La relazione 2024 della Direzione Investigativa Antimafia rivela come i clan abbiano diversificato il proprio dominio: al Sud controllo sociale, al Nord affari e appalti. Il 72% delle interdittive fuori dalla Calabria
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La ’Ndrangheta, da buona holding, sembra aver separato nettamente i due rami aziendali: uno per il ricco Nord, l’altro per il Sud. Grossi appalti da un lato, controllo del territorio e gestione dall’altro. La relazione sull’attività 2024 della Direzione investigativa antimafia offre molti spunti in questa direzione. Uno arriva direttamente dal direttore della Dia Michele Carbone: il 72 per cento delle interdittive che hanno riguardato i clan calabresi sono state emesse fuori dalla regione di origine. «Questo ci dà l'idea della capacità di infiltrazione», commenta Carbone.
La ’Ndrangheta «proteiforme» si adatta a tutto
Altro passaggio chiave. La ’Ndrangheta viene definita «proteiforme»: adattabile, capace di assumere aspetti diversi. Ed è proprio in questo senso che si spiega il suo approccio diverso a seconda di latitudine e contesti elettorali. Anche il core business è variabile: vocazione affaristico-imprenditoriale e interesse per il narcotraffico internazionale.
«Rispetto ad altre matrici mafiose tradizionali – spiegano gli investigatori – l'organizzazione calabrese manifesta una versatilità tattica che le consente di adattarsi ai molteplici contesti in cui opera».
La 'Ndrangheta ha i propri interlocutori «tra gli attori della politica locale, gli operatori economici e imprenditoriali, prospettando opportunità e vantaggi immediati, per poi fagocitare e controllare tutti i settori in cui penetra».
Nei contesti di crisi, le cosche hanno «saputo intercettare le misure di sostegno economico‐finanziario varate da istituzioni europee e nazionali, diversificando i propri investimenti secondo una logica di massimizzazione dei profitti, in particolare nei settori maggiormente vulnerabili».
Così la ’Ndrangheta condiziona l’economia calabrese
In Calabria, in particolare, «sono stati riscontrati condizionamenti nella maggior parte dei segmenti produttivi e commerciali, con impatti rilevanti nei settori dell'imprenditoria edile, ortofrutticolo, dei giochi e delle scommesse online, dei servizi di pulizia, della grande distribuzione organizzata, del commercio di prodotti petroliferi, degli autotrasporti, del settore turistico e nella gestione della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti urbani».
L’infiltrazione in Centro e Nord Italia: ci sono 48 locali
Diversi gli ambiti infiltrazione nel Nord Italia, dove le inchieste «hanno evidenziato tentativi di infiltrazione nei settori turistico‐alberghiero, edile, della ristorazione, degli autotrasporti locali, del commercio di prodotti petroliferi e lubrificanti, nonché in quelli tecnologico, delle materie plastiche e nella gestione dell'intera filiera dei rifiuti». E poi «appalti pubblici e rilascio di autorizzazioni, licenze e concessioni».
Per favorire l'espansione territoriale anche nelle regioni del Centro e del Nord Italia – si legge nel documento – le cosche di ’Ndrangheta hanno fatto leva sulla capacità di instaurare rapporti con clan appartenenti ad altre organizzazioni mafiose di diversa estrazione e origine. Le più recenti risultanze giudiziarie attestano l'operatività di almeno 48 locali di 'Ndrangheta tra il Centro e il Nord Italia, non solo insediando quelle realtà economico‐imprenditoriali, ma replicando anche i modelli mafiosi originari che si fondano sui valori identitari posti alla base delle loro strutture.
Discorso che si lega ai numeri di cui riferisce Carbone: nel periodo di riferimento, sono stati adottati almeno 208 provvedimenti interdittivi antimafia, di cui oltre 138 emanati da Prefetture al di fuori della Calabria.
Il sostegno trasversale alla politica
C’è un’altra considerazione sulla «diffusione di fenomeni corruttivi in aree territoriali economicamente depresse»: un fenomeno che «facilita ulteriormente il condizionamento dei processi decisionali degli Enti locali, permettendo alle cosche di ricavare indebiti vantaggi non solo nell'accaparramento di fondi destinati a opere o servizi pubblici, ma anche nel piegare la gestione della cosa pubblica a proprio vantaggio, incidendo sulle competizioni elettorali comunali».
La relazione passa poi ad analizzare i rapporti tra cosche e politica per evidenzia «come lo scambio elettorale politico-mafioso per la 'Ndrangheta sia uno strumento in grado di garantire utilità a prescindere dai soggetti eletti poiché, mediante il sostegno a candidati di schieramenti diversi, in maniera diffusiva riescono a godere dell'appoggio trasversale all'interno dell'assemblea eletta».