Cala il sipario su un altro segmento del processo Lande Desolate, l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che nel 2018 aveva scosso la politica regionale e messo in discussione la ricandidatura del presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio.

Con sentenza emessa l’8 luglio 2025, il tribunale di Catanzaro (prima sezione penale), presieduto dal presidente Teresa Lidia Gennaro e composto dai giudici Giada Maria Lamanna e Liberato Faccenda – ha assolto otto imputati ai quali era stato contestato il reato di abuso d’ufficio.

Nel dispositivo, letto oggi in udienza, figurano i nomi di Giorgio Ottavio Barbieri, Vincenzo De Caro, Francesco Tucci, Luigi Zinno e Pasquale Latella per i fatti ascritti al capo 3), e di Marco Oliviero, Damiano Mele e Carmine Guido per i fatti di cui al capo 12), «perché il fatto non è previsto dalla legge come reato».

Una formula che riflette l’effetto giuridico dell’abrogazione dell’articolo 323 del codice penale, voluta dal legislatore nel contesto della recente riforma della giustizia voluta fortemente dal ministro Carlo Nordio. Le condotte contestate non costituiscono più illecito penale.

La posizione dei sette era stata stralciata dal procedimento principale, che continua a essere discusso davanti al tribunale collegiale di Catanzaro. Resta così ancora aperta una parte del dibattimento che, all’epoca, aveva portato a misure cautelari anche per il presidente uscente Mario Oliverio, colpito da un obbligo di dimora nel suo comune di residenza, San Giovanni in Fiore.

Nel gennaio 2021, Oliverio fu assolto con formula piena dal reato di corruzione perché “il fatto non sussiste”. Dopo la sentenza della Cassazione, in cui parla di chiaro "pregiudizio accusatorio", la Dda di Catanzaro cambiò l'ipotesi di reato da abuso d'ufficio in corruzione sui medesimi fatti. La procura, all’epoca guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri, scelse di non impugnare quella decisione.