Chirone, il dottore Franco Tripodi “ambasciatore” dei Piromalli con le cosche vibonesi

I rapporti stretti tra i principali clan delle due province nel racconto dei pentiti Fondacaro e Russo. Il falso ricovero di Mantella all’ospedale di Tropea, l’agguato a Spilinga e le cure del medico al boss Ciccio “tabacco” Mancuso

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di Giuseppe Baglivo
26 marzo 2021
14:45

Ci sono anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, nell’operazione antimafia denominata “Chirone” che martedì hanno portato a diversi arresti a Gioia Tauro che hanno messo in luce gli interessi delle famiglie Tripodi e Piromalli sulla sanità locale. L’inchiesta, inoltre, spiega alcune vicende che hanno interessato l’ospedale di Tropea e, ancora una volta, gli stretti rapporti fra i clan di Gioia Tauro e del Vibonese. Fra i principali indagati (ed arrestati) dell’inchiesta “Chirone” c’è Fabiano Tripodi, 40 anni, che viene ritenuto strettamente collegato clan Piromalli. Medico, Fabiano Tripodi è accusato di essere il regista occulto delle politiche di gestione dell’Asp di Reggio Calabria e segnatamente del Distretto sanitario tirrenico. Fabiano Tripodi è figlio del defunto Franco Tripodi, anche lui medico, sposato con Cettina Piromalli, quest’ultima figlia di Girolamo Piromalli, alias don Mommo, fondatore e capo storico dell’omonimo clan e fra i più importanti – se non il più importante – boss della ‘ndrangheta, deceduto nel 1979. Mommo Piromalli, quindi, era il nonno di Fabiano Tripodi.

Il matrimonio a Vibo e il trasferimento a Tropea

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il legame fra i Tripodi ed i Piromalli nasce con Giuseppe Tripodi (cl. 14), medico curante di Mommo Piromalli. Giuseppe Tripodi ha quattro figli di cui uno, Antonio Tripodi, medico chirurgo, «per anni è responsabile del poliambulatorio dell'Asl di Palmi e poi del poliambulatorio dell'Asp di Reggio Calabria presso il presidio ospedaliero di Gioia Tauro», l’altro figlio – Franco Tripodi – è prima aiuto chirurgo all’ospedale di Gioia Tauro, poi dirigente medico all’ospedale di Tropea.


I due fratelli Antonio e Franco Tripodi «si laureano in medicina il  2 luglio 1979 all'università di Messina, presieduta all'epoca (dal 1975 al 1981) dal professore Salvatore Navarra, fratello di Michele, storico boss della mafia siciliana, vicino – ricostruiscono gli inquirenti - a Girolamo Piromalli, ricoverato nello stesso periodo presso l'ospedale Piemonte, in regime detentivo. Sul punto, il collaboratore di giustizia di Gioia Tauro, Marcello Fondacaro, nell'interrogatorio del 6 dicembre 2017, ha dichiarato: «Ai tempi del ricovero a Messina di Mommo Piromalli, gli studenti universitari Tripodi avevano avuto incarico di occuparsi di lui. I Tripodi si avvantaggiarono di questa «vicinanza» tanto che, grazie a Mommo Piromalli, conseguirono 18 esami in medicina in un solo anno. Mommo Piromalli aveva agganci coi professori universitari, tra cui il professore Navarra».

È invece il 22 marzo 1980 quando all’hotel 501 di Vibo Valentia si sposano Franco Tripodi e Concetta Piromalli, figlia di Girolamo (don Mommo) Piromalli. Sempre il collaboratore di giustizia Marcello Fondacaro ha in merito raccontato: «Io fui invitato al matrimonio tra Franco Tripodi e Cettina Piromalli che si svolse presso l'hotel 501 di Vibo. Presero parte mille invitati e a tutti gli invitati fu chiesto come regalo un'offerta in denaro. Furono date addirittura indicazioni in ordine alla somma da versare. Era nei fatti una tangente».

