Il report

La criminalità ha infettato anche la Calabria nei due anni di pandemia: è tra le 7 regioni in zona rossa

Dal report di Libera emerge che l'Italia è un paese a macchia di leopardo per il numero di interdittive, reati sul web e segnalazioni sospette. Don Ciotti: «Il contagio della "variante criminale" è arrivato ai massimi livelli storici»

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di Redazione
28 febbraio 2022
12:35

L'Italia è un paese a macchia di leopardo, prevalentemente in "zona rossa" per il numero di interdittive, reati sul web e segnalazioni sospette. Nel biennio pandemico 2020/2021 le segnalazioni sospette complessivamente hanno raggiunto la cifra di 252.711 con un incremento del 24% rispetto al biennio pre-pandemico 2018/2019. Sono sette le regioni in "zona rossa": Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio, Sardegna, Basilicata, Trentino Alto Adige

I numeri sul "contagio criminale" nei due anni di pandemia arrivano dal dossier "La tempesta perfetta 2022. La variate criminalità" di Libera e Lavialibera che mostrano come la "variante criminalità" stia sta infettando il tessuto economico e sociale del paese, offrendo un'incredibile occasione di guadagno.


I dati

Incrementi maggiori sono stati rilevati nel Lazio (+57%) e Trentino Alto Adige (50%) e Sardegna (+38%). Sono ben 3.919 nel periodo pandemico il numero di interdittive antimafia emesse dalle prefetture nei confronti di aziende controllate o condizionate dalle organizzazioni criminali.

Dal primo gennaio 2020 al 31 ottobre 2021 si è viaggiato alla media di 178 interdittive al mese con un incremento percentuale del 33% rispetto al biennio 2018/2019. Ben 15 regioni in zona rossa con situazioni record in Sardegna (+600%), Veneto (+471%), Trentino Alto Adige (+300) e Toscana (+170%). In termini assoluti il maggior numero di interdittive riguarda la Campania (929 nel biennio pandemico), segue la Calabria (914) , la Sicilia (466, dove però si registra un calo del 31% rispetto al biennio 2018/19) e Emilia Romagna (321).

In una prima fase - spiega il rapporto - è emerso l'interesse anche di soggetti presumibilmente legati ad ambienti della criminalità organizzata a entrare nel comparto della produzione o della commercializzazione di prodotti sanitari, medicali e di dispositivi di protezione individuali. Significative di questa fase le frodi connesse alla vendita (ed eventuale mancata consegna) di dispositivi di protezione a prezzi apparentemente sproporzionati rispetto a quelli di mercato e, in qualche caso, l'aggiudicazione delle commesse, a seguito di gare pubbliche, a imprese i cui esponenti detenevano interessenze in società destinatarie di interdittive antimafia. Agli inizi del 2021, il romanzo criminale del Covid 19 cambia la trama.

Emergono con maggior frequenza ipotesi di vere e proprie infiltrazioni nelle imprese e tentativi di appropriazione di fondi pubblici destinati al sostegno all'economia, con operazioni simulate per precostituire i requisiti per l'accesso ai fondi. Si entra nella zona grigia dove competenze e capitali si mescolano, unendo in un patto occulto professionisti e padrini. Secondo uno studio della Direzione Investigativa antimafia, condotto a settembre e ottobre 2020, sono state rintracciate 270 imprese che avevano incassato fondi previsti per la crisi da pandemia e che risultavano colpite da interdittiva antimafia: erano già stati erogati 40 milioni di euro. Sono più di 9 mila i ristoranti che a causa della pandemia potrebbero trovarsi in condizioni di vulnerabilità finanziaria, il che li renderebbe esposti a infiltrazioni criminali e al riciclaggio di denaro. In termini assoluti le regioni con il maggior numero di imprese sono il Lazio (2.116), la Lombardia (1.360), la Campania (1098) e la Toscana (783).

«In questi due anni di Covid - conclude Luigi Ciotti - il contagio della "variante criminale" è arrivato ai massimi livelli storici approfittando dello stallo politico, economico e sociale determinato dal virus. Tutti ci auguriamo di lasciarci alle spalle la pandemia e lo stallo in cui per due anni ci ha costretti a vivere, ma ripartire con la "variante criminale" ancora diffusa nel corpo sociale rischia di trasformare la ripartenza in una ricaduta nei virus di mafia e corruzione, una ricaduta dalla quale sarà difficile rialzarsi».

«In questo oscuro scenario - commenta Libera - la lotta alle mafie e alla corruzione sembra scomparsa dall'agenda politica del Paese nonostante il prezioso e grande lavoro compiuto delle forze dell'ordine e della magistratura. Proprio nell'anno in cui ricorre il trentennale di "mani pulite" e delle stragi mafiose di Capaci e via D'Amelio, sembra che questi fenomeni criminali si siano radicati in un distorto "senso comune"».

Dall' inizio della pandemia al 6 dicembre 2021 sono stati messi a base d'asta, per l'emergenza, una cifra pari a 27,76 miliardi di cui sono solo 11,45 miliardi le risorse che si sanno essere effettivamente aggiudicate e complete di tutti i dati del caso, mentre restano lotti per 15,55 miliardi di euro con esito scaduto, sconosciuto, o con informazioni incomplete. Dunque si può affermare che davanti all'enorme quantità di denaro messo a bando per tentare di arginare la crisi sanitaria scatenata da Covid, pari a 27 miliardi di euro per oltre la metà delle risorse, il 58%, non si ha piena informazione: è «l'indice di non piena conoscibilità» rispetto alle spese Covid. Maglia nera per la Liguria: dei 401 milioni di euro si conosce solo il 9 % della spesa. Non va sicuramente meglio sul fronte della trasparenza per l'Abruzzo, solo il 15% dei 244 milioni, solo il 16% del miliardo e mezzo per il Piemonte e dei 190 milioni di euro per l'Umbria. 

«La mutazione criminale - spiega l'associazione presieduta da don Luigi Ciotti - non scomparirà con la pandemia, anzi: potrebbe diventare il nuovo modello delle mafie in affari, sempre più inserito nell'economia ferita dal virus. Tutti concordi nella necessità di proteggere dalle mafie il più oneroso intervento pubblico in Europa dai tempi del Piano Marshall. Le mafie da sempre approfittano dei momenti di crisi e lo hanno fatto anche nella fase più acuta della pandemia. È più che mai necessario, dunque, unire forze e competenze per proteggere i fondi europei dalle mire delle cosche, parassiti sociali favoriti da quelle forme virali che da troppo tempo infettano la democrazia: complicità, disuguaglianze, divisioni. Libera, attraverso centinaia di presidi locali, associazioni aderenti e comunità di base, ha intenzione di fare la propria parte. Dalla politica aspettiamo risposte nette, chiare e veloci».

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