Crotone, frane a Capo Colonna: resti archeologici a rischio

VIDEO | Il maltempo delle scorse settimane ha accelerato movimenti franosi già in atto. Sorgiovanni: «Intervenire subito con la messa in sicurezza della costa e dei reperti». Osservata speciale la colonna del tempio di Hera Lacinia

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di Francesca Caiazzo
20 dicembre 2020
13:45

Il cancello dell’ingresso pedonale che conduce al Parco Archeologico di Capo Colonna è chiuso, causa Covid. Una parte dei reperti è visibile attraverso le grate che recintano l’area, la colonna del tempio di Hera Lacinia si intravede in lontananza, percorrendo la stradina che conduce al piccolo santuario mariano. Un angolo di storia, mito e fede che si affaccia sullo jonio, offrendo una vista privilegiata su Crotone. Un luogo molto caro ai crotonesi, che subsidenza e maltempo mettono a rischio.

Resti archeologici a rischio

Gli eventi alluvionali del 21 e 22 novembre scorsi hanno accelerato alcuni movimenti franosi sulla costa, minacciando i resti archeologici lungo la parete costiera e, soprattutto, quelli alle spalle della chiesetta. La constatazione del rischio è stata fatta durante un sopralluogo il 10 dicembre scorso, a cui hanno partecipato Mibact, Regione Calabria, Comune di Crotone, Protezione Civile ed Eni, le cui piattaforme per l’estrazione del metano sono a poche miglia dal promontorio.


«Abbiamo rilevato problemi di dissesto idrogeologico – spiega l’assessore comunale all’Urbanistica, Ilario Sorgiovanni - e, a seguito dell’alluvione, si sono verificati anche crolli della falesia. Bisogna intervenire con urgenza nell’area Sud-Est, in adiacenza alla strada comunale che conduce al santuario mariano». Piuttosto critica è la situazione dietro al santuario, dove insistono dei resti particolarmente fragili perché «sono strutture scoperte, sono pensili sul promontorio e vanno messe subito in sicurezza».

Proteggere le pareti costiere

Preoccupano le frane sulle pareti costiere: «Ci sono delle fratture verticali della calcarenite con fronti da 5 a 15 metri: si staccano fette di territorio. Teniamo conto che sotto c’è argilla, facilmente solubile, quindi con l’effetto dell’acqua si creano azioni di scalzamento del piede della calcarenite e per gravità questi massi si staccano, perdendo l’appoggio».

Sorgiovanni ritiene che la messa in sicurezza si possa eseguire con la realizzazione di «barriere radenti con massi naturali di una certa entità, in modo tale da creare un appoggio e un sostegno alle pareti, limitando così l’effetto erosivo delle onde, accentuato dagli eventi meteorologici intensi».

La colonna è monitorata

Per quanto riguarda, invece, la stabilità della colonna, emblema del parco e del promontorio e unica superstite dell’antico tempio di Hera Lacinia, l’assessore spiega che «non si è spostata in modo evidente. Dobbiamo pensare che spostamenti di frazioni di millimetro sono normali per quell’altezza, dovuti alle condizioni naturali in cui la colonna si trova».

Ciò non toglie che la situazione vada comunque tenuta sotto controllo: «La colonna è monitorata attraverso dei distanzionometri che verificano i movimenti orizzontali che subisce». Qualche dissesto è stato rilevato però sulla base fondale: «Sono movimenti lenti dovuti all’azione di spostamenti dell’intero promontorio dovute a faglie e fratture di cui abbiamo conoscenza già da tempo».

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