Coronavirus: governo Conte pronto alla fase 2. Ma è scontro sulle misure e con i governatori 

La ripartenza si annuncia drammatica. L'esecutivo pronto a varare il nuovo Dpcm, ma ci sono idee diverse su mascherine e autocertificazioni. Trovato l'accordo su industrie e ristoranti. Ma i presidenti di Regione continuano a chiedere più autonomia. L'appello di Franceschini: «Uniti come nel Dopoguerra»

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di Pietro Bellantoni
26 aprile 2020
12:43
Il premier Giuseppe Conte
Il premier Giuseppe Conte

La fase 2 sarà, forse, ancora più dura, sicuramente drammatica. Gli ultimi due mesi – tra migliaia di morti, lockdown e quarantene –, hanno messo a dura prova la tenuta sociale del Paese.

 


È anche a partire da questa considerazione che il governo Conte sta accelerando i tempi per dare concretamente il via alla ripartenza.
«Il lockdown non può essere protratto ancora», continua a ripetere il premier, che tra stasera e domani dovrebbe annunciare le nuove norme sulla scorta dello studio realizzato dalla task force guidata da Vittorio Colao.

 

Non sarà, però, un «liberi tutti». L'emergenza è stata solo ridimensionata, non è finita. Il Coronavirus, fino a quando non sarà trovato un vaccino, continuerà a essere una presenza inquietante nella nostra quotidianità. Il prossimo decreto del governo ne terrà conto, anche perché il rischio è di vanificare i sacrifici fatti finora e di assistere a una nuova impennata dei contagi.

 

Il nuovo Dpcm e le mascherine

A Palazzo Chigi è in corso il lavoro sul nuovo Dpcm che allenterà le norme di contenimento per cittadini e imprese. Dovrebbero riaprire i cantieri (edilizia scolastica, carceraria, dissesto idrogeologico) nonché tutte quelle industrie che rischiano di perdere ampie fette di mercato a causa di un lockdown troppo prolungato.

 

Tuttavia manca ancora un accordo complessivo sul dopo 4 maggio. A dividere il Consiglio dei ministri è – racconta il Corriere della Sera –, anche la nuova organizzazione del trasporto pubblico e, in particolare, la questione delle mascherine obbligatorie.

Gli esperti chiedono che tutti i passeggeri coprano naso e bocca, anche con dispositivi non professionali (come le mascherine di stoffa), ma il governo per ora tentenna.

 

Trasporti a parte, l'esecutivo avrebbe già deciso di non imporre l'obbligatorietà totale: le mascherine si dovranno indossare quando non sarà possibile mantenere le distanze richieste e in quelle circostanze in cui il rischio contagio è più alto.

 

Incertezza sulle altre misure

 

Le autocertificazioni sono un altro nodo da sciogliere. I rigoristi, come i ministri Speranza e Boccia, vorrebbero mantenerne l'obbligo, ma è possibile che alla fine prevalga una linea più morbida e che l'uso sia limitato ad alcuni casi particolari.

Quanto agli spostamenti, dovrebbe essere garantita la possibilità di incontrare familiari e amici senza dover avere una giustificazione, ma sempre mantenendo le distanze di sicurezza.

Come già spiegato, sarà possibile muoversi all'interno della propria regione di residenza e in futuro, se i dati resteranno incoraggianti, anche raggiungere quelle limitrofe.

Le distanze e il mare

Altro argomento discusso è quello della prossimità tra persone. Il governo sta valutando l'ipotesi di imporre un distanziamento di almeno due metri per gli over 60, così come richiesto da alcuni esperti.

E mentre, da ieri, per chi vive nelle località di mare è consentito fare il bagno, resta confermato che ristoranti e bar riapriranno i battenti solo dopo il 18 maggio.

Il confronto con le Regioni

Conte sa bene quanto sia delicata questa fase e ha bisogno della collaborazione di tutti gli apparati periferici. Finora il rapporto tra lo Stato centrale e le Regioni è stato molto complicato, anche a causa di quel «federalismo virale», come è stato definito, che ha spinto molti governatori a diramare decreti e ordinanza talvolta non perfettamente in linea con le disposizioni centrali.

 

La voglia di smarcarsi dal governo è ancora forte e il premier fa fatica a contenerla. Proprio oggi il presidente della Liguria Giovanni Toti, in un'intervista a La Stampa, dopo aver invocato un calendario lungo per la ripartenza, è tornato a chiedere più libertà per le regioni e «autonomia rispetto alla possibilità di applicare le linea guida nazionali, sulla base delle esigenze dei singoli territori. La Liguria non è l'Emilia o il Lazio: abbiamo modelli sociali, economici e persino spazi diversi».

La cabina di regia

Conte, dunque, dovrà giocoforza dedicare tempo al confronto con le Regioni, anche per evitare nuovi strappi dei governatori. Oggi pomeriggio, o comunque nelle prossime ore, dovrebbe riunirsi la cabina di regia che include presidenti e sindaci per fare il punto della situazione.

 

L'esecutivo giallorosso tenterà fino all'ultimo di perseguire un nuovo clima di unità nazionale, come auspicato dal ministro Dario Franceschini nell'intervista concessa a Repubblica: «Questa seconda fase sarà ancora più difficile, perché emergeranno i problemi in tutta la loro forza: la tenuta economica del Paese, quella sociale».

Ecco perché serve lo stesso spirito del secondo Dopoguerra: «O si innesca un meccanismo virtuoso e quindi emerge lo stesso clima della ricostruzione post-bellica, oppure il Paese si divide e parte il pericolosissimo meccanismo del tutti contro tutti. Regioni contro Stato, opposizione contro maggioranza, Confindustria contro sindacati, Sud contro Nord e il Paese rischia di disgregarsi e perdersi».

bellantoni@lactv.it 

Giornalista
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