Gotha, Giuseppe Scopelliti in aula nel processo alla massomafia di Reggio Calabria

L’ex governatore della Calabria, chiamato a testimoniare, ha scelto il silenzio non rispondendo alle domande delle parti, essendo indagato per reato connesso (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Consolato Minniti
18 settembre 2020
11:45
Giuseppe Scopelliti
Giuseppe Scopelliti

È durata poco più di tre minuti la presenza in aula dell’ex governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti al processo “Gotha”. Chiamato a testimoniare dalle difese di Amedeo Canale e Antonio Caridi, Scopelliti si è avvalso della facoltà di non rispondere, in quanto qualificato come indagato per reato connesso. Una qualifica che consente al teste di poter scegliere di rimanere in silenzio.

Una decisione che appare più come una strategia difensiva, in considerazione del fatto che, all’epoca dell’inchiesta “Mammasantissima”, Scopelliti fu oggetto di una perquisizione disposta dalla Dda di Reggio Calabria, che, anche in tempi più recenti, ha confermato come l’ex governatore sia sotto indagine. Una scelta abbastanza scontata, dunque, quella di Scopelliti e del suo difensore Aldo Labate.

Scopelliti, per la prima volta dopo l’esito del processo per il “caso Fallara”, è entrato in un’aula di tribunale. Volto tirato, occhiali da sole a coprire parte del viso, l’ex sindaco di Reggio Calabria è apparso abbastanza sereno nel momento in cui si è seduto al banco dei testimoni. Con voce molto flebile ha riferito della sua scelta di avvalersi della facoltà di non rispondere, per poi lasciare il banco e guadagnare l’uscita.

Nessuna testimonianza, dunque, per Scopelliti che, come si ricorderà, sta ancora scontando la condanna a 4 anni e 7 mesi di reclusione, per i reati di abuso d’ufficio e falso nell’inchiesta che ha certificato la falsificazione dei bilanci del Comune di Reggio Calabria, nel periodo in cui lo stesso fu sindaco nonché le autoliquidazioni che l’ex dirigente Orsola Fallara si fece e delle quali Scopelliti era consapevole.

Il processo è poi proseguito con una breve testimonianza dell’ex comandante della polizia locale di Reggio Calabria, Alfredo Priolo, il quale – chiamato dalla difesa di Canale – ha ribadito come il modus operandi era quello di accogliere tutti coloro che chiedevano di poter parlare con lui, senza alcuna differenza fra assessori e cittadini, pur creando «una barriera con la politica, per preservare il mio ruolo», ha rimarcato Canale.

Giornalista
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