Giovane scomparso in Sila, gli amici: «Amava la vita, non si è suicidato»

Una lettera delle persone vicine a Marco Aidala, il 36enne di Aprigliano di cui si sono perse le tracce da venerdì scorso, cerca di fare luce sulla questione: «La passione per la pesca potrebbe essergli stata fatale»

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di Redazione
6 novembre 2018
15:20
Le ricerche del giovane
Le ricerche del giovane

Proseguono incessanti le ricerche di Marco Aidala, scomparso venerdì scorso nei pressi del Lago Ampollino. Le operazioni sono condotte con estrema accuratezza e professionalità da vari Corpi e Reparti delle forze dell’ordine quali carabinieri, anche forestali, vigili del fuoco, unità cinofile delle Fiamme Gialle e Soccorso Alpino Italiano intervenuti, subito dopo essere stati allertati dai familiari del giovane agronomo, con l’ausilio dei Nuclei Sommozzatori impegnati a scandagliare le acque del grande bacino artificiale in cui potrebbe trovarsi l’ormai esanime Marco.


«Un ragazzo brillante, amante della vita e della natura - scrivono in una nota congiunta colleghi ed amici -, e con una passione smisurata per la pesca. Molto più di un hobby per lui, forse addirittura una “compagna di vita”, che potrebbe però essergli stata fatale per come ipotizzato dagli specialisti al lavoro nel tentativo di ritrovamento del dott. Aidala, che al momento non asseverano l’ipotesi di suicidio ritenuta al contrario la meno probabile nel novero delle piste seguite. Non ci sono infatti elementi univoci a supporto di una morte volontaria, ventilata invece in modo azzardato da taluni organi di stampa locali che sulla base di indizi frammentari e del tutto generici, emersi nelle prime ore successive alla scomparsa di Marco, sono balzati a conclusioni affrettate. E gli stessi amici più stretti di Marco non hanno fatto altro che corroborare lo scetticismo sul punto delle forze dell’ordine, le quali stanno investigando in ogni direzione».



«Fra le valutazioni fatte - sottolineano gli amici -, quella di un malore sopraggiunto dopo un sopralluogo preventivo, nelle rigide acque dell’Ampollino, propedeutico a un’imminente battuta di pesca. Il dott. Aidala, del resto, da provetto nuotatore non era nuovo a immersioni in mare e a bagni nel lago fuori stagione, anche in condizioni climatiche avverse, proprio in ragione dell’amore smisurato per la natura e ogni ambiente acquatico che faceva per così dire parte del suo Dna. Senza contare che Marco conosceva benissimo quei luoghi, in cui aveva campeggiato in numerose occasioni per diversi giorni, finendo forse con fidarsene eccessivamente tanto da restarne vittima».


«Comunque sia - si legge ancora nella nota -, l’aspetto più importante - per come peraltro messo in rilievo a più riprese da un nutrito gruppo di amici carissimi del dott. Aidala che hanno preso parte alle ricerche sin dalla tarda serata di venerdì - è di continuare senza sosta il tentativo di ritrovamento in modo da restituire il corpo del giovane ai genitori. Una madre e un padre esemplari, che trepidano in preda alla disperazione sin dai momenti successivi all’apprendimento della terribile notizia. È da allora che, insieme all’altro figlio Pietro e a tanti parenti molto affettuosamente legati al dott. Aidala, non hanno smesso di assistere alle operazioni di perlustrazione dell’Ampollino condotte dalle forze dell’ordine senza sosta, pure durante il nubifragio e lo stato di allerta-meteo di avantieri. Un comportamento lodevole, che ha esaltato il valore di questi uomini».

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