Condanna ridotta in Appello per Ramunni, il “re delle truffe”

Accolto il ricorso dell'avvocato Tuscano anche per il compimputato Giovanni Chiaramonte. Entrambi avevano diversi processi in tutta Italia, fra cui anche Reggio Calabria. Del caso se ne erano occupate anche Le Iene

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di C. M.
29 luglio 2019
20:49

Sono state ridotte le condanne per Stefano Ramunni e Giovanni Chiaramonte entrambi difesi dall’avvocato Fabio Tuscano. Ramunni, indicato come “il re delle truffe”, ha avuto processi in diversi tribunali d’Italia, fra cui anche Reggio Calabria. La Corte d’appello di Venezia, dopo il giudizio in abbreviato, ha condannato Ramunni a 4 anni e 2 mesi di reclusione, mentre per Giovanni Chiaramonte la condanna è stata di due anni e sei mesi, con revoca della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni.

È stato accolto, dunque, l’appello dell’avvocato Tuscano che aveva invocato per i due imputati una mitigazione del trattamento sanzionatorio.


La vicenda del "re delle truffe"

La vicenda dei due ha trovato l’interessamento ed il seguito costante del programma Le Iene in onda su Italia1 che appresa la scarcerazione dal carcere di Treviso con il suo inviato Golia si precipitò immediatamente alla ricerca dei due prima presso la città di Padova e poi infine a Genova ove venivano nuovamente arrestati per non aver osservato il provvedimento del Gip di Treviso che aveva disposto per loro l’obbligo di dimora nel Comune di Milano. L’arresto a Treviso risale allo scorso mese di gennaio allorquando una macchina dei carabinieri di Vedelago insospettita da un auto con due uomini a bordo e con lampeggiante blu di quelli in dotazione alle forze dell’ordine intimò l’alt.

I due passeggeri in abiti molto eleganti qualificatesi come funzionari dello Stato del Vaticano con tanto di tesserino si opponevano decisamente al fermo dicendo ai militari di essere dotati di immunità diplomatica e che non poteva essere fatto nulla contro di loro e di lasciarli andare via. Dai controlli effettuati in caserma all’autovettura venne fuori invece una realtà bene diversa con i due che non erano funzionari della città del Vaticano e nel vano venne trovato un vero e proprio arsenale di documenti contraffatti, di carte di credito intestate ad altri soggetti, di attrezzature per formare documenti. I due venivano quindi associati alla casa circondariale S. Bona di Treviso. Scarcerati raggiungevano la città di Genova ove venivano nuovamente arrestati e associati alla casa circondariale di Genova in attesa del giudizio abbreviato su richiesta di immediato avanzata dalla Procura trevigiana. Venivano raggiunti da ulteriore processo portato avanti dalla Procura di Genova.

 

Giornalista
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