Narcotraffico

Crypto, al Porto di Gioia Tauro la droga estratta a bordo delle navi senza scaricare i contanier

I dettagli del modus operandi contenuti in una intercettazione. Lo stupefacente veniva riposto in borsoni da una squadra complice dei narcotrafficanti che pretendeva il 20-25% del carico

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di Consolato Minniti
14 settembre 2021
17:19

La droga? Non serve più farla scendere dalle navi, la si può estrarre direttamente a bordo dai container. È un dettaglio di rilievo quello che emerge dall’inchiesta “Crypto” che ha portato all’arresto di 57 persone accusate, a vario titolo, di narcotraffico internazionale. L’episodio emerge dalle carte dell’indagine e riguarda la conversazione fra due indagati: Nicola Certo e Alex Alcantara.

Il carico di cocaina a Gioia Tauro

L’oggetto è la pianificazione di un carico di cocaina da importare. Certo, annotano gli investigatori, spiega di avere delle conoscenze utili ad estrarre lo stupefacente dal container, direttamente a bordo della nave, senza essere scaricato a Gioia Tauro. L’aspetto importante è riuscire a caricare in origine il container nella seconda o terza baia dell’imbarcazione, in posizione centrale rispetto alla lunghezza del natante, così – complice la scarsa o inesistente illuminazione, si può effettuare la cosiddetta operazione “rip off”. Il container, però, deve trovarsi al primo o massimo al secondo piano della fila.


Le intercettazione degli indagati nell’inchiesta Crypto

L’attività, delicata e piena di rischi, non è gratuita. Anzi. Nicola Certo spiega al socio in affari che il compenso dovuto alla squadra incaricata di portare a termine l’operazione è pari al 20-25% del quantitativo di stupefacente importato. I due si mettono d’accordo per tornare in contatto non appena tutto sarebbe stato pronto per l’operazione e portare così il denaro necessario in Germania, Spagna o Olanda.

Di seguito la conversazione integrale in cui Certo spiega il modus operandi

Certo: «Allora, faccio un attimo un disegno e poi ci facciamo una passeggiata ... - incompr. - ... quando sei là ... deve essere a forza fatto così ... perché se no ... - incompr. - ... il lavoro loro non lo possono fare ... perché devono fare così ... là ci deve essere una ... - incompr. - ... sulla nave, giusto? ... questa è la prua, davanti ... poi c'è ... loro chiamano «prima baia» ... guarda qua ... che sarebbe il centrale così ... e questi qua sono i contenitori, okay? ... seconda baia e terza baia ... mo lui mi dice, questo qua della squadra, guarda qua ... mi dice ... siccome qua c'è il faro ... okay? Che c'è quella cosa ... la roba non la devono mettere nella prima baia ... la devono mettere o nella seconda o nella terza baia ... poi vedi qua, c'è ... per sapere dove passano loro ... e mi ha detto ... la devono fare nel mezzo ... centrale ... la roba ... o nella seconda baia o nella terza baia, centrale ... i contenitori centrali ... o il primo piano o massimo il seco ... massimo il secondo ... perché devono lavorare con la ... poi ... perché poi il terzo è alto ... allora se no ... loro dicono così, va ... e loro si prendono il venti per cento ... il venticinque per cento si prendono  ... per fare il lavoro ... OMISSIS …loro sotto una volta facevano il lavoro ... siccome ora è troppo controllato dalla Finanza ... troppa roba è andata ... - incompr. - ... che fanno ... loro salgono ... si fanno il lavoro là ... e ce la tolgono al cento per cento ... OMISSIS … guarda che deve fare ... me l'ha detto lui ... deve essere un contenitore che a Gioia Tauro non deve scendere per niente ... a terra ... deve stare sulla nave ... ad esempio arriva la nave ... la Finanza si prende ad esempio i contenitori che scendono qua ... o quelli che vogliono loro ... questo contenitore qua deve essere solo in transito, senza  ... metterlo a terra ... deve essere sulla nave ... OMISSIS … perché per esempio, no ... se loro ... il contenitore possibilmente ... - incompr. - ... per il porto di Genova, per esempio, no? Deve scaricare a Genova ... però la prima tappa che fa, per esempio, che fa qua nel Mediterraneo è Gioia Tauro ... è diretto a Genova ... che la ditta ... di pelle ... lo ritira a Genova e la nave si ferma qua ... dopo due giorni riparte per andare a Genova a scaricare il container di pelle ... loro lo fanno subito ... - incompr. - ... mi ha detto così ... Alex, loro ... però mi ha detto ... - incompr. - ... prima mi ha detto ... per cento ... però poi mi ha detto ... meno ... - incompr. - ... di cinquanta chili ... perché loro che fanno? Siccome la devono scendere loro con i borsoni ... di venticinque chili ... poi hanno un mezzo ... con il posto ... e dal porto per tirarla fuori ... hanno un posto ...».

Le strategie per eludere i controlli al porto di Gioia Tauro

In sostanza, dunque, con un tale modus operandi si tentava di bypassare anche i controlli che solitamente vengono compiuti sui container che sono “lavorati” a Gioia Tauro. Le verifiche effettuate dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli avevano indotto i presunti narcotrafficanti ad escogitare questo ulteriore metodo – il rip off – che sarebbe però stato possibile solo ad una condizione: la complicità di una squadra di operai pronta ad intervenire all’interno dell’hub, nel momento in cui c’era da lavorare su una nave. Tale squadra – non è ipotizzabile ovviamente che possa essere una persona soltanto – avrebbe compiuto le attività di estrazione della sostanza stupefacente mettendola all’interno di borsoni di 25 chilogrammi ciascuno, potendo contare poi su un posto utile a poterla poi trasportare fuori dal porto.

Attività sicuramente ingegnosa, quella raccontata da Nicola Certo, ma che fa comprendere come le indagini ora potrebbero anche allargarsi alle ulteriori complicità. Perché se quel meccanismo di smistamento della droga ha funzionato per diverso tempo, è perché qualcuno – dall’interno – lo ha favorito in modo determinante. E non è detto che gli sviluppi ulteriori delle indagini della Dda non possano svelare chi siano le persone in questione.

 

Giornalista
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