Toghe sporche, il commercialista Schiavone passa ai domiciliari

Il professionista cosentino rimasto coinvolto nell’ambito dell’inchiesta Genesi lascia il carcere. Avrebbe agito per corrompere l'ex giudice Petrini

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20 luglio 2020
20:33
Il giudice Petrini arrestato nell’inchiesta Genesi
Il giudice Petrini arrestato nell’inchiesta Genesi

Il Tribunale del Riesame di Salerno ha riformato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del commercialista Claudio Schiavone e ha ordinato la custodia cautelare ai domiciliari. È stata così parzialmente accolta l'istanza presentata dagli avvocati Carmine Curatolo e Sabrina Mannarino che difendono Schiavone dall'accusa di corruzione in atti giudiziari nell'ambito dell'inchiesta "Genesi" incentrata sulla contestazione di una serie di vicende di corruzione.

 


Protagonista della vicenda è il giudice Marco Petrini - anch'egli attualmente ai domiciliari in un convento di Decollatura - che si sarebbe fatto corrompere da una diversi coindagati (avvocati, imputati, aspiranti avvocati, politici, figure di raccordo tra corruttori e corrotto) in cambio di denaro, derrate alimentari, prestazioni sessuali, regali preziosi, viaggi. Il 25 giugno scorso il commercialista cosentino (che lavorava anche come consulente tecnico d'ufficio) è stato arrestato dal Nucleo di Polizia Economica-Finanziaria della Guardia di Finanza di Crotone, in collaborazione con lo Scico di Roma, con l'accusa di corruzione in atti giudiziari con l'aggravante del metodo mafioso.

 

Per l'accusa, Schiavone, insieme ad altri soggetti, avrebbe agito per corrompere l'ex presidente della seconda sezione della Corte d'Appello di Catanzaro Marco Petrini, arrestato il 15 gennaio scorso, allo scopo di ottenere una sentenza favorevole alla restituzione dell'ingente patrimonio sequestrato nel 2018 nei confronti di Antonio Saraco e dei suoi familiari. Quest'ultimo era stato arrestato nell'ambito dell'inchiesta condotta dalla Dda di Catanzaro denominata "Itaca Free Boat", con l'accusa di fare parte della consorteria di 'ndrangheta denominata "Gallace-Gallelli-Saraco". L'arresto era stato ordinato dal gip di Salerno, su richiesta della Procura campana, perché si riteneva sussistente il percolo di reiterazione del reato e inquinamento probatorio. 

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