«Questo assomiglia a quello che è venuto al centro sportivo… il vecchio». L’ex capo ultrà interista Andrea Beretta continua a raccontare la sua verità ai magistrati della Dda di Milano. Il suo è un manuale sull’infiltrazione mafiosa in Curva Nord. E anche oltre, perché uno dei racconti contenuti nel verbale del 18 febbraio scorso riguarda la visita inattesa di un gruppo di calabresi nel centro sportivo che Beretta gestiva a Pioltello.

Non è la prima volta in cui questa storia si affaccia nei verbali del pentito che, però, in questa circostanza, fa il nome dell’uomo, «il vecchio», che gli si sarebbe parato davanti per intimidirlo. Lo scopo di quella conversazione è sempre il tentativo, da parte dei gruppi calabresi legati alla ’ndrangheta, di entrare negli affari di San Siro. Questa volta i pm antimafia non si affidano alla fallace memoria di Beretta, che ricorda bene il contesto di cui parla ma ha sempre difficoltà con i nomi.

Le foto segnaletiche aiutano e l’ultrà responsabile dell’omicidio di Antonio Bellocco riesce a fare il nome dell’uomo con il quale avrebbe discusso nel centro sportivo: si tratta di D. M., 70enne nato a Bova Marina che porta un cognome pesante. Non è indagato nell’inchiesta Doppia Curva. Beretta si dice sicuro: «È lui».

Dal 70enne non arrivano minacce esplicite: «La presenza già…», chiarisce l’ultrà. Il pm Paolo Storari sintetizza: «Questo qui viene una volta al centro sportivo, è quella vicenda di cui ha parlato con i colleghi adesso di Reggio Calabria anche, no?». Pare di capire che anche i riflettori della Procura dello Stretto si siano accesi attorno agli interessi criminali della ’ndrangheta a Milano e in particolare intorno a questo pezzo di Calabria che tentava di scalare la Curva Nord (e non solo quella). È uno degli elementi di novità nel nuovo verbale. Non l’unico. Il pm della Dda di Milano riporta una frase che «il vecchio» avrebbe riferito a Beretta in quell’incontro che sapeva di intimidazione: «Questo lo parcheggiamo».

Domanda: «Il vecchio che è venuto al centro sportivo chiedendole sostanzialmente “Parcheggiamo Boiocchi”?». L’ultrà pentito risponde: «Che voleva parcheggiare Boiocchi». Boiocchi è Vittorio, il capo della Curva Nord sotto la cui ala protettiva Beretta è cresciuto fino a prenderne il posto. Quel trono rimasto vacante dopo l’omicidio di Boiocchi, avvenuto nell’ottobre 2022, è finito al suo luogotenente.

Il riferimento a Boiocchi nella conversazione tra il calabrese e Beretta è sempre mirato alla gestione del business di San Siro. D. M. non minaccia in maniera esplicita ma «i modi in cui si sono presentati, il linguaggio che usano: hanno un modo di parlare che con la parlata sembra che ti vogliano intimidire. Hanno questo modo di fare, questo modo intimidatorio, no? Anche come si posizionano sulla sedia».

Nel centro sportivo si discute di Boiocchi, che in quel momento è in carcere. Parla Beretta: «Quando io poi sono entrato sul discorso “Guarda che anche per Vittorio sto usando i soldi personali perché non è dentro per reati…”».

«Lo stadio?», chiede Storari.

«Lo stadio – risponde il pentito –, lui è uscito “Noi a Vittorio lo parcheggiamo”, in questo dialetto qua così».

Per Beretta, quella visita «era una forma di intimidazione per farmi spostare dal mio ruolo o trovare un accordo con me e tagliar fuori Vittorio. Invece…». Invece per l’ex capo dei tifosi nerazzurri, dietro questa manovra ci sarebbe stato il gruppo degli Irriducibili («si spalleggiavano»).

C’è un altro incontro con «il vecchio» ma in un quadro diverso: avviene diversi mesi dopo, quando Boiocchi è caduto vittima dei killer e accanto a Beretta c’è già Antonio Bellocco. Il rampollo del clan di Rosarno è arrivato a Milano chiamato da Marco Ferdico (che farà parte del triumvirato alla guida della Nord) ed è lui ormai a occuparsi delle questioni con i calabresi. Lo dice sempre il pentito: «Io in quel momento gli ho scaricato tutte queste robe qua, di questa gente qui…». E Bellocco se ne sarebbe fatto carico senza troppi complimenti: «M’ha detto praticamente “No, li abbiamo…”, tipo mandati a fare in c…» perché i calabresi «volevano mettere becco» nello stadio, «non avevano mollato il discorso».

L’incontro in cui Bellocco mette in chiaro le cose viene collocato poco prima dell’estate 2023, nella nuova fase del tifo interista iniziata dopo la morte di Vittorio Boiocchi, giustiziato con pallottole di fabbricazione cecoslovacca in via Zanzottera, a Milano. Quell’omicidio è rimasto senza colpevoli: non sono stati individuati né esecutori né mandanti. Di certo la sua storia si interseca con le scalate tentate dai gruppi criminali alla Curva Nord.