assessore esterno su proposta, dice l’autorità giudiziaria, di Antonio Paparo. Questo avrebbe consentito all’uomo dei Gallace di avere, direttamente o indirettamente tramite Maicol Paparo e Antonella Giannini, il pieno controllo dell'apparato amministrativo ed economico dell’ente.
Tra le ipotesi di reato anche lo scambio elettorale politico-mafioso che coinvolge l’imprenditore Paparo e il figlio Maicol, il sindaco Parretta, il vicesindaco Menniti, l’assessore Giannini, il marito di lei Giuseppe Fiorenza, Andrea Bressi, detto “U Mulinaru”, poi eletto consigliere comunale.
L’affiliato presente a tutte le riunioni del sindaco
Dalle risultanze dell’inchiesta attinge a piene mani la relazione del ministro il quale fa riferimento anche alla relazione del prefetto di Catanzaro «secondo la quale in tutte le occasioni in cui il sindaco - abitualmente residente in altra regione - si recava a Badolato per adempiere a impegni istituzionali non delegabili, l'affiliato alla cosca locale prendeva parte a tutti gli incontri informali che il primo cittadino organizzava con il vicesindaco ed altri componenti del suo staff».
La figura del sindaco
La relazione del prefetto si sofferma «sulla figura del primo cittadino di Badolato, evidenziandone il ruolo rivestito già nel corso di passate consiliature, in quanto ha diretto l’amministrazione locale, una prima volta, nel 1977, successivamente nel 2008 ed è stato poi nuovamente confermato nella stessa carica nella consiliatura del 2013, amministrazione che, come evidenziato, è stata sciolta con decreto del Presidente della Repubblica del 23 maggio 2014 per infiltrazioni della criminalità». In seguito a questo provvedimento il sindaco venne dichiarato incandidabile da una sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro del 2016.
L’imprenditore coinvolto, scrive il ministro, «risulta essersi attivamente impegnato nella campagna elettorale dell'ottobre 2021, risultando determinante per l'elezione dei suddetti amministratori, interessandosi alla formazione delle liste e della giunta comunale addirittura imponendo la nomina di un assessore esterno, sebbene tale nominativo non fosse gradito al sindaco: allo scopo di controllare il Comune e condizionare l'attività amministrativa, anche attraverso la partecipazione a riunioni, sebbene privo di qualsiasi titolo e assumendo, di fatto, le relative decisioni».