Le «indagini svolte hanno evidenziato che la società interista si trovava in una situazione di sudditanza nei confronti degli esponenti della Curva Nord, finendo, di fatto, per agevolarli, seppur “obtorto collo”». Lo scrive la gup di Milano Rossana Mongiardo nelle quasi 300 pagine di motivazioni della sentenza con cui ha condannato, a giugno, leader e sodali ultrà delle due curve di San Siro, arrestati nel maxi blitz di Polizia e Guardia di finanza del settembre 2024.

In sostanza, la giudice dà conto di quei rapporti di «sudditanza» di responsabili dell’Inter già emersi nelle indagini e richiamati anche nella requisitoria del pm Paolo Storari. L’Inter, così come il Milan e la Lega di Serie A, si è poi costituita parte civile nel processo abbreviato, ottenendo risarcimenti per i danni subiti.

I procedimenti di prevenzione e il ruolo dei dirigenti non indagati

Sia il club rossonero sia quello nerazzurro sono stati sottoposti dalla Procura di Milano a un procedimento di prevenzione e, nei mesi successivi, le due società hanno lavorato per recidere i rapporti malsani con le tifoserie organizzate. Dirigenti e calciatori erano stati sentiti a verbale dopo il blitz del 2024.

La gup scrive che, sul fronte dell’Inter, «i personaggi maggiormente coinvolti» in quella «sudditanza» sarebbero stati Paolo Bordogna, «responsabile sicurezza dello stadio Meazza» per le gare casalinghe dell’Inter, Nicola Ranieri e Paolo Gandinelli, Slo e vice-Slo del club, ossia le figure incaricate di «tenere i rapporti tra la tifoseria organizzata e la società e le forze dell’ordine», e Claudio Sala, «responsabile sicurezza della compagine nerazzurra». Nessuno di loro è finito indagato. La giudice richiama intercettazioni e testimonianze agli atti.

Intimidazione, violenza e condanne nel processo abbreviato

Nella sentenza si ricorda, ad esempio, che Gandinelli, sentito il 5 maggio 2020, disse di «aver agevolato la Curva in buona fede, ignorando, malgrado il suo ruolo societario, l’esistenza di disposizioni di legge». La Curva, si legge ancora, «pur non facendo ricorso a minacce esplicite» nei confronti del club, «ha fatto leva sulla propria forza intimidatrice», trattandosi di un «sodalizio organizzato e strutturato, formato da pericolosi pregiudicati». Con la «violenza», come ricostruito nei fatti contestati, garantiva la «sua sopravvivenza economica».

Secondo la gup, anche gli steward furono «complici» negli ingressi illeciti degli ultrà allo stadio, anche in occasione dei derby. Nel processo abbreviato sono stati inflitti dieci anni anche a Daniele Cataldo, vice di Luca Lucci, ritenuto l’esecutore materiale del tentato omicidio di Enzo Anghinelli, ultrà rossonero costituitosi parte civile e risarcito. Otto anni sono stati inflitti a Marco Ferdico, tra i leader del direttivo della Nord prima degli arresti, mentre l’unica donna imputata, Debora Turiello, accusata di gestire la cassa e i biglietti della Nord, è stata condannata a due anni, con pena sospesa.

Il pm Storari aveva sottolineato come i rapporti degli ultrà, che si muovevano come «milizie private», con le «istituzioni» deputate «alla repressione dei reati» e con le stesse «società» di calcio abbiano prodotto per le due curve «una sorta di legittimazione» delle azioni illegali.