’Ndrangheta

Clan degli zingari, la lettera dei detenuti di Torino in favore di Strusciatappine: «Persona disponibile e sensibile»

Con la condanna all'ergastolo a fine novembre è arrivato anche l'isolamento diurno per Antonio Abruzzese, che in carcere si è dedicato ai libri e al teatro

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di Antonio Alizzi
28 gennaio 2024
10:03

Ha deciso di sfruttare il tempo a sua disposizione in carcere immergendosi nella lettura e nello studio. Sebbene il suo destino sia stato segnato dalla condanna all’ergastolo per la strage di via Popilia, il detenuto Antonio Abruzzese, alias “Strusciatappine”, presunto esponente del clan degli “zingari” di Cosenza, a dir la verità ancor prima della sentenza della Cassazione sul duplice omicidio Chiodo-Tucci, si è dedicato in particolare al teatro. Ciò emerge dal carteggio dell’istituto penitenziario “Lorusso e Cotugno” di Torino, dove “Strusciatappine” è recluso.

Di lui si è parlato di recente nel processo ordinario di “Reset”, nella misura in cui la Guardia di Finanza, nel 2018, indagava sui presunti rapporti con un altro appartenente alla ‘ndrangheta cosentina Michele Di Puppo. Lui, però, in carcere fa parlare molto di sé. In positivo.


Con la condanna definitiva al “fine pena mai“, Antonio Abruzzese si è visto recapitare anche un’altra spada di Damocle: l’isolamento diurno per la durata di 18 mesi. Ma i detenuti di Torino, appresa la notizia, in una lettera hanno argomentato il loro rammarico per l’aggravamento della pena.

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