Dopo la condanna penale anche quella contabile per aver leso la reputazione della Regione Calabria. Una scure da 20mila euro si abbatte su un ex importante dirigente della Cittadella, Giuseppe Antonio Bianco, per una vecchia storia che riguarda la Fondazione Calabresi nel Mondo, liquidata e finita nella bufera ancor prima di produrre qualsiasi tipo di risultato.

La posizione di Bianco è arrivata davanti ai giudici contabili dopo la citazione del 16 settembre 2024 nella quale la Procura regionale ne chiedeva la condanna al risarcimento del danno in favore della Regione proprio nella misura di 20mila euro. Il procedimento è arrivato dopo che la Guardia di Finanza ha trasmesso la storia del processo a carico dell’ex manager, riassunto nella sentenza pubblicata nei giorni scorsi.

La posizione di Bianco si è andata ridimensionando nel corso degli anni: la Cassazione ha, però, confermato il reato di peculato, così la condanna è diventata definitiva. Come segretario di Calabresi nel Mondo, Bianco avrebbe fatto in modo che il regolamento della Fondazione «prevedesse un compenso» anche per il presidente dell’ente in house della Regione, che era Giuseppe Galati, all’epoca parlamentare che non avrebbe «avuto diritto ad alcun compenso ai sensi dell’articolo 12 dello Statuto» e, invece, «si era autoattribuito ingenti compensi non dovuti, assumendo incarichi non previsti dallo Statuto in relazione a figure professionali non necessarie alla Fondazione e ai suoi scopi ma create (rectius, inventate) dagli stessi Bianco e Galati sottraendo le risorse vincolate della Fondazione dai loro obiettivi, a beneficio proprio e per proprie esigenze private».

La sentenza della Corte dei Conti non riguarda l’ex sottosegretario Galati, che viene citato come ex presidente di Calabresi nel Mondo e anche nella parte in cui si quantifica il danno procurato alla Regione, «pari a 204.469,08 euro quale importo netto delle somme indebitamente percepite» proprio «da Galati (141.745,66 euro) e da Bianco (62.723,42 euro)».

Oltre alla conferma della Cassazione che ha reso definitiva la condanna penale, il nocciolo della questione che ha portato alla condanna contabile è mediatico. La Procura, infatti, ha richiamato proprio «l’eco mediatica della vicenda giudiziaria, rappresentando la sussistenza dei presupposti per la responsabilità amministrativa patrimoniale» dell’ex dirigente «a titolo di danno all’immagine dell’Amministrazione di appartenenza (Regione Calabria), collegata alle condotte delittuose».

Gli incarichi d’oro di Calabresi del Mondo sono rimbalzati su testate regionali e nazionali (i giudici contabili elencano 8 link) e la diffusione online delle notizie ne ha reso illimitata la «conoscibilità». Un fatto, questo, che avrebbe «determinato la lesione dell’immagine della Regione Calabria nel suo complesso indicando che nel comune sentire si ha nei confronti degli amministratori e dirigenti pubblici una maggiore pretesa di comportamenti probi e corretti e che il ristoro del danno erariale è volto al ripristino della fiducia, con una portata non solo compensativa, ma anche preventiva e deterrente».

La richiesta della Procura contabile è stata confermata senza sconti: «Si tratta – evidenzia la sentenza (relatore Guido Tarantelli, presidente Domenico Guzzi) – di comportamenti gravi posti in essere da un Dirigente della Regione Calabria che, per il suo ruolo e le funzioni effettivamente svolte, costituisce istituzionalmente espressione del rispetto delle regole che sovraintendono all’azione amministrativa rispetto ad una funzione cardine nell’ambito locale e alla gestione stessa delle (limitate) risorse pubbliche regionali».