Domenico Tallini e “l’uomo della pioggia”. Foto di una Calabria maledetta

Il quadro desolante ricostruito dal giudice che ha ordinato l’arresto del presidente del consiglio regionale. Il potente politico catanzarese ed il suo “grande elettore”. Sotto i riflettori del Ros anche le comunali di Catanzaro 2017, le politiche 2018 e le regionali 2020 (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Pietro Comito
20 novembre 2020
08:31
Domenico Tallini
Domenico Tallini

Parole che hanno il fragore di due ceffoni tirati in faccia alla irredimibile classe dirigente calabrese: alla politica collusa che mal celandosi scende a patti con la ‘ndrangheta; all’economia parassitaria di quelle imprese che sanno come entrare nelle stanze dei bottoni della pubblica amministrazione o, in alternativa, sanno come gestirle da remoto; ad un sistema alimentato da spregiudicati compressi, che prevarica, frustra, sfrutta e offende.

Le scrive un giudice. Si chiama Giulio De Gregorio ed è la toga che, accogliendo la richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, ha fatto arrestare - tra gli altri - il presidente del disciolto consiglio regionale Domenico Tallini.

Il magistrato, tra le pieghe della premessa alla sua ordinanza di misure cautelari, tracciando una sintesi della richiesta d’arresto formulata dal pool di Nicola Gratteri, riempie pagine dalla straordinaria potenza narrativa che dovrebbero avere un valore pedagogico assoluto.

Foto di una regione maledetta

Il Consorzio Farma Italia e la collegata Farmaeko, ovvero le due aziende finanziate e tenute in pugno da un gigante della ‘ndrangheta come il clan Grande Aracri di Cutro, nate e subito dopo fallite, diventano così la metafora di un sistema malato, che è la radice della malapianta che ha infestato i palazzi del potere, l’economia e la coscienza sociale di una regione maledetta.

«Tutto ciò avverrà - scrive il gip De Gregorio - perché l’enorme profittabilità prospettata inizialmente non era riferita a particolari capacità imprenditoriali dei criminali che la dovevano governare, ma allo sfruttamento dei contatti con politica ed economia, all’accesso a risorse finanziarie illecite senza dover corrispondere interessi, alla sostanziale irregolarità delle condizioni di lavoro, ai metodi truffaldini di approvvigionamento».

E ancora: «In ultimo, ma certamente di non minore importanza, emergono finalità strategiche diverse da quelle propriamente economiche e che guidano l’azione degli accoscati su due fronti: sia quello dell’aumento del consenso presso altri imprenditori, presso funzionari della pubblica amministrazione e presso politici locali, così instaurando e rafforzando una fitta rete di rapporti con questi soggetti, creandosi un’immagine rispettabile e slegata dalle attività criminali; sia quello del controllo del territorio, perseguendo lo scopo di aumentare la propria influenza nel capoluogo di Regione (Catanzaro), territorio strategico per ogni genere di attività che debba fare i conti con la programmazione politico-amministrativa regionale».


Il perverso abbraccio mafia-politica

Non è semplicemente la sintesi condivisa di ciò che i pm antimafia Domenico Guarascio e Paolo Sirleo e il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla hanno cristallizzato all’esito dell’indagine affidata ai carabinieri, è la fotografia di come va il mondo sulla punta dello Stivale e di ciò che emerge da quasi tutte le inchieste giudiziarie dalle quali affiora il perverso abbraccio tra malavita organizzata, politica ed economia.

In Farmabusiness, il politico è Domenico Tallini. Potentissimo, elettoralmente un’autentica macchina da guerra, che tra i suoi sponsor aveva quel trentanovenne antennista di Sellia Marina, Domenico Scozzafava, dalla «smisurata ambizione», legato a doppio filo ai Grande Aracri, ma anche a Pierino Mellea, il nuovo boss del gruppo dei Gaglianesi. Scozzafava, per la disponibilità di Tallini alla Regione, votava e faceva votare.

E Tallini - dicono i pm che lo accusano ma anche il giudice terzo che lo ha fatto arrestare - per quei voti «appianava ogni asperità» e, quando necessario, «spostava una montagna». 

I voti alle regionali 2020

Poteva, Tallini, non sapere chi fosse Scozzafava? Scrive il giudice De Gregorio: «Ma chi è Scozzafava, l’antennista così vicino ai Gaglianesi che andava in giro a piazzare bottigliette incendiarie e andava in auto assieme all’Opipari (Pancrazio Opipari, indagato, ndr) con una pistola con matricola abrasa, per poter godere di tanta considerazione da un assessore regionale (ed attuale presidente del consiglio regionale)?
La risposta è che Scozzafava è “l’uomo della pioggia” di Tallini, un formidabile portatore di voti».

E lo sarebbe stato anche nelle elezioni comunali di Catanzaro, nel giugno 2017, alle politiche del 2018 e, infine, alle regionali del 26 gennaio 2020. Ciò documentato in una nota informativa del Ros Centrale: «Da segnalare che anche alle ultime regionali di quest’anno, il Tallini, pur essendo un politico di Catanzaro, ha ottenuto 1093 voti a Crotone, 153 voti a Cutro, 166 voti a Isola Capo Rizzuto, 119 voti a Mesoraca, 158 voti a Petilia Policastro, 103 voti a Cirò Marina». 

Quanti Tallini? Quanti Scozzafava?

Tallini è un pezzo da novanta, da anni. Tallini deve saperee non può non sapere. Ma Tallini, in questa indagine, oltre a sapere - sostiene il gip - è soprattutto colui che può. E se - com’è accaduto - c’era la dirigente che faceva storie a rilasciare l’autorizzazione che chiedeva per i suoi amici lanciatisi nel mercato dei farmaci, la faceva sostituire, ridisegnando il settore in base ai suoi desiderata. Un processo, se ci sarà, dirà se i reati contestati dall’accusa sono provati. Sul piano etico, il quadro che affiora anche da quest’inchiesta giudiziaria, è però già desolante. Quanti uomini di potere, in Calabria, agiscono così? E quanti Scozzafava esistono e sono funzionali ad un sistema che strizza l’occhio alla politica, a sua volta allettata dalla prospettiva di ricevere messe di voti, ma si mostra astuta e guardinga, nel non esporsi, nel non compromettersi troppo?

E tra poco si vota…

Sarà pedagogica questa vicenda? Il sacrificio di un politico onesto come Franco Fortugno, purtroppo, è servito a poco alla classe dirigente calabrese. Così come sono serviti a poco gli scandali giudiziari che sono seguiti negli anni successivi: Mimmo Crea, Santi Zappalà, Franco Morelli, Antonio Rappoccio, Antonio Caridi, Alberto Sarra, Sandro Nicolò, Nazzareno Salerno, lo stesso Peppe Scopelliti… Quest’ultima vicenda che riguarda Tallini, insegnerà qualcosa? Tra poco si tornerà al voto: tutto cambierà per non cambiare?

Giornalista
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