Dalle dichiarazioni dei pentiti e dalle indagini della Dda reggina emergerebbe la figura inquietante dell'uomo di fiducia del superboss di Gioia Tauro, anello di congiunzione tra uomini delle istituzioni, ambienti massonici e clan
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Manipolatore, personaggio che si muove dietro le quinte, una sorta diplomatico della ‘ndrangheta capace di intessere rapporti nel mondo delle professioni, con le forze dell’ordine e i servizi segreti. Un patrimonio di contatti e amicizie messe al servizio di uno dei boss più influenti della 'ndrangheta.
Dalle carte dell’inchiesta Mala pigna, coordinata dalla Distrettuale antimafia di Reggio Calabria, spicca la figura di Rocco Delfino detto “u Rizzu”. Il 59enne di Gioia Tauro, dopo gli arresti dei vertici della potente cosca Piromalli, sarebbe divenuto uomo di fiducia del boss Giuseppe Piromalli detto “Pino facciazza” e di suo figlio Antonio, dopo avere gravitato per anni nel clan Molè, "pulendo" i soldi sporchi della cosca grazie alle sue aziende.
Dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, confluite nelle carte dell’inchiesta eseguita ieri mattina dai carabinieri, emergerebbe un quadro inquietante, che colloca Rocco Delfino come anello di congiunzione tra soggetti delle forze di polizia, servizi segreti, ambienti massonici e numerosi professionisti (avvocati, commercialisti, amministratori giudiziari), asserviti alle sue esigenze.
Il diplomatico dei Piromalli
«L'attività di indagine – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare - effettuata dai carabinieri del Nipaaf di Reggio Calabria con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ha consentito di acquisire elementi fondamentali in merito all'attuale inserimento di Rocco Delfino all’interno della cosca di ‘ndrangheta dei Piromalli di Gioia Tauro, quale capo e promotore unitariamente ad altro soggetto di spessore criminale “nobile” quale Domenico Cangemi.
Occorre precisare, in sintesi, che i ruoli svolti da Rocco Delfino alias "U rizzu" e Mimmo Cangemi…sono assolutamente complementari in quanto mentre Delfino rappresenta la sfera degli interessi patrimoniali della cosca nei settori più disparati tra cui la vendita dei rottami metallici, ma anche speculazioni immobiliari, usura ed altro, Cangemi invece costituisce un passe-partout per poter interloquire con i vertici delle consorterie criminali con rango paritario».
In particolare, secondo gli inquirenti, Domenico Cangemi rappresenta «il braccio armato ed operativo della cosca dei Piromalli, mentre Rocco Delfino è esponente di una tipologia di mafioso che tiene rapporti con ambienti “trasversali” non solo legati alle altre cosche di 'ndrangheta, della camorra napoletana e di cosa nostra siciliana ma anche con appartenenti a settori delle istituzioni "deviate" come esponenti delle forze dell'ordine, professionisti ed amministratori giudiziari».
Il carisma delinquenziale di Rocco Delfino, si legge negli atti di indagine, «è tale che, come emerso non solo dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ma anche dalle attività tecniche effettuate dai carabinieri del Nipaaf di Reggio Calabria, ha avuto negli anni ed ha tuttora estrema facilità a reperire professionisti asserviti alle proprie esigenze, a seconda dei casi…Nell'ambito del novero degli avvocati, Delfino è strettamente collegato con un ex parlamentare ossia l'avocato Giancarlo Pittelli che lo riconosce quale esponente attualmente di fiducia di Pino Piromalli e del figlio Antonio Piromalli e che funge da “consigliore” per diverse necessità della famiglia dei Piromalli, nonché da tramite tra i capi della cosca dei Piromalli detenuti e lo stesso Rocco Delfino».
«La rete dei rapporti instaurata negli anni dall'avvocato Giancarlo Pittelli con ambienti della massoneria – scrivono i magistrati - nella sua componente segreta ed apicale a totale beneficio di Luigi Mancuso, capo indiscusso delta cosca di 'ndrangheta dei Mancuso e degli altri affiliati, ha determinato che lo stesso Pittelli, per volontà dei Piromalli, sia entrato in strettissimi rapporti con Rocco Delfino nei confronti dei quale si e attivato per risolvere le questioni giudiziarie ed amministrative che avevano coinvolto le società a lui riconducibili».
L’uomo ombra dei Piromalli e i servizi segreti
Nel corso della collaborazione, il pentito Cosimo Virgiglio dichiara che «Rocco Delfino avrebbe intrattenuto rapporti anche con i servizi segreti, individuando nello specifico un soggetto cosi descritto: “…era un capitano della guardia di finanza che lui...era un certo Venanzio...secco secco...che io conoscevo benissimo, perché me l'aveva presentato V. qui, di Roma [...]"».
I carabinieri hanno cercato riscontro alle dichiarazioni del pentito di Rosarno (ex imprenditore, amico intimo del boss Rocco Molè e massone di lungo corso) e pare ci siano riusciti: «Da notizie ottenute da fonti aperte si apprendeva l'effettiva esistenza di tale V., tenente colonnello comandante del Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza di Roma; trattasi verosimilmente del militare citato dal Virgiglio». Per quanto riguarda l’altro militare citato dal collaboratore, gli investigatori credono si tratti «di Giacomo Venanzio».
Utile riscontro dei collegamenti tra Rocco Delfino ed i servizi segreti è fornito anche da altri due dai collaboratori di giustizia di Gioia Tauro: Antonio Russo e Marcello Filoreto Fondacaro: «Quest'ultimo – scrivono gli inquirenti - nel corso dell’interrogatorio reso il 6 dicembre 2018, afferma a proposito di Rocco Delfino: “Si anche con i servizi segreti lui vantava di avere questi rapporti con i servizi segreti ed e proprio nel 2011, si tra il 2010 e il 2011 io vengo fermato a Roma; vengo avvicinato da due soggetti che dicevano di appartenere ai servizi segreti…Un certo Guido e un certo Paolo… mi iniziarono a parlare di Rocco Delfino mi dissero di evitare» di denunciare «le azioni estorsive ed usuraie perpetrate Rocco Delfino e dai suoi "compari" Gioacchino e Armando Raso». In cambio Fondacario sarebbe stato "liberato" dai debiti ancora pendenti nei loro confronti.
Fondacaro afferma di «essere stato invitato in una caserma militare sita nella capitale, alle spalle di piazza dei Re di Roma. L’incontro non fu isolato, tanto che Fondacaro – scrivono i magistrati della Dda reggina - dichiara di aver avuto modo di incontrarli in più occasioni, negli anni 2011-2012. Quanto riferito Fondacaro è verosimile, considerato che in prossimità di piazza dei Re di Roma, a 400 metri circa, lungo la via Etruria di Roma 23 trova sede la Caserma "Goffredo Zignani" e l'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, luogo individuato dall'ex Sisde come sede del suo reparto "Roc».