Il regista di La mafia uccide solo d’estate: «Per quel film che sfotteva Riina non mi è successo nulla perché lo Stato ha sconfitto quella mafia. Se lo facessi oggi sui clan calabresi di sicuro mi arriverebbe qualcosina…»
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«Il fatto che io sia vivo e non abbia avuto problemi è la dimostrazione che lo Stato ha vinto. Il dramma è che se oggi facessi La ’ndrangheta uccide solo d’estate qualcosina mi arriverebbe di sicuro perché la Calabria è una terra abbandonata da Dio e dallo Stato». Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, è ospite del seguitissimo podcast Tintoria: parla del suo La mafia uccide solo d’estate e di come, in qualche modo, una narrazione che prende in giro Cosa nostra sia stata possibile per una ragione molto semplice: «Lo Stato italiano ha sconfitto la mafia di Totò Riina, anche se restano dei buchi neri: ha dimostrato che quando vuole ce la fa».
La percezione che il regista e scrittore ha della ’Ndrangheta è molto diversa: tutt’altro che sconfitta in una Calabria abbandonata dallo Stato, evoluta in un sistema criminale globale. Mentre lo Stato sconfiggeva Cosa nostra («la mafia di Totò Riina»), la ’Ndrangheta diventava sempre più potente.
Non è che Pif non abbia mai immaginato una reazione delle cosche siciliane rispetto al suo lavoro: «Ho pensato che potesse succedermi qualcosa - spiega a Daniele Tinti e Stefano Rapone, conduttori del podcast - quando ho fatto la serie televisiva di La mafia uccide solo d’estate». Perché? «Perché un conto è un film», prodotto più difficile da intercettare al tempo delle piattaforme, «un conto è che Rai Uno, la televisione delle famiglie italiane, trasmetta la serie sulla mafia in cui prendiamo in giro Totò Riina: quella volta mi sono detto “forse qualcosa succede”». Se invece la sua serie avesse preso in giro i clan calabresi «qualcosina mi arriverebbe di sicuro».
Per Pif, cresciuto a Palermo negli anni delle stragi, «lo Stato italiano ha sconfitto la mafia di Totò Riina, anche se restano dei buchi neri: ha dimostrato che quando vuole ce la fa. Io credo che Matteo Messina Denaro abbia avuto delle coperture ma amo pensare che ci sia una nuova generazione di carabinieri che se arresta Totò Riina entra a casa di Totò Riina, cosa che in passato non è successa».
Nella Calabria «abbandonata da Dio e dallo Stato» invece accadono ancora cose inconcepibili. Il regista lo racconta con un esempio: «Lirio Abbate ha scritto un libro (si riferisce a Fimmine ribelli, dal quale è stato tratto il film di Francesco Costabile Una femmina) in cui ci sono delle storie incredibili: ci sono posti in questo Paese in cui le donne escono per andare a fare la spesa o per andare in chiesta. E basta. Succede adesso, mentre stiamo parlando».
E «ci sono paesini della Calabria in cui non ci sono le elezioni da anni perché nessuno si candida: nel 2025 non è possibile. Perché la ’Ndrangheta ha sfruttato il fatto che tutte le attenzioni fossero concentrate sulla mafia e sulla camorra ed è diventata potentissima».
Così potente che «gli ’ndranghetisti trattano con i narcos messicani direttamente, non hanno bisogno di intermediari, giusto per farvi capire la potenza che hanno raggiunto. E poi trasportano la droga in Nord Europa, dove l’attenzione per gli affari delle mafie è molto più bassa. In Danimarca, per fare un esempio, non hanno idea di come approcciarsi al fenomeno perché per loro è un problema dell’Italia, così come per gli italiani del Nord è un problema del Sud. Invece è un problema di tutti».