Il business dell’accoglienza in Sila e il coraggio di denunciare

Pagati 1,81 all’ora per lavorare 11 ore al giorno nei campi. È dalla denuncia di un migrante che sono partite le indagini coordinate dalla Procura di Cosenza che hanno permesso di portare alla luce una vera e propria attività di sfruttamento ai danni di numerosi ospiti di diversi Centri di Accoglienza Speciale
di Manuela Serra
5 maggio 2017
13:06

Abbiamo lavorato fino alle 17 del pomeriggio quindi Luciano ha pagato tutti con 20 euro; quando è arrivato il mio turno mi ha pagato con dieci euro. Ho chiesto spiegazioni ma lui mi ha prima dato uno schiaffo e poi mi ha spinto dicendo che sono un vagabondo. All’episodio hanno assistito i miei amici che avevano lavorato con me”.


È stato il coraggio di un migrante a scoperchiare un sistema perverso che approfittava delle condizioni disagiate e di bisogno delle centinaia di disperati che giungono quotidianamente sulle nostre coste con la speranza di una vita diversa. E invece per molti di loro il sogno si trasforma in incubo. È quanto accaduto a decine di migranti ospitati in alcuni Cas, Centri di Accoglienza Speciale, ubicati a Camigliatello Silano.



È dalla denuncia di uno di loro che le indagini partono portando oggi alla notifica di quattordici misure restrittive firmate dal gip di Cosenza Salvatore Carpino, due ordinanze di custodia in carcere, quattro agli arresti domiciliari, otto obblighi di dimora. Sedici complessivamente gli indagati.


30 settembre 2016. Obi (nome di fantasia), migrante di origine nigeriana, si reca dai Carabinieri per denunciare. Sbarcato a Reggio Calabria il 14 aprile del 2016, racconta agli inquirenti di essere stato subito trasferito nella struttura “Villa Letizia” sita a Camigliatello Silano. Da qui viene ingaggiato in due occasioni per lavorare nei campi, una nel mese di agosto, l'altra nel settembre successivo.


L’orario di lavoro giornaliero suo e dei suoi compagni è di circa undici ore per un compenso pari a quindici venti euro al giorno. Paga oraria giornaliera di 1,81 euro. Netta la differenza con quanto predisposto dai contratti nazionali che prevedono una retribuzione oraria di 6,62 euro e una retribuzione mensile di 860euro, massimo 8 ore lavorative. La retribuzione è quindi nettamente difforme da quella prevista nella contrattazione territoriale e sproporzionata rispetti alla quantità e qualità del lavoro prestato.

 

Le immagini di videosorveglianza, le intercettazioni e i controlli dei carabinieri avrebbero trovato riscontro al racconto dell'uomo accertando la presenza di manodopera extracomunitaria in un'azienda agricola con sede legale a Casole Bruzio nei cui campi di Camigliatello Silano avveniva la raccolta a mano delle patate. Il trasferimento dei migranti dalle strutture che li ospitavano ai campi avveniva in un orario compreso fra le 6 e le 7 del mattino. Tutto filmato dagli inquirenti.


Obi riferiva altresì che durante l’attività lavorativa veniva trattato male mediante minacce e a volte percosse e calci “chi tra i miei compagni si fermava per riposare un attimo considerata la durezza del lavoro e il lungo orario continuativo. Nessuno dei miei amici ha denunciato perché tutti necessitiamo di guadagnare qualcosa”.


Racconto solo in parte confermato dai diversi migranti sentiti successivamente dagli inquirenti che dichiaravano di non aver subito minacce o atti di violenza fisica da parte degli indagati ma tutti riferivano analoga circostanza: veniva intimato loro di lavorare “velocemente” pena la perdita di ulteriori opportunità lavorative. Chiaro dunque l’intento “intimidatorio” degli indagati che di fatto approfittavano dello stato di bisogno dei migranti, di chi in questa terra sperava nella realizzazione di una vita diversa.

 

Manuela Serra

Giornalista
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