Il resto della storia lo racconta, invece, il collaboratore di giustizia Antonio Russo di Gioia Tauro nell’interrogatorio del 9 giugno 2018. «Voglio ribadire che i Tripodi, Fabiano, Antonio e il padre Francesco sono espressione dei Piromalli. Franco Tripodi è anche in rapporti con i Grandi Aracri di Cutro. I Tripodi "tengono in pugno" la sanità a Gioia Tauro. Franco Tripodi era una sorta di mio "supervisore". Voleva conoscere il settore delle mie truffe, se gli andava a genio, mi finanziava altrimenti si limitava a comprare la merce provento di truffa. Franco Tripodi è genero di don Mommo Piromalli. Ebbe un contrasto con il dr Ioculano e dovette trasferirsi a Tropea. I Tripodi sono i Piromalli, sono un altro Stato – ha fatto mettere a verbale il collaboratore – e hanno legami con le cosche del Vibonese e di tutta Italia. Fabiano Tripodi mi parlava molto bene dei La Rosa di Tropea».

La mediazione con i vibonesi per l’acquisto di un’auto

È sempre il collaboratore Antonio Russo a svelare altri rapporti fra i Tripodi ed esponenti dei clan vibonesi con Antonio Cuppari (cl. ’39) di Panaia di Spilinga, condannato in via definitiva a 9 anni di reclusione per associazione mafiosa nel 2017 al termine dell’operazione “Crimine” della Dda di Reggio Calabria. «Antonio Tripodi venne in compagnia di uno ‘ndranghetista, tale 'Ntoni Cuppari, per recuperare un credito che Cento Domenico Rocco doveva ai Cuppari. Cento aveva comprato una macchina da un nipote di Cuppari e non l'aveva pagato. Il dr Antonio Tripodi mi impose nella qualità di "ministro della famiglia Piromalli" di dare diecimila euro che io per la complicità nelle truffe del Cento avrei dovuto corrispondere a questo Cuppari. Cosa che io regolarmente feci, pagando il Cuppari in contanti. Mi recai infatti ad un distributore di carburanti a Zambrone, o una località limitrofa, ove presi appuntamento con Cuppari e il nipote per la consegna dei soldi. Questo fatto è accaduto nell'anno 2008. Cuppari era persona anziana, alta e robusta. Mi pare sia stato arrestato nel procedimento Crimine con Cento Domenico Rocco. Cito l'episodio per far comprendere che i Tripodi erano referenti della ‘ndrangheta gioiese – i Piromalli -  anche per le cosche del Vibonese».

I rapporti con i Mancuso e le mediazioni nel Vibonese

In ordine, invece, ai rapporti con i Mancuso di Limbadi, negli atti dell’inchiesta gli inquirenti evidenziano che «Antonio Tripodi ha rapporti con esponenti della cosca Mancuso, tanto da frequentare stabilmente una proprietà sita in contrada Gurnera di Limbadi, nella disponibilità dei figli del boss Giuseppe Mancuso (cl. '49),  detto ‘Mbrogghia", ed è pienamente operativo nel territorio vibonese, tanto da intervenire in una disputa» sorta nel 2017 tra il titolare di un agriturismo e altro soggetto «per la vendita di una cella frigorifera di materiale scadente, affinché esercitasse pressioni su quest'ultimo per la restituzione del denaro». In altra occasione, invece, Antonio Tripodi – stando agli atti dell’inchiesta – avrebbe mediato nella trattativa (aprile 2017) per la vendita di un terreno a Joppolo, riconducibile a soggetti legati ai Mancuso.

Il collaboratore di giustizia Marcello Fondacaro, medico ed imprenditore di Gioia Tauro, ha inoltre riferito che Antonio Tripodi era il punto di riferimento per chi doveva contattare i fratelli Piromalli, «nonché il rappresentante nell'interlocuzione con la cosca Mancuso di Limbadi», tanto da essere interessato all'acquisto di un terreno del collaboratore, sito a Ricadi, per un'operazione condotta unitamente ai Mancuso.

Andrea Mantella, il dottore Tripodi ed il ricovero a Tropea

«L’appartenenza mafiosa di Franco Tripodi – si legge nell’operazione Chirone – è nota anche alla ‘ndrangheta vibonese, come narrato dal collaboratore di giustizia Andrea Mantella che riferisce della messa a disposizione del medico per consentirne la scarcerazione per incompatibilità delle proprie condizioni di salute con il regime detentivo».

«Conosco il dr Tripodi, primario del reparto di chirurgia dell'ospedale di Tropea, che è uomo dei Piromalli, oltre che esserne parente. Ricordo – ha riferito Mantella – che nello stesso periodo, la Procura di Catanzaro fece ricorso in Cassazione per la mia posizione nell'operazione Goodfellas ove ero stato scarcerato dal Tdl. Io però temevo di essere raggiunto da ordinanza custodiale in carcere anche per quest’operazione, perché era fondata la prospettazione accusatoria. Iniziammo pertanto a "muoverci" sotto il profilo delle certificazioni false per attestare un'incompatibilità con lo stato detentivo inframurario in caso di arresto».

Per “arrivare” al dottore Franco Tripodi, Andrea Mantella si sarebbe servito di Salvatore Tripodi ritenuto elemento di spicco dell’omonimo clan di Portosalvo, e di un imprenditore di Vibo Valentia. «Tripodi Salvatore aveva beneficiato dell'ausilio del dr Tripodi – ha ricordato Mantella – in occasione del ferimento del fratello Antonio Tripodi» che si ritiene essere stato presente durante la sparatoria nel luglio 2003 a Spilinga costata la vita al pluripregiudicato Raffaele Fiamingo di Rombiolo e al boss Francesco Mancuso (alias “Ciccio Tabacco”).  

«La risposta del dr Tripodi fu positiva – ha spiegato Mantella – nel senso che seppi della disponibilità del sanitario nei miei confronti». Mantella che si trovava ricoverato a Cosenza, avrebbe così ricevuto la visita di un urologo del Vibonese che gli avrebbe prescritto un ricovero per una colica renale simulata. «Il sabato mattina mi recai autorizzato a Tropea. Giunto a Tropea – ha raccontato Mantella - feci degli esami di routine, che furono alterati, come alterata fu l’ecografia, perché doveva apparire necessaria la degenza nel reparto di urologia. Tripodi disse: "Non vi preoccupate, per il giorno che scatta l'operazione, lo facciamo trovare ricoverato nel mio reparto, chirurgia, già sottoposto ad un interventino, sicché non possono arrestarlo". Rappresento – ha aggiunto il collaboratore – che il mio piano fallì perché mi venne notificata l'ordinanza di custodia cautelare su ricorso vinto dal pubblico ministero, mentre ancora ero nel reparto di urologia. So che il dr Tripodi si è messo a disposizione in tanti altri casi in favore di `ndranghetisti».

L’agguato a Spilinga, Mantella e il dottore Tripodi

Il collaboratore Andrea Mantella, restando sempre sulla figura del dottore Franco Tripodi, riferisce infine un ulteriore episodio. È la notte del 9 luglio del 2003 ed a Spilinga viene ucciso il boss del Poro, Raffaele Fiamingo, e ferito Ciccio “Tabacco” Mancuso. «Un altro caso in cui il dr Tripodi fu coinvolto è quello che afferisce all'uccisione di Raffaele Fiamingo e al ferimento di Ciccio Mancuso detto "Tabacco" avvenuti a Spilinga. Tripodi si recò a visitare Ciccio Mancuso - che era riuscito a sottrarsi all'agguato ma che non aveva denunciato il fatto - a Vibo Valentia a casa e poi si preoccupò di trovargli una sistemazione in ospedale. Ciò perché Mancuso era in pericolo di vita. Altrimenti – ha concluso Mantella – la disponibilità del dr Tripodi era di visitarlo a prescindere. Insomma medici come Tripodi vengono "usati" per farci uscire dal carcere, grazie a false certificazioni, o se abbiamo necessità durante la latitanza». 

Giornalista
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