La commemorazione

Locri, il ricordo di Massimiliano Carbone e il bisogno di una giustizia mai sancita

VIDEO | A distanza di 18 anni dall’omicidio del giovane imprenditore una messa nella Cattedrale di Locri rende vivo il suo ricordo. Il caso venne archiviato nell'ottobre del 2007 per mancanza di indizi

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di Tonino Raco
16 settembre 2022
21:32

Sono passati diciotto anni dal tragico evento della scomparsa di Massimiliano Carbone, imprenditore trentenne ferito a morte, a Locri, da un colpo d’arma da fuoco mentre era di ritorno da una partita di calcetto in compagnia del fratello minore. 

Massimiliano è deceduto in ospedale dopo sei lunghi giorni di lotta tra la vita e la morte. Il ragazzo qualche anno prima aveva intrapreso una relazione con una donna sposata, da cui nacque un bambino oggi ventitreenne.


«Mio figlio non è morto per una donna, è morto perché gli veniva negato suo figlio e lui aveva chiesto di poterlo riconoscere» afferma Liliana Esposito Carbone, madre di Massimiliano.

Sono ancora vive nella memoria di mamma Liliana le ultime parole che Massimiliano le rivolse prima di morire in quel 24 settembre del 2004: «Mi chiese scusa per non avere visto chi fossero gli sparatori, poi mi raccomandò la sua eredità preziosissima: suo figlio».

Una storia che tuttora non trova giustizia, il caso venne infatti archiviato nell’ottobre del 2007 per mancanza di indizi, ma questo non ha scalfito le speranze di una madre che lotta quotidianamente per fare luce sulla vicenda e che ogni anno fa rivivere, in una celebrazione religiosa, il ricordo di suo figlio, stringendosi in preghiera assieme a chi, come lei, non si rassegna di fronte all’illegalità; è il caso ad esempio di Rocco Mangiardi, imprenditore e testimone di giustizia presente alla commemorazione, che si è fermato prima dell’inizio della cerimonia ai nostri microfoni.

«Dovremmo essere tutti testimoni di ingiustizia più che di giustizia - spiega Mangiardi - perché dovremmo denunciare anche le cose che non ci toccano. Io ho denunciato perché era toccata la mia azienda, era messa in pericolo la mia vita e quella dei miei familiari. Però avrei denunciato anche se avessi visto una qualsiasi ingiustizia fatta al mio prossimo, a un’altra persona. Ecco, credo che le cose cambieranno quando non ci gireremo dall’altra parte solo perché l’ingiustizia non riguarda noi».

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