Waterfront, il ruolo della società di Furgiuele nel sistema Piromalli per pilotare gli appalti

La società Terina, di cui il deputato leghista era socio di maggioranza e amministratore, compare in due appalti aggiustati e anche negli appunti di chi per il clan si occupava di aggiustarli e con largo anticipo era in grado di conoscere offerte e ribassi di imprese con cui nulla aveva a che fare

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di Alessia Candito
28 maggio 2020
19:23
Domenico Furgiuele
Domenico Furgiuele

Nella Piana di Gioia Tauro c’era un sistema «sostenuto da un collante composito fatto di imposizione ‘ndranghetistica e collusione» che ha permesso al clan Piromalli di controllare tramite i propri uomini tutte le gare pubbliche bandite fra il 2007 e il 2016. E di quel sistema la Terina srl del deputato Domenico Furgiuele era parte integrante. I magistrati della procura antimafia di Reggio Calabria ne sono certi e la Guardia di Finanza ha trovato le prove, tanto che inizialmente per lui i magistrati avevano chiesto addirittura gli arresti domiciliari.

 

La Procura: domiciliari per Furgiuele

Una richiesta poi gradata, probabilmente alla luce del tempo trascorso dall’ultimo reato accertato, in divieto di esercitare l’attività imprenditoriale per 12 mesi, insieme al «sequestro preventivo di tutti i conti correnti, libretti di deposito al portatore e/o nominativi, contratti di acquisto di titoli di Stato, azioni, obbligazioni, certificati di deposito, assicurazioni, intestati presso istituti di credito pubblici o privati, casse rurali, direzioni provinciali P.T., società assicurative, finanziarie o fiduciarie, società di intermediazione mobiliare, con importo superiore a € 3.000, e delle quote di partecipazione sociali intestati alle predette persone fisiche».


 

Niente esigenze cautelari

A “salvare” Furgiuele, l’ultima informativa – depositata in pieno periodo di lockdown – con cui gli investigatori della Guardia di Finanza hanno fatto sapere alla procura che il deputato dal 2018 si era disfatto di quote e incarichi. Traduzione, senza un ruolo societario, non c’è possibilità che possa tornare a commettere il medesimo reato, dunque vengono meno i presupposti per una misura cautelare. Ma le accuse di turbativa d’asta per due distinte gare finite nel mirino degli investigatori rimangono in piedi e Furgiuele è regolarmente iscritto nel registro degli indagati.

 

Il sistema per addomesticare gli appalti

A metterlo nei guai, Giorgio Morabito, imprenditore colluso e procuratore speciale delle ditte romane e siciliane appartenenti al cartello, ma soprattutto uno di quelli cui i Piromalli avevano demandato il compito di apparecchiare le gare. Il vincitore veniva deciso a monte, grazie ad offerte che spesso Morabito (o chi per lui) si occupava di compilare e persino di spedire. Ovviamente con la certezza che all’apertura delle buste, proprio quelle sarebbero risultate le migliori perché, grazie alla complicità delle altre imprese del cartello, l’uomo dei Piromalli conosceva in anticipo tutte le altre offerte.

 

La Terina di Furgiuele parte del sistema

Concorrenti solo sulla carta e perfettamente integrate nel sistema, le altre ditte servivano a garantire una parvenza di liceità alle gare e a simulare una reale competizione, in attesa dell’appalto che avrebbe assicurato anche a loro una fetta di torta. Insomma, era tutta una sceneggiata, con la regia degli uomini dei Piromalli. E la Terina era uno degli attori del cast.

 

Vecchi guai, vecchi imbarazzi

Una società che già in passato aveva procurato imbarazzi e grattacapi, quanto meno mediatici, al deputato Domenico Furgiuele perché fin troppo limitrofa alla galassia societaria del suocero, Salvatore Mazzei, finito in carcere per estorsione e destinatario di un sequestro antimafia. Guai di cui “il re della Salerno – Reggio Calabria” sentiva puzza già nel 2010, quando la Terina di Furgiuele è stata costituita.

 

Mazzei e Furgiuele

A detenerne le quote all’epoca erano il deputato leghista, per il 20%, e la cognata Maria Concetta Mazzei, per il restante 80%, mentre l’indirizzo della sede sociale era esattamente identico non solo a quello di molte ditte direttamente o indirettamente riconducibili al “re dell’autostrada”, ma anche a quello di residenza del patron. Per i primi mesi, la società beccheggia senza far granché. A novembre 2010 invece, tutto cambia.Cinque giorni dopo la notifica della sorveglianza speciale all’imprenditore Salvatore Mazzei, grazie ad un affitto di ramo d’azienda, la Terina di Furgiuele ottiene dalla Co.ge.ma, uno dei pilastri dell’impero societario del suocero, «tutte le commesse, pubbliche e private, attive al momento della cessione» e persino le attrezzature.

 

Casa e bottega

Passano gli anni e aumentano i guai per Salvatore Mazzei, mentre la Terina lavora e la posizione di Furgiuele al suo interno cambia. Nel gennaio 2015 il deputato leghista diventa socio di maggioranza della società, di cui non solo è amministratore, ma che nel frattempo si è anche “trasferita” a casa sua. Nel gennaio 2011, la sede sociale viene spostata nello stesso palazzo di proprietà della moglie di Furgiuele, Stefania Mazzei, in cui lui stesso risulta domiciliato.

 

Imprenditoria di famiglia

Ma quando le politiche gli regalano un forse inaspettato posto alla Camera, l’esponente leghista sembra avere una certa fretta di disfarsi della società e dei suoi affari. Abbandona quote e incarichi, lo stesso fa la cognata, ma gli affari rimangono in famiglia. A incamerare tutto è la Proelia, l’ennesima neonata società di casa Mazzei, in mano al cognato di Furgiuele, Armando Mazzei e alla moglie. E con la Terina sono in linea di continuità. Non a caso la Guardia di Finanza nello schema riassuntivo inserito nell’informativa le mette in relazione. Così come non hanno difficoltà a ricondurre la Terina alla dicitura “Mazzei” trovata fra carte e schemi sequestrati a Morabito.

 

I due appalti in cui è inciampata la Terina

Il regista degli appalti per conto dei Piromalli era un tipo metodico. E assai ordinato. Tra computer e hard-disk, i militari della Guardia di Finanza hanno trovato appunti e schemini per ogni appalto finito nel radar del clan Piromalli e dei suoi uomini. In ognuno – e con un discreto anticipo rispetto all’apertura delle buste, come dimostrano i dati di salvataggio dei vari file – ci sono anche indicati con precisione millimetrica i ribassi che le varie imprese si dicono disposte ad offrire sul prezzo base fissato per l’appalto. Schemini – o “griglie” come li definisce la Gdf – che Morabito compila anche per i due appalti a cui la Terina di Furgiuele ha partecipato. Si tratta dei lavori di ripristino della viabilità in località Bandina e dell’eliporto di Polistena.

 

Gli appunti di Morabito che incastrano la Terina

In entrambi i casi, la Terina ha partecipato senza risultare vincitrice, per questo a Furgiuele che ne era amministratore i magistrati contestano di aver messo «a disposizione le societa per Ia presentazione di un'offerta con cordata con le predette altre imprese partecipanti al cartello, al fine di condizionare il risultato della gara in loro favore». E che quelle imprese lo abbiano fatto inquirenti e investigatori ne sono certi perché tra la griglia che Morabito compila 24 ore prima dell’apertura delle buste e quella ufficiale c’è una «corrispondenza» che «è evidente per sette delle imprese coinvolte laddove nella griglia rinvenuta sull’hard disk del Morabito sono state indicate nella colonna “Imprese Ammesse” con una dicitura facilmente riconducibile alla denominazione ufficiale».

 

Scrivi Terina, leggi Mazzei

E proprio in quella griglia c’è un dato particolarmente significativo. Per l’eliporto di Polistena, il regista degli appalti per conto dei Piromalli appunta «Mazzei» con accanto esattamente il ribasso ufficialmente offerto dalla Terina all’apertura delle buste il giorno dopo. E la Guardia di Finanza non ci mette molto a fare due più due. Per loro si tratta senza dubbio alcuno della società di cui Furgiuele è amministratore. E riguardo a lui, si premurano di ricordare che non si tratta della prima volta che il suo nome appare fra le carte di un’indagine. Era già successo con l’inchiesta “Gringia”, in relazione all’omicidio di Davide Fortuna, ucciso in spiaggia da tre sicari, che per quella missione di morte avevano fatto base all’Hotel Phelipe di Salvatore Mazzei ma - ha raccontato uno di loro quando si è pentito - «senza pagare» perché «ospiti preferiti» proprio del deputato leghista.

 

Quesiti ancora aperti

Una cortesia fatta al suo capo-cantiere ha detto Furgiuele agli investigatori che lo hanno convocato. «Ho provveduto a comunicare alla reception dell’albergo di riservare una stanza a chi si fosse presentato a nome mio – ha messo a verbale il deputato leghista - e che avrei provveduto a saldare successivamente». Per la vicenda, non è stato indagato, ma già all’epoca la Mobile aveva sottolineato come il nipote del capocantiere fosse uno dei killer. Oggi invece tocca alla Finanza sottolineare che quell’Antonio Verduci per cui il deputato si è attivato era «dipendente della Poliedil impresa questa emersa già nell’ambito del procedimento penale nr. 1707/13», cioè l’inchiesta Cumbertazione che aveva iniziato a smascherare il giro di appalti aggiustati che la Finanza ha svelato oggi. Cosa avesse a che fare Furgiuele con la Poliedil dalle carte non emerge. Tanto meno come mai anche per il regista degli appalti per conto dei Piromalli, leggi Furgiuele e scrivi Mazzei. Ma magari – e in sedi ufficiali – Furgiuele sarà chiamato a chiarirlo.

Giornalista
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