’Ndrangheta in Emilia

Confiscati beni per oltre un milione euro a imprenditore ritenuto vicino alle cosche

Il sequestro di un ingente patrimonio immobiliare e finanziario, riconducibile a un 67enne di origini campane,  è avvenuto tra Bologna e Modena (ASCOLTA L'AUDIO)

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20 maggio 2022
08:35

I finanzieri di Bologna hanno eseguito, tra le province di Bologna e Modena, un decreto di confisca definitiva relativo a un ingente patrimonio immobiliare e finanziario, del valore di oltre 1 milione di euro, riconducibile a un imprenditore edile di 67enne di origini campane, residente nel modenese e considerato vicino alla 'ndrangheta.

In particolare, la Cassazione ha definitivamente sequestrato 11 immobili tra Mirandola, Finale Emilia, San Felice sul Panaro (centri del Modenese) e Crevalcore, in provincia di Bologna, 3 partecipazioni societarie e 10 rapporti bancari, tutti riconducibili all’imprenditore. Quest'ultimo è considerato persona "fiscalmente pericolosa” per aver commesso, in maniera sistematica, delitti in ambito economico-finanziario, oltreché vicino a pericolosi clan camorristici campani e a cosche della 'ndrangheta.


La confisca definitiva costituisce l’epilogo di un iter giudiziario attraverso il quale le fiamme gialle di Bologna, su delega della procura della Repubblica di Modena, hanno svolto complesse indagini patrimoniali ai sensi del codice antimafia che hanno evidenziato la marcata sproporzione tra i redditi formalmente riconducibili al principale indagato e al suo nucleo familiare e il patrimonio immobiliare nella sua effettiva disponibilità.

In questo ambito, il tribunale di Modena aveva già accolto, nel 2017, la proposta di un sequestro di prevenzione di quei beni e disposto, nel 2020, la confisca di primo grado. Oggi si è perfezionata l’intera procedura di prevenzione grazie all’esecuzione della confisca definitiva, ultimo grado di giudizio a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione divenuta irrevocabile lo scorso 25 febbraio.

Le indagini di polizia economico-finanziaria, condotte dagli specialisti del nucleo di polizia economico- finanziaria in forza al gruppo investigazione criminalità organizzata, hanno fatto emergere come, attraverso la costituzione di diverse società tutte riconducibili, anche per interposte persone, all’indagato, quest’ultimo abbia tentato di evitare ablazioni patrimoniali che sarebbero scattate attraverso l’applicazione del “Codice Antimafia”. I beni da ultimo confiscati saranno gestiti dall’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati che ne curerà la destinazione e il riutilizzo a fini sociali.

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