Ucciso perché gay e pronto a pentirsi, secondo giorno alla ricerca di Gangitano

I carabinieri del Ros e i vigili del fuoco scavano ancora sulla Sp 15 Vibo-Stefanaconi per ritrovare i resti del  Picciotto, vittima della lupara bianca il 26 gennaio 2002

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di Redazione
12 gennaio 2021
11:30
I carabinieri sulla Vibo-Stefanaconi. Nel riquadro Filippo Gangitano
I carabinieri sulla Vibo-Stefanaconi. Nel riquadro Filippo Gangitano

Secondo giorno di scavi. I carabinieri del Ros, grazie al supporto dei cingolati messi a disposizione dai vigili del fuoco del comando provinciale di Vibo Valentia, continuano negli scavi ai margini della strada provinciale numero 15 che collega Vibo Valentia a Stefanaconi. A breve distanza da quella che un tempo era l’azienda agricola di Andrea Mantella, ex boss emergente e killer della ‘ndrangheta vibonese, gli uomini in mefisto dell’Arma cercano i resti di Filippo Gangitano, alias il Picciotto, scomparso per lupara bianca il 26 gennaio del 2002.

L’omicidio di Gangitano è contestato nell’ambito del filone del maxiprocesso Rinascita Scott che si aprirà il 10 febbraio prossimo davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro. L’indicazione del luogo in cui fu nascosto il cadavere della vittima era stato indicato ai carabinieri del Ros Centrale e al pm antimafia di Catanzaro Anna Maria Frustaci, nel corso di un interrogatorio tenutosi a Roma il 25 ottobre del 2018, proprio da Andrea Mantella che avrebbe avuto un ruolo determinante della pianificazione di un delitto che potrebbe aver avuto un doppio movente: la presunta omosessualità dello stesso Gangitano, non tollerata dal clan Lo Bianco-Barba del quale era un soldato, ed il sospetto, nutrito dai vertici della stessa cosca, che Gangitano potesse collaborare con la giustizia.


Gangitano, cugino peraltro di Andrea Mantella, sarebbe stato attirato in una trappola all’interno dell’azienda agricola lungo la provinciale 15: sarebbe stato invitato a testare una partita di droga, ma al suo arrivo sarebbe stato ucciso a colpi di fucile da Francesco Scrugli, braccio destro dello stesso Mantella, appostato dietro alcune balle di fieno. Il corpo, in seguito, sarebbe stato trascinato dall’altra parte della strada, lungo un sentiero, quindi seppellito sotto terra ma a scarsa profondità. Questo, secondo il racconto del collaboratore di giustizia, avrebbe consentito agli animali selvatici di scavare, riportare alla luce il cadavere del quale poi fecero scempio. I resti straziati furono quindi bruciati assieme ad alcuni copertoni e, poi, nuovamente seppelliti.

Gli scavi del Ros sono complicati stante i diciannove anni trascorsi ma anche a causa delle profonde alterazioni che quella zona ha subito in ragione della costruzione della Tangenziale Est, un’infrastruttura viaria enorme rimasta una eterna incompiuta che ha aggravato la tenuta idrogeologica del suolo.

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