I calabresi e le squillo, un giro d'affari che tocca i 150 milioni di euro

Il fenomeno che vede coinvolte un 10% di minorenni, registra la diminuizione di prostitute che operano in strada e la crescita di quelle che operano attraverso il web. Pari a 100 euro al mese la spesa dei clienti abituali

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1 novembre 2019
17:56

Un “fatturato” pari a circa 150 milioni di euro con una potenziale imposizione fiscale teoricamente superiore a 40milioni di euro.

Il mercato del sesso in Calabria, secondo una recente indagine del Codacons, fa registrare questi numeri, destinati invero a crescere di più anche in considerazione del «boom della prostituzione sul web». Il settore sembra non essere stato assolutamente intaccato dalla crisi, essendo cresciuti di pari passo sia il fatturato, + 25,8, che i soggetti dediti alla prostituzione, +28,5%.


Di contro è invece diminuito il numero di prostitute che operano in strada, la cui percentuale rappresenta tuttavia ancora la fetta più consistente, pari al 60% del totale. In salita anche il numero di “lucciole” che decidono di lavorare in casa o, comunque, non all’aperto (40%), tra le quali emerge la presenza di ragazze cinesi. Della totalità delle prostitute operanti in regione, il 10% è minorenne, mentre il 60% è costituito da ragazze straniere, provenienti principalmente dai paesi dell’Europa dell’est (Romania, Bulgaria, Ucraina) e dall’Africa (Nigeria in testa).

 

Il mercato del sesso

I clienti che preferiscono andare per strada hanno un’età media compresa tra i 35 e i 50 anni, un livello di istruzione basso o molto basso, sono sposati o hanno partner regolari ed hanno uno o più figli. Di contro, chi cerca l'amore a pagamento on-line ha un’età media di 25-35 anni, single, senza figli, e con un livello di istruzione medio-alto.

La spesa dei clienti abituali è mediamente pari a 100 euro al mese. Va tuttavia sottolineato che i costi delle prestazioni sono assai diversificati a seconda del servizio: per una escort, ad esempio, si arriva a pagare anche 500 euro.

Costi che scendono a 20 miserabili euro, incassati dalle cosiddette schiave del sesso, per prestazioni rapide consumate in strada o nei campi.

Ma il vero e proprio boom riguarda la prostituzione via web: l’offerta si è spostata cioè sempre più dalle strade agli schermi dei computer, da cui escort e prostitute pubblicizzano i propri servizi, raggiungendo un bacino di utenza sempre più esteso. 

All’interno di tale ambito si colloca un fenomeno letteralmente esploso a seguito della crisi economica: quello delle “cam girl”: ragazze che, pur non praticando la prostituzione attraverso il contatto fisico con i clienti, mostrano il loro corpo attraverso una web-cam e guadagnano attraverso la rete.

Per fronteggiare il dilagante fenomeno della prostituzione, alcuni sindaci calabresi hanno emesso delle ordinanze per prevenire il “degrado urbano”. «Provvedimenti dettati da una evidente ipocrisia che, comunque, non hanno portato ad alcun risultato concreto. Le ordinanze restrittive - spiegano dal Codacons - hanno soltanto spostato le attività in zone periferiche facendo, addirittura, lievitare i costi. La crisi economica ha portato questo fenomeno verso vette mai toccate. La miseria, la mancanza di risorse, infatti, è il primo motivo che spinge tantissime donne a dedicarsi al lavoro da “marciapiede”. Se poi si pensa alle condizioni di vita in cui sono costrette a vivere migliaia di ragazze, straniere e non, che finiscono nelle mani della criminalità organizzata, viene a galla una realtà da incubo, fatta di sfruttamento, soprusi e umiliazioni, sulle quali preferiamo chiudere gli occhi».

 

La proposta di legge del Codacons

«Anche per questo motivo nonché per l’assoluta mancanza di una regolamentazione, il Codacons ha predisposto una proposta di legge per la tutela dell'esercizio della prostituzione. Il disegno di legge definisce l'esercizio della prostituzione e le modalità in cui può essere realizzata, chiarendo i luoghi in cui può essere praticata e l'età minima per i clienti. Nella proposta è previsto un capitolo dedicato alla posizione previdenziale di chi esercita la prostituzione, che potrebbe così pagare le tasse e versare i contributi come un qualsiasi lavoratore in regola. Siamo stanchi di questa ipocrisia tutta italiana - conclude la nota del Codacons - che pur abolendo le case chiuse, finisce per tollerare la prostituzione ma ben si guarda dal regolamentarla. Consentendo, in questo modo, lauti guadagni alla criminalità organizzata ed ignorando lo sfruttamento delle sempre più numerose schiave».

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