Non regge l’accusa per l’ex presidente della Regione Calabria, Giuseppe Chiaravalloti, assolto, unitamente all’ingegnere Antonio Caliò dal processo nato dall’operazione denominata “Poseidone”. Chiaravalloti era accusato del reato di associazione a delinquere e nei suoi confronti il pm Saverio Vertuccio aveva chiesto la condanna a 3 anni e sei mesi. Per Antonio Caliò, che rispondeva del reato di turbata libertà degli incanti, era stato lo stesso pm a chiedere l’assoluzione.

Il Tribunale di Catanzaro ha poi dichiarato il non doversi procedere nei confronti del vibonese Domenico Basile ex assessore regionale all’Ambiente, accusato dei reati di concussione e falso e per il quale il pm aveva chiesto 4 anni di carcere, e nei confronti di Bruno Barbera (già commissario dell’Arpacal, per il quale il pm aveva chiesto 2 anni e 2 mesi per il reato di concussione) . I giudici nei loro confronti hanno riqualificato il reato di concussione in abuso d’ufficio, reato già caduto in prescrizione.

L’inchiesta “Poseidone” della Procura di Catanzaro, avviata dall’ex pm Luigi De Magistris e portata a termine dall’allora procuratore di Catanzaro Giuseppe Borrelli, mirava fra le altre cose a far luce sull’affare della depurazione in Calabria. Domenico Basile era difeso dall'avvocato Domenico Colaci. Impegnati nel collegio di difesa pure gli avvocati: Armando Veneto, Francesco Gambardella, Francesco Scalzi, Aldo Aloi e Antonella Canino